Oggi i messicani sono stati chiamati al voto per il primo referendum formale della loro Storia. Un referendum ambiguo e controverso. “Sei d’ accordo o no (…) che si avvii un processo di chiarimento delle decisioni degli esponenti politici, volto a garantire la giustizia e i diritti delle possibili vittime?” Questo testo ambiguo, che ha sollevato mille obiezioni, può essere spiegato con immediatezza. Il presidente López Obrador aveva annunciato ancor prima di insediarsi l’intenzione di portare a processo i 5 presidenti precedenti, Carlos Salinas, Ernesto Zedillo, Vicente Fox, Felipe Calderón e Enrique Peña Nieto.
“Tra il primo dicembre de 1988 e il 30 di novembre del 2018, il Messico ha vissuto un periodo caratterizato dalla concentrazione smisurata della ricchezza, buchi monumentali nell’ erario, privatizzazioni, corruzione generalizzata, elezioni viziate […] violazione sistematica dei diritti umani, impunità como norma, crisi dello Stato di diritto in vaste zone del territorio nazionale”: questo dichiarava Lopez Obrador appena eletto. E da allora partiva la proposta di un referendum per portare a processo i 5 presidenti.
Per quanto fondate siano le accuse, la proposta violava il principio di separazione dei poteri, e in particolare l’indipendenza del potere giudiziario. Ecco perché il testo del quesito non parla più di processo penale, ma di “chiarimento”, dopo le obiezioni di costituzionalità sollevate. In altre parole, si tratterebbe di costituire una commissione di inchiesta per analizzare le responsabilità del potere nella crisi di legalità, nella crescita del potere dei cartelli della droga che seminano morte, e nella collusione fra questi e i vertici della politica messicana.
A portare di nuovo l’attenzione su questi temi, la scoperta nello Stato di Nuevo Leòn di sette centri di sterminio, che avrebbero prodotto migliaia di morti, come comunica Fundel (Fuerzas unidas por nuestros desaparecidos), che rappresenta i familiari delle vittime delle persone scomparse. Anche questa indagine punta il dito sui cartelli del narcotraffico, e indica nelle cause degli omicidi non solo la guerra fra cartelli, ma anche persone uccise per espiantarne gli organi, e vittime di sequestri non in grado di pagare il riscatto. E si accusa il potere politico di aver avallato questo drammatico stato di cose.
Malgrado ciò, è difficile che il referendum, con la sua forma così ambigua, abbia successo. Perché il risultato sia vincente, occorre che almeno il 40percento degli elettori si presenti alle urne. E molti osservatori dubitano che ciò possa avvenire.
(Red/ma/sa)