La guerra col cercapersone. Il punto

Di fatto, la possibilità di uccidere chiunque, ovunque si trovi, è ormai un dato di fatto

di Raffaele Crocco

Inevitabilmente, è l’attacco israeliano a Hezbollah tramite i cercapersone, i walkie talkie ed altri apparecchi radio a tenere in apprensione il Mondo. Decine i morti, centinaia i feriti in questo attacco concertato e simultaneo. Israele non ha rivendicato nulla, anzi tace, ma tutti i governi – anche quelli alleati a Tel Aviv – e le agenzie d’intelligence puntano il dito contro il Mossad, l’intelligence israeliana.

L’operazione dispiega nuovi scenari, tutti inquietanti e pericolosi. Di fatto, la possibilità di uccidere chiunque, ovunque si trovi, è ormai un dato di fatto. Con queste operazioni, Israele ha dimostrato che la realtà supera la fantasia. L’ipotesi più accreditata è che i cercapersone siano stati sabotati prima dell’arrivo in Libano. Facciamo un riassunto: funzionano con un impulso radio, non come i cellulari. Hezbollah all’inizio di quest’anno li aveva distribuiti ai propri militanti per evitare l’uso dei telefoni portatili, facilmente tracciabili. Li ha comperati a Taiwan. L’ipotesi più accreditata è che siano stati manomessi prima dell’arrivo in Libano, introducendo una piccola carica di esplosivo e un pulsante attivabile a distanza per l’innesco. Le intelligence di mezzo Mondo sono al lavoro per capire chi abbia collaborato con il Mossad.

Una fonte libanese sostiene che almeno 5mila apparati elettronici, cioè cercapersone e walkie talkie, sarebbero stati manomessi. Ma c’è chi spiega che cercapersone e dispositivi elettronici in genere avrebbero già, senza alcuna manomissione o aggiunta di componenti, un alto potenziale esplosivo, dato dalla presenza di coltan, altri minerali e dalle batterie al litio. Basterebbe, quindi, trovare la frequenza giusta per attivare l’esplosione. Una tesi fantascientifica che, se accreditata, mette davvero paura.

Le indagini in corso ci forniranno probabilmente, nelle prossime settimane, una risposta, che peserà comunque come una minaccia perenne per chiunque: tutti possiamo essere colpiti in qualunque momento. A questa “potenziale minaccia privata”, svelata dagli attentati di questa settimana, va aggiunto il salire rapido della tensione internazionale. Secca la condanna dell’operazione del quasi ex Alto rappresentate della politica estera dell’Unione Europea, Josep Borrel, che parla esplicitamente di escalation militare. Sulla stessa lunghezza d’onda Volker Turk, Commissario dei diritti umani per l’Onu. E mentre gli Stati Uniti fanno sapere di non essere stati coinvolti nell’operazione, Hamas si dice pronto alla resistenza ad oltranza e l’Iran promette vendetta.

La realtà è che il governo Netanyahu sembra voler proseguire verso quella che vede come la “soluzione finale” nei confronti di varie situazioni: Hamas, i palestinesi in genere e il proprio ruolo nella Regione. Mentre a Gaza continua l’operazione militare e continua la strage di civili, a Nord si è aperto un altro fronte politico militare, che colpisce Hezbollah in Libano per minare ruolo e presenza dell’Iran. La sfida è ormai continua e Netanyahu la gioca con la certezza di avere alle spalle Stati Uniti ed Unione Europea, pronti a sostenerlo a prescindere da tutto. Disposti anche a chiudere un occhio sull’operazione di annientamento del popolo palestinese in atto. Oltre a Gaza, la situazione in Cisgiordania è diventata pesantissima, con i coloni israeliani che di fatto controllano tutto il territorio. Per i palestinesi pare non esserci più spazio e ogni romantica ipotesi europea e statunitense di creare “due popoli, due stati” è definitivamente tramontata per mancanza di territorio disponibile.

Difficile immaginare che il radicalismo israeliano resti senza risposta da parte degli Stati dell’area. E’ una linea sottile quella che separa le operazioni militari di Tel Aviv da una guerra allargata, devastante. Guerra che continua, senza tregua e macinando migliaia di vittime, anche in Ucraina. Gli attacchi incrociati ormai non si contano. Se Mosca bombarda sempre più pesantemente le città ucraine, Kiev risponde a tono. Un deposito militare russo è stato colpito nella regione di Tver. Si trova a 400 chilometri dal confine. Sulla linea del fronte, intanto, continua il massacro. Le perdite sono altissime. L’intelligence militare inglese ha calcolato che russi e ucraini abbiano avuto, ad oggi, almeno un milione di giovani morti o mutilati. Mosca avrebbe avuto 1.400 morti in un solo giorno, questa settimana.

Per questa ragione il Presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto che aumenta il numero dei militari delle forze armate a un milione e mezzo di effettivi. Si tratta di circa 200mila uomini in più. In questo modo, mettendo nella conta anche il personale civile, il totale dei militari nelle forze armate russe sale a 2,389 milioni di unità. Un numero altissimo, che dimostra come Putin non abbia, al momento, alcuna intenzione di trattare con il governo ucraino.

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