Bosnia: il sogno, l’incubo e la speranza

Intervista a Ivo Atlija, testimone al Tribunale Internazionale per i crimini di guerra in Ex Yugoslavia e sopravvissuto alla strage di Briševo
Ivo Atlija a Rovereto in uno scatto di Cristian Muti tratto da balcanoicaucaso.org

Atlante- Quando esattamente hai capito che dovevi portare la tua testimonianza anche in altri Paesi, oltre alla Germania, dove vivi con ora la tua famiglia?
Intanto grazie dell’invito  a tutti gli organizzatori. Come sai, per metterci d’accordo ci sono voluti pochi minuti. Il resto erano questioni organizzative, tecniche ecc. L’ho pensato da sempre, l’ho giurato a me stesso mentre seppellivo mio padre, familiari, amici e conoscenti, quando in fretta scavavamo le buche per seppellire in modo temporaneo (così speravamo) i resti mutilati dei civili uccisi a Briševo. Tutto sotto i proiettili e le bombe. Qualcuno di noi invocava vendetta, e posso capirlo. Io non ho mai desiderato altro che raccontare quello che è successo, dovunque ne avessi la possibilità.

Atlante-A chi dà fastidio quello che racconta il vostro libro “Briševački Mučenici” (Martiri di Briševo)?
A tutti coloro che negano la verità. Ai mandanti e alle persone che eseguivano. A tutti coloro che sostengono che sia i primi che i secondi siano innocenti, oppure, peggio ancora, che abbiano fatto una cosa buona. Alla fine non va bene nemmeno a quelli, ai vertici della politica intendo, alle persone a cui una verità scomoda disturba i piani delle spartizioni del potere e del territorio.

Atlante- Ancora territorio!? Non capisco. Potresti spiegare ai lettori italiani più dettagliatamente?
Non è semplice. Come alcuni sicuramente sanno ormai, la Bosnia ed Erzegovina è stata divisa in due entità e un distretto. La prima entità si chiama Federazione della Bosnia ed Erzegovina ed è di maggioranza croato bosniaca e bosniaco-musulmana. Ovviamente da loro amministrata e governata. Ognuno governa nei cantoni di propria maggioranza. Complessivamente i bosniaci-mussulmani sono la maggioranza sul territorio di questa Federazione. La seconda è quella che conosciamo come Republika Srpska ed è di maggioranza assoluta serbo-bosniaca. Risultato della pulizia etnica, bisogna sottolineare. La terza unità è il Distretto di Brčko. Piccolo territorio, a nord est della Bosnia, intorno all’ omonima città, con il suo porto importante sul fiume Sava. Composizione etnica abbastanza mista. Questo Distretto sarebbe sotto le competenze dirette dello Stato bosniaco e del governo centrale. Il suo status viene spesso violato soprattutto dalla parte dei serbo bosniaci. Allora, anche se dovessi ribadire che i confini interni della Bosnia sono almeno per 90 % frutto delle conquiste di guerra, poi riconosciut con l’ Accordo di Dayton, una cosa per alcuni rimane irrisolta. Per renderla più comprensibile mettiamola così:
i serbo bosniaci hannoun loro territorio.
I bosniaco- mussulmani hanno una notevole maggioranza nelle Federazione e sono in grado, per il numero degli aventi diritto al voto, di prendere tutte le decisioni, anche quelle che danneggiano i croati bosniaci.
A questo punto anche i croati vorrebbero la loro entità,. L’unico posto dove sono in maggioranza (dopo che in vari modi hanno favorito e hanno contribuito agli spostamenti dei connazionali dalla Bosnia centrale e dalla pianura della Bosnia Nordorientale) è l’Erzegovina dell’ovest con la capitale Mostar. Per dividere ulteriormente la Bosnia, ma anche l’attuale Federazione, croati bosniaci non avranno mai il sostegno dei bosniaci mussulmani, con i quali governano. Anche perché loro non hanno una “patria di scorta” come i serbo-bosniaci hanno la Serbia e i croati bosniaci la Croazia. Però avranno sempre il sostegno da quella corrente serba separatista, con Milorad Dodik, attuale presidente della Presidenza bosniaca tripartita. Dodikè il grande sostenitore dell’idea di una disintegrazione assoluta dello Stato bosniaco. In sostanza, non aspetta altro.
Adesso, se i croati dovessero tirare fuori il discorso di tutte le vittime (e sono tante, tra uccisi, sfollati, espropriati ecc.) sul territorio della odierna Republika Srpska, – Briševo rappresenta l’episodio più tragico di persecuzione della popolazione croata cattolica – ovviamente gli attuali alleati serbi sarebbero ridiventati i nemici. Come all’inizio della guerra. E’ Importante sottolineare che i croati erzegovesi non chiedono nemmeno un comune o una municipalità, oggi inclusa nella Republika Srpska, dove prima del 1992 i croati erano maggioranza. Proprio per questo motivo. Per non distruggere l’alleanza con gli altri separatisti.
Ogni volta, quando devo in qualche modo fare il “punto della situazione, ” mi arrabbio tantissimo. Quante vittime innocenti morte per niente!

