Per gentile concessione dell’editore OgZero pubblichiamo il capitolo A chi appartiene Gerusalemme tratto del libro “Gerusalemme” di Eric Salerno, collaboratore dell’Atlante delle guerre. Il libro si può ordinare qui
A chi appartiene Gerusalemme?
La Storia racchiusa dalle mura di Al-Quds: Sari
di Eric Salerno
Fu a metà degli anni Ottanta, nel patio dell’American Colony, che incontrai per la prima volta Sari Nusseibeh. Era uscito dalla casa di famiglia, accanto a una delle numerose cave antiche a poche centinaia di metri dalla Porta di Damasco, aveva attraversato la Nablus Road per infilarsi nel “salotto” che non molti anni dopo il premier Shamir avrebbe definito un covo di terroristi e giornalisti antisraeliani. La pietra bianca di questa struttura è addolcita, dentro e fuori, da cascate di buganvillea viola intenso. La sua storia è la storia di una parte significativa degli ultimi cento anni di Gerusalemme. In questa “colonia” si sono alternati credenti cristiani, americani e scandinavi. Qui nacque e si sviluppò il laboratorio fotografico che ci ha lasciato una incomparabile testimonianza (in gran parte conservata nella biblioteca del Congresso a Washington) della vita della città. Nel suo patio si sono alternati personaggio illustri come Lawrence d’Arabia e l’attore Peter O’Toole che lo rese famoso in quella meraviglia del grande schermo. Fu Peter Ustinov a piantare pochi anni fa la grande palma che oggi regala ombra a un angolo del salotto-ristorante-bar. Ha sostituito una di quelle originali messe in terra da suo nonno il Barone Platon Ustinov. Grazie a un collega fotografo, conservo uno splendido ricordo di quella sera, quando entrando al Colony, ebbi il piacere di stringere la mano allo storico sindaco di Gerusalemme Teddy Kollek (era in pensione; l’avevo intervistato più volte) che osservava con meraviglia e stupore mentre venni trascinato in uno stonato, per fortuna appena abbozzato, ’O sole mio da un sorridente Peter Ustinov (avevo conversato a lungo anche con lui della storia della sua famiglia in Terrasanta).
Le mura di Gerusalemme non racchiudono soltanto la storia, i riti e le credenze, le follie di ebrei e musulmani, ma anche quelli di una galassia di cristiani provenienti da tutto il mondo. La domanda-risposta sulla bocca di tutti: “Chi c’era prima, chi più a lungo?”. Sari Nusseibeh è stato per alcuni anni presidente dell’Università Al-Quds, a Gerusalemme Est, e la sua famiglia vanta una presenza di 1300 anni in questa città. Sarebbe discesa da Ubayda ibn as-Samit, fratello di Nusaybah bint Ka’ab, una guerriera dei Banu Khazraj di Arabia, una delle quattro donne a capo delle 14 tribù del primo islam. Secondo la tradizione di famiglia i Nusseibeh furono i custodi delle chiavi della chiesa del Santo Sepolcro fino al periodo ottomano. La loro storia è la storia della Città santa; la storia recente dei Nusseibeh è quella dei popoli ancora oggi in lotta per il suo controllo.
Sari, a chi appartiene Gerusalemme?
Se fai un passo indietro, diciamo qualche centinaio d’anni, soprattutto prima dell’avvento del sionismo politico, credo che troveresti che molti musulmani non avrebbero contestato il collegamento che gli ebrei hanno con quello che chiamano il monte del Tempio e che per i musulmani è Haram al-sharif, la Spianata delle Moschee. Ossia i problemi sono cominciati con l’avvento del sionismo moderno. Non c’è nulla in islam che nega il collegamento, il rapporto, che gli ebrei avevano con quello spazio ancora prima dei tempi di Mohammed e la nostra religione. Nulla nega il fatto che il giudaismo sia una delle religioni del libro. Tradotto in termini pratici, lo scontro di oggi non è tra le religioni ma è motivato soprattutto dalle misure israeliane attivate dopo la conquista della città nel 1967 per renderla esclusivamente ebraica. Misure volte a ridurre o eliminare il carattere arabo e musulmano di Gerusalemme con strumenti politici, economici e urbanistici che continuano a trasformare profondamente la sua identità.
La Storia raccontata dopo la Guerra dei sei giorni
Quale identità? Il quartiere di Arnona – strade alberate e infiorate, case vecchie dal profilo basso, marciapiedi sconnessi contesi tra i pochi residenti e le loro auto sempre più grandi – è spesso festeggiato come residenza, in passato, dei grandi intellettuali di questa città. Il poeta più noto Shmuel Yosef Agnon vi abitava e ne cantava i fasti.
È Israele ma, almeno in parte, non lo è; almeno così dicono le cartine segnate nel 1949 non con punte sottili ma con tracce di pennini grossi, quelli con l’inchiostro che si allarga, lasciando contorni incerti. All’epoca le truppe giordane difendevano le loro posizioni fronteggiando quelle dello stato israeliano appena nato. Oggi è territorio occupato, annesso illegalmente da Israele, insistono alcuni; tutto da definire quando – e se – ci sarà la pace vera e verrà deciso il futuro di Gerusalemme. Ci fu un periodo in cui giordani e israeliani si fronteggiavano e persino collaboravano in quello spicchio conteso per cercare di eliminare un parassita che aveva attaccato i pini. Quando un imprenditore israeliano si mise a costruire un albergo, bastarono le proteste giordane per fermare i lavori che proseguirono solo dopo la vittoria israeliana del 1967 e la conquista di tutta la città.
Il Diplomat si trova sul terreno del complesso del consolato Usa e dell’ambasciata provvisoria voluta dal presidente Trump. Fino a poco fa accoglieva una moltitudine di immigrati ebrei russi. Prima di loro erano ebrei etiopici, i cosiddetti falasha, gli ospiti provvisori. «Io credevo, prima di lasciare Addis Abeba, che Israele fosse Gerusalemme – mi disse uno di loro, negli anni Novanta, con una nota di tristezza – e che Gerusalemme fosse un luogo splendido fatto completamente d’oro. Credevo che soltanto gli ebrei vi abitassero. Questo posto mi delude. La mattina mi sveglio con la voce penetrante del muezzin che sale dal villaggio arabo nella valle e per molto tempo ho creduto che fossimo ancora in qualche paese vicino a Israele, una tappa prima di arrivare nel paese dei miei sogni. Siamo in periferia; case, un po’ di verde e poco altro. L’altro giorno qualcuno ci ha portato nella città vecchia, al Muro del Pianto, e ho capito che eravamo arrivati. Ma dove?».
Nato a New York nel 1939 da un’ebrea russa sfuggita alle guardie bianche zariste e da un comunista americano espulso nel 1950 dagli Usa, trasferitosi in Italia a 13 anni, Eric Salerno ha lavorato 10 anni per “Paese Sera”. Nel 1967 passa a “Il Messaggero”, in qualità di inviato speciale e capo del servizio esteri, interessandosi ai problemi dei Paesi in via di sviluppo e del Medio Oriente. A lungo corrispondente da Gerusalemme. Ha pubblicato Guida al Sahara (1974), Fantasmi sul Nilo (1979), Genocidio in Libia. Le atrocità nascoste dell’avventura coloniale (1979), Rossi a Manhattan (2001), Israele, la guerra dalla finestra (2002) Mosé a Timbuctù (2006), Uccideteli tutti (2008), Mossad base Italia (2010), Dante in Cina (2018). Ha collaborato come coautore alla pubblicazione di Sconfinate (2019). Collabora con l’Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo