di Andrea Tomasi
C’è stato un incidente nucleare, anzi no. Anzi sì. La notizia è di questi giorni. La Russia per la prima volta ha ammesso che «ci sono stati dei problemi». A segnalare che da giorni stava succedendo qualcosa di strano è stata la Francia.
«Il servizio metereologico russo – scrive Il Soe 24 Ore – ha misurato l’inquinamento di isotopi radiottivi che hanno raggiunto un livello mille volte superiore al normale in due stazioni meteorologiche sui monti Urali. È la prima ammissione di funzionari russi che sostanzialmente conferma il report dell’Istituto francese per la sicurezza nucleare (IRSN), che il 9 novembre scorso aveva individuato una nuvola radiottiva sull’Europa di provenienza sconosciuta».
Stando ai dati dei rilevatori francesi, la possibile origine della perdita di sostanza radioattiva – trasportata in Europa grazie alle correnti – è da ricercare in un impianto che si trova in Russia o in Kazakistan. L’incidente sarebbe avvenuto nell’ultima settimana di settembre, ma «nessuno dei due Paesi aveva ammesso un incidente sul proprio territorio».
Poi, quando pochissimi mezzi di informazione hanno dato la notizia, le autorità russe si sono affrettate a ridimensionare la questione. «Lo scorso settembre il sistema di monitoraggio automatico ha registrato un incremento di Rutenio-106 in Russia, Polonia, Bulgaria e Ucraina ma la sua concentrazione nel territorio della Federazione Russa era migliaia di volte sotto i livelli di guardia e non ha mai posto rischi per la popolazione». Parola di Maxim Yakovenko, riportate dal quotidiano della Confindustria italiana. Yakovenko è il capo capo del servizio di monitoraggio Idrometrico ed Ambientale russo (Rosidromet) alla Tass. Ha fatto sapere che l’agenzia non sta conducendo analisi per rintracciarne la sorgente. «Perché farlo se non vi è pericolo? Lasciamo che lo facciano coloro i quali hanno interesse a farlo».
E mentre tutti pensano ai danni prodotti dall’espolisione del reattore nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 (parliamo dei danni diretti alla popolazione bielorussa ma anche a quelli agli alimenti contaminati ben oltre i confini dell’ex Unione Sovietica), la Rosatom, il conglomerato atomico russo, proprietaria dell’impianto degli Urali di Mayak, ha respinto ogni addebito. «Nel 2017 non vi è stata produzione di Rutenio-106 a Mayak, le emissioni nell’atmosfera sono nella norma così come le radiazioni di base» si legge in un comunicato.
Le due stazioni meteo che hanno registrato alti livelli di rutenio sono Agrayash (986 volte superiore al mese precedente) e Novogorny (440 volte più alte del normale).
L’ipotesi è che gli isotopi radioattivi abbiano raggiunto l’Europa. «Gli scienziati dei paesi occidentali hanno detto che non considerano i più alti livelli del rutenio 106 di per sé pericolosi per la salute dell’uomo ma nessuno sa ancora esattamente cosa sia successo in Russia a fine estate».
Che un problema esista è fuor di dubbio. Il Corriere della Sera parla di di concentrazioni «estremamente alte», fino a 986 volte superiori alla radiazione naturale di fondo, di rutenio-106 in diverse parti del Paese. Rosgidromet ha ammesso lunedì che l’isotopo — che non esiste in natura — è stato individuato in Tatarstan e nel sud della Russia, e che ha quindi raggiunto, secondo quanto riporta il Guardian, «tutti i Paesi europei, a partire dall’Italia e poi verso il Nord Europa» dal 29 settembre.
«La centrale di Mayak – racconta Sara Gandolfi – venne costruita nel 1949 per produrre plutonio per armi nucleari. Fino al 1952 riversò circa 76 milioni di metri cubi di rifiuti liquidi altamente radioattivi —cesio e stronzio — nel fiume Techa. Nel 1957, esplose un serbatoio di rifiuti radioattivi e fuoriuscì anche il pericolosissimo plutonio: la nube radioattiva coprì un’area di circa 23.000 chilometri quadrati».
E l’Italia? Federico Rocchi, ingegnere nucleare e ricercatore della divisione di sicurezza nucleare del centro ricerche dell’Enea a Bologna. è stato sentito dall’Ansa.
Nel Bel Paese, dice Rocchi, il rutenio 106 «era arrivato tra la fine settembre e l’inizio ottobre e poi si è lentamente diluito». I valori, ha detto, «sono tali da non porre assolutamente rischi né per la salute pubblica, né per l’ambiente. Le concentrazioni rilevate nell’atmosfera sono fra centomila e un milione di volte più basse di quelle che destano preoccupazioni per salute e ambiente». Insomma – dice – il sistema di monitoraggio abbia «funzionato bene sia in Italia sia in Europa». Alla grande.
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2017-11-22/nube-rutenio-russia-conferma-nessun-pericolo-la-popolazione-141226.shtml?uuid=AEGHZLGD&refresh_ce=1
http://www.corriere.it/esteri/17_novembre_21/russia-ammette-l-allarme-radioattivita-986-volte-oltre-norma-ed974b8c-ceb8-11e7-bf2a-292d3c6f067f.shtml?refresh_ce-cp
http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/terra_poli/2017/11/22/nessun-legame-tra-la-nube-di-rutenio-e-un-incidente-nucleare-_d81cd8a2-e00f-4caa-ab4b-a255cbbc4da2.html