Atlante- Che impressioni porterai con te dopo le tre serate a Mori, Rovereto e Trento e due visite alle scuole trentine? Sei stato compreso?
Credo assolutamente di sì. L’ho capito anche dalle domande che mi sono state fatte. Soprattutto, ed è importante, dai ragazzi nelle scuole. Sono nate anche tante idee, che spero possano diventare veri progetti, per sensibilizzare i giovani italiani. Chi sa, forse anche questi racconti, fatti fuori dalla Bosnia, potranno accelerare la mano della giustizia!
Per una pace giusta, la giustizia deve terminare il proprio lavoro. E il diritto alla memoria deve essere sacrosanto. In sostanza sono molto contento di aver compiuto questo passo.

Atlante- Non ti sembra presto per raccontare queste tragedie ai giovani? Qui si pensa che deve passare del tempo. Devono crescere quelli nati dopo il conflitto e liberi da questo peso che porta con sè la partecipazione alle guerre. Come la vedi?
Io ritengo che se noi, noi che vogliamo la pace sopra ogni cosa, non prendiamo in mano la situazione e non cominciamo quel percorso, che in Germania fanno ormai da decenni, lo faranno coloro che la pensano diversamente.
Lo faranno negazionisti, revisionisti, sostenitori del populismo, che sta diventando un problema serio anche a occidente, nei paesi che fanno parte della CE. Ogni giorno potrebbe essere un giorno perduto, se i ragazzi non capiscono da giovanissimi cosa vuol dire negare i diritti elementari agli altri.O giustificare, come succede a volte, anche le situazioni estreme come le stragi, i genocidi…. Se potessi avvicinarvi gli insegnamenti nelle scuole bosniache. Proprio inaccettabile.
Saremo sempre a rischio di avere focolai di potenziali conflitti, se non a casa propria, proprio nella porta accanto.

Atlante-Questa Regione, in cui ci troviamo ora, composta da

dav

due Provincie autonome, Trentino e Sud Tirol/Alto Adige ha rapporti con la Bosnia ormai da più di un secolo. Negli ultimi decenni le presenze sul territorio bosniaco di vari organismi provinciali, ma anche di diverse associazioni volontarie e umanitarie sono notevoli. Come è la situazione con le associazioni umanitarie tedesche?
Non conosco abbastanza quel mondo, ma posso dire che si parla ancora delle ingiustizie subite in Bosnia. E anche del fatto che la situazione non sia ancora risolta. Generalmente, un cittadino tedesco medio è abbastanza informato su cosa è successo in Bosnia. D’alta parte, non ho mai avuto contatti diretti con qualche associazione che opera là. Non saprei nemmeno come comportarmi, se dovessi trovarmi implicato nei rapporti tra qualche organizzazione estera e le amministrazioni bosniache, che molto spesso strumentalizzano le presenze straniere sul loro territorio. Questa è la prima cosa che mi viene in mente, conoscendo i comportamenti dei governatori locali della zona di Prijedor. Con loro ho comunque avuto a che fare anche dopo la guerra. Forse le esperienze del volontariato italiano sono diverse.

