di Maurizio Sacchi
Il recente assassinio di un candidato alla presidenza in Ecuador, il giornalista Fernando Villavicencio, ucciso il 9 agosto durante un comizio, è solo l’ultimo di una catena di episodi di sangue che rivelano al mondo un conflitto strisciante che pervade l’unico continente – Oceania a parte – non teatro di guerre ufficiali. Il confronto sanguinoso vede da una parte i potenti cartelli delle mafie, e dall’altra, più che i governi (spesso infiltrati, se non controllati dai narcos), i popoli di interi Paesi.
Intanto in Ecuador si vota in un clima da guerra. Centomila tra poliziotti e soldati sono stati mobilitati per la sicurezza delle elezioni che si tengono oggi, domenica 20 agosto. Christian Zurita, un caro amico e collega del giornalista, è stato scelto per candidarsi al suo posto. Zurita, 53 anni, ha promesso di continuare la crociata anti-corruzione di Villavicencio e, ha dichiarato che il crimine organizzato è così profondamente radicato in Ecuador che il Paese è diventato un “narcoStato”. Villavicencio, a sio dire, sarebbe stato assassinato perché progettava di militarizzare i porti del Paese punti cruciali del contrabbando di cocaina.
La polizia ha arrestato sei sospetti per l’omicidio, tutti membri di fazioni criminali colombiane. Un altro è stato ucciso in una sparatoria. Ma Zurita accusa la polizia del Paese di connivenza, visto che inspiegabilmente il sicario armato è passato indisturbato da tre controlli di sicurezza. Avrebbe poi dichiarato di voler “epurare” la polizia. “È un processo di deterioramento totale delle condizioni sociali in luoghi che non conoscevano la violenza”, ha dichiarato. Secondo Diana Atamaint, presidente del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), “garantire la vita degli elettori” sarà il primo obiettivo e verrà dopo il “salvaguardare il diritto di voto di tutti”.
“La situazione in cui ci troviamo ora è la stessa in cui era la Colombia quando era il Paese più pericoloso del mondo” ha dichiarato il generale Paco Moncayo, Consigliere per la Sicurezza del Presidente uscente, Guillermo Lasso. “L’arma suprema del narcotraffico è la corruzione; hanno bisogno di corrompere giudici, procuratori, militari, polizia, politici e sindaci (…) è attraverso la corruzione che il narcotraffico si appropria della sovranità dello Stato e riesce ad assediarlo. Finché non si affronterà questo problema, nulla migliorerà”.
La potenza delle mafie supera così l’area della criminalità per divenire fenomeno politico. Per citare il più clamoroso caso recente, vi è l’omicidio del Presidente di Haiti, per mano di un gruppo di sicari provenienti dalla Colombia. Benché non sia stato possible scoprire i mandanti, una accreditata teoria suggerisce che l’omicidio sia stato ordinato da potenti personaggi di Haiti coinvolti nel traffico di droga e in altre attività criminali.
La corruzione dei narcos ha rischiato di coinvolgere anche il Presidente della Colombia, Gustavo Petro. Suo figlio Nicolas e la ex-moglie Daysuris Vazquez sono stati arrestati questo mese con l’accusa di riciclaggio di denaro del narcotraffico, per aver accettato circa 130mila dollari da fonti mafiose. Ma il Presidente ha immediatamente preso le distsanze dal figlio, che per altro aveva speso la cifra per proprio conto, anziché versarla, come nelle intenzioni dei narcos, nella campagna elettorale del padre.
E così la guerra strisciante che pervade buona parte dell’America Latina e investe tutta la