Continuano a mietere vittime le proteste in Iraq. Secondo i dati della commissione diritti umani del Parlamento iracheno in cinque giorni ci sono stati 99 morti e 4mila feriti. Le manifestazioni, partite dalla capitale Baghdad sono arrivate rapidamente nelle città del Sud del Paese, con lo stesso obiettivo: richiedere a gran voce lo stop alla corruzione e misure urgenti a favore dell’occupazione, per la carenza di servizi sanitari, la bassa qualità dell’istruzione, contro la diffusione illegale di armi nelle città, i frequenti sequestri di persona, l’alto tasso di criminalità,
Le situazione del Paese è da anni allo stremo e, come da copione, le ricchezze non vengono redistribuite tra la popolazione. L’Iraq ha una popolazione di poco meno di 40 milioni di persone ed è il quinto produttore ed esportatore di petrolio al mondo e il secondo produttore del gruppo Opec. Nonostante la grande ricchezza, però, la disoccupazione giovanile si attesta al 25% e secondo la Banca mondiale, poco meno dei tre quinti della popolazione vive con meno di 6 dollari al giorno. Le città meridionali, ad esempio, ricchissime di petrolio, vivono da anni l’assenza dei servizi essenziali e presentano livelli di disoccupazione elevatissimi, più alti della media del Paese.
Come forma di protesta nelle città del Sud i manifestanti hanno tentato di assaltare le sedi delle Istituzioni e dei partiti. Nella capitale, invece, hanno tentato di raggiungere la centrale piazza Tahrir e si sono verificati incidenti nei pressi del ministero del petrolio, dove sono in corso sit-in dei manifestanti, per lo più giovani e studenti universitari. Ma nelle piazze irachene non ci sono solo giovani, ma manifestanti di varie estrazioni sociali ed economiche come le milizie denominate ‘Unità della mobilitazione popolare sciita’ (Pmu). Secondo vai media, infatti, uomini armati hanno attaccato gli uffici dell’emittente televisiva Al-Arabiya e di altre emittenti televisive locali a Baghdad. A Nassiriya, la città di origine del premier Adel Abdel Mahdi, i manifestanti hanno dato fuoco alle sedi di due partiti locali perché considerati complici della corruzione del Paese.
Una delle risposte governative alla proteste è stata, prima la limitazione dell’accesso a Facebook e WhatsApp e, nella giornata di mercoledì 2 ottobre, l’oscuramento totale della rete. Con l’intensificarsi delle proteste il governo ha deciso di non rinnovare il coprifuoco imposto nella capitale nei primi giorni, dal momento che la misura restrittiva non era mai stata rispettata dai manifestanti.
Secondo alcuni osservatori una delle cause delle proteste sarebbe la decisione del premier Abdul Mahdi di rimuovere il generale Abdul Wahab al Saadi dal suo incarico di comandante delle forze antiterrorismo.
(Red. Al/Pi)