Atlante-Comunque pochi, anche in queste terre, sapevano di quello che avete vissuto voi a Briševo nel luglio del 1992. In Germania se ne parla di più?                                                          E’ comprensibile. Questa tragedia è poco conosciuta anche tra i miei connazionali in Bosnia, come anche in Croazia. Per non parlare di altri paesi della ex Jugoslavia, dove sono maggioranza altre etnie, e le vittime non sono le loro. Parlare del massacro di Briševo, e del retroscena apre tante porte che si vorrebbero sigillate per sempre. Pensate che ci sono voluti 25 anni per pubblicare il mio libro. Più sette anni di miei tentativi personali di raccontare quanto successo, almeno ai paesi della stessa lingua. (?????)

Atlante-Tu speri che, dopo 27 anni in cui criminali e carnefici hanno circolato liberamente, grazie anche agli accordi politici successivi, la verità possa venire a galla, e che i responsabili possano finire davanti ai tribunali, e poi in carcere?           Difficile dirlo, ma la mia battaglia, o la mia missione, è questa. Dare il mio massimo contributo perchè questo avvenga.

Atlante-Perché i 68 civili uccisi, più i tuoi concittadini morti nei campi di concentramento, non sono importanti nonostante fossero le vittime del crimine più grande sui croati bosniaci nell’intera Bosnia Erzegovina, a parte le vittime sarajevesi complessivamente, durante il conflitto degli anni novanta?Soprattutto perché disturbano gli accordi stipulati proprio nel 1992. Parliamo di una tragedia che in sostanza non doveva succedere, secondo alcuni. Secondo altri invece sì, ma non bisogna, dopo “così tanto tempo”, mettere in difficolta i “processi di riappacificazione”. Circolano anche queste interpretazioni, anche abbastanza diffuse. Secondo le elite politiche, bisogna ad ogni costo raggiungere gli obiettivi, imposti proprio in quel maggio del 1992. Anche negando le vittime o giustificando le barbarie. C’é chi pensa che queste vittime siano un “saldo dei conti” per il martirio che diversi paesi serbi nella zona di Prijedor hanno vissuto durante la seconda Guerra mondiale. Insomma, seguendo queste “logiche“, avemmo tutto il futuro davanti per vendicarci… poi si vendicheranno di nuovo le future vittime, e la pace non ci sarà mai.

Atlante-Da chi ti senti rappresentato come cittadino bosniaco erzegovese?
Da nessuno. Questa è la tristissima verità.

Atlante-Dopo la tua generazione i vostri giovani sentiranno questa appartenenza a qualcosa che li unisce. A questa tragedia, con i colpevoli impuniti, ancora da raccontare e da concludere il percorso. Questa storia di un paese scomparso dalla faccia del globo sarà anche la loro storia?                     Spero che li potrà tenere uniti qualcos’altro. Non va bene se le tragedie uniscono le persone. Non so cosa dire. Nessuno mi ha mai fatto questa domanda. Che il ricordo alle vittime innocenti debba vivere, sì. Dopo di noi….? Non riesco ad andare così lontano. Ma devo ammettere che, qualche volta, ho cercato di approfondire la situazione ipotetica nella quale un giovane, un nostro figlio, si avventurasse nell’impresa di creare qualcosa, su quelle nostre terre abbandonate. Qualcosa di nuovo o già visto, comunque sarebbe una rinascita. La vita che torna. Le proprietà non sono ancora state vendute. Nemmeno un lotto. Quello sì. Su quello ho meditato, qualche volta.

