“Silenzi colpevoli” è il titolo del dossier che Italia-Birmania Insieme ha presentato oggi pomeriggio alla Camera dei Deputati in una conferenza stampa che aveva per oggetto ‘Il caso Danieli’, moderata da Francesco Radicioni di Radio Radicale. Il dossier, il cui sottotitolo è “opacità di una multinazionale e le carenza delle istituzioni italiane”, punta l’indice su una multinazionale friulana nota come “eccellenza italiana” e su cui l’Atlante delle Guerre ha informato in questi anni i suoi lettori. “Silenzi colpevoli” è stato scritto col contributo della Pa-O Youth Organization (PYO) e della Confederation of Trade Unions of Myanmar (CTUM) e con la collaborazione di FIM-CISL e di Atlante delle Guerre e dei Conflitti nel Mondo. Spiega come la Danieli abbia ignorato le sanzioni e continui a collaborare con la Giunta militare birmana in un settore, quello siderurgico, strategico per la produzione di armi in casa.
Cecilia Brighi, segretaria generale di Italia-Birmania Insieme (nell’immagine a dx), ha illustrato il rapporto ricordando la presenza di Danieli in Myanmar dal 1979. Ignorando le linee guida dell’OSCE rispetto alla responsabilità sociale d’impresa e i richiami delle agenzie dell’ONU (come l’Ufficio Internazionale del Lavoro-ILO). La Danieli si registra di nuovo in Myanmar nel 2021, appena dopo il golpe militare. Fornisce tecnologia e sostegno a due fabbriche del settore siderurgico che dipendono direttamente dal ministero della Difesa: a Pimpet e Myingyan. È proprio all’inaugurazione di Muingyan che si deve la foto col generalissimo e i tecnici Danieli pubblicata sul frontespizio del dossier. Brighi chiede spiegazioni e trasparenza, tema ripreso da Laura Boldrini, Presidentessa del Comitato Diritti Umani della Camera, che sostiene le richieste “legittime” alla società friulana di Italia-Birmania Insieme: due diligence, trasparenza ed eventuale interruzione dei rapporti con la Giunta.
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, ha ricordato gli elementi del contesto: 25mila arresti, almeno 7mila vittime civili nella repressione delle piazze, il ritorno delle impiccagioni dopo 30 anni di moratoria, raid in aumento su villaggi, cerimonie, profughi. Attività che portano a una responsabilità per crimini contro l’umanità, cosa per cui la Giunta è per altro già indagata. Così come ha ricordato altre questioni aperte: chi, per esempio, vende il carburante alla Giunta militare? Sulla due diligence, connessa alla responsabilità di fornire strumenti a una siderurgia che serve all’industria militare nazionale, torna anche Roberto Benaglia, segretario generale FIM-CISL, ricordando che non si tratta di demonizzare una società innovativa e ad alta tecnologia, ma che è giusto che la Danieli sgomberi il campo dalle nubi che la circondano. Non le uniche che girano attorno all’attività industriale e commerciali italiana.
Lo ha ricordato il nostro collega Alessandro De Pascale dell’Atlante delle Guerre ricordando il dossier ‘Cheddite’ (pallottole italiane ritrovate nei luoghi della repressione birmana e poi anche in Iran) e in quello relativo al tessile o all’import di teak birmano, settore sotto embargo totale. La Danieli sembra si sia già difesa sostenendo che in Myanmar non lavora più. Il dubbio resta legittimo anche perché, quando vi lavorava, la parola Myanmar non figurava mai nel suo sito, né sui documenti di bilancio. Ora dovrà finalmente chiarire.