In nome del nostro albero di melograno

Razi e Soheila Mohebi, due artisti afgani da anni in Italia, scrivono del loro senso di impotenza. Ma anche della forza delle bellezza e della solidarietà

di Razi e Soheila Mohebi

“A volte uno non si cura dei passeri e non sente quello che hanno da dire. A volte non si cura di sentire il suono di flauto del pastore e non distingue le voci delle pecore e degli agnelli e non si capisce cosa vogliono dire e poi arriva anche la volta in cui non sente più i sospiri e i gemiti delle altre persone. L’esperienza della massimizzazione , sempre al suo apice, è possibile solo per l’uomo in guerra. “Guerra significa massimizzare tutto.”

Il nostro asino nero e altri
Memorie di Jaghoori-Afghanistan

 

Ci viene da dire che tutto sia andato ad una velocità atroce, ma poi mi fermo sul mio pensiero: sapevamo fin dal lontano 2011, quando siamo partiti con una equipe della FilmWork sostenuta a sua volta dal Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, per girare il primo episodio di “Afghanistan 2014 campo lungo”. Il film racconta la prospettiva della comunità internazionale dopo il loro ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Abbiamo percorso le nostre inquietudini fino al 2014 realizzando il secondo episodio “Afghanistan 2014, Insert ” e attraversando l’Europa, dalla Grecia all’Italia, dalla Germania alla Svezia, abbiamo domandato della diaspora afghana in esilio, per sapere cosa pensano possa accadere con il ritiro definitivo delle forze internazionali. Abbiamo guardato e riguardato il film, sembra che tutti conoscano già le tenebre di questa soglia. Come può una soglia essere così buia e incognita? Mormorano nella nostra mente le impotenze di cui parlava Samir Kassir, intellettuale libanese assassinato nel giugno del 2005.

In continuità con il Progetto Afghanistan 2014, nato nella vostra terra – e che nostro figlio conosce come la sua tanto da cucire le montagne con il suo essere – abbiamo iniziato a celebrare assieme “Nowruz”, il giorno dell’equinozio di primavera e come simbolo di questa festività abbiamo piantato un albero di melograno nel giardino della Bookique, a Trento. Siamo stati di recente a Trento e ho visitato il nostro albero di melograno che vive felicemente in città, e mi sono detta che se dalla nostra presenza in questa terra è questa la traccia che rimane, mi sento appagata.

Nostre carissime amiche e carissimi amici di Trento e di tutto Italia, voi che siete stati la nostra casa negli ultimi quattordici anni di vita in Trentino. In nome di questo albero di melograno che nel vostro giardino respira, vi chiediamo di riflettere sulle possibilità di creare un corridoio umanitario, per le donne e i giovani soprattutto, che in questi anni sono stati attivi in campo artistico, mediatico e giornalistico e che ora rischiano la vita.
Un genocidio culturale è in corso. È grave…

 

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