Atlante- Come è il tuo villaggio nei tuoi sogni? A parte gli incubi che sicuramente hai avuto per tanti anni, se non tutt’oggi, come è Briševo nei tuoi sogni? Quello prima della guerra o qualcos’altro?                                                                           Quello che mi capita, dopo questi sogni, è che non sono nemmeno sicuro dove finiscono i ricordi e dove inizia l’immaginazione. Non saprei come descriverlo. Posso dire che nei sogni legati al mio villaggio che non esiste più non sono mai più vecchio di quanto ero prima della tragedia. Poi i contorni cambiano. A volte mi sveglio normalmente e a volte no. Mi sento molto solo in quei momenti. Anche perché non posso raccontarlo a volte a nessuno. Quando non è un sogno è un incubo.

Atlante- Per finire vorrei sottolineare una cosa.
Questo piccolo villaggio di poco più di 400 anime aveva una band musicale “elettrificata”. Ne abbiamo visto tante foto. Questa band di rockettari era molto richiesta in tutta la zona, non suonava il classico folk, che garantiva guadagni più facili. Oltre alla tua band, Briševo ci ha dato uno dei migliori batteristi degli anni settanta e ottanta del secolo scorso, Goran “Ipe” Ivandić, membro della ex “Bijelo Dugme” – Bottone Bianco- dell’ oggi famosissimo Goran Bregović. Scusa se la domanda sarà più lunga della tua risposta, ma mi hai detto che recentemente al tuo indirizzo in Germania è arrivato un pacco molto insolito. A te la parola finale.                                                                     (ride) Eh sì. Che storia incredibile. Al mio indirizzo qualche mese fa è arrivato un pacco abbastanza lungo. Lo abbiamo aperto con quasi certezza chesi trattasse di qualche scherzo, o eventualmente un semplice errore. Invece era una delle più belle cose che mi sono successe ultimamente. Ho stretto tra le mie mani, dopo quasi 27 anni, il mio basso elettrico, che mi ha accompagnato in tutte le mie vicende da giovane pazzerello. Era, e lo è ancora, in condizioni pessime, ma appena notato un particolare l’ho riconosciuto. Che regalone mi hanno fatto i miei amici. Vorresti sapere da dove “sbuca” quel reperto?! Quando i miei due cari amici, uno di loro suonava con me, sono andati l’ultima volta a Briševo, girando senza un obiettivo particolare per le vie di Prijedor, sono capitati proprio nel giorno in cui si fa il solito mercatino delle pulci. Lì da un personaggio hanno riconosciuto il mio basso e fingendo di essere completamente ignari della storia gli hanno proposto una miseria” per quel cimelio. Sarebbe da domandarsi che ruolo ha avuto il venditore nel trasferimento della mia chitarra da casa mia, prima che bruciasse, al mercatino di Prijedor… ma non cambierebbe tanto, almeno per quanto riguarda il mio strumento musicale. Così, dopo una breve trattativa, i due amici hanno comprato un pezzo della mia giovinezza, e me l’hanno regalato. Inutile dire come e quanto mi sono commosso per quel gesto. Ho condiviso quel momento magico con la mia famiglia. Ma a pensarci mi vengono i brividi ancora adesso, credetemi.

Atlante- Mi piacerebbe se fosse un segnale di speranza quanto accaduto. Anche se può sembrare banale, però, la verità può venire fuori, alcune cose possono essere sistemate, le vittime risarcite? C’è speranza?                                                           Siamo noi la speranza. Se c’è qualcosa che possiamo considerare la vera speranza, penso lo siamo tutti noi, e le nostre azioni. Non credo nei miracoli.

Questa intervista è stata realizzata da Edvard Cucek per atlanteguerrE in occasione della visita di sig. Atlija a Mori, Rovereto e Trento per cinque incontri pubblici organizzati da “Gruppo Bosnia- Mori”, come capofila, e da “Associazione 46° Parallelo”, “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e dalla “Associazione Trentino con Balcani”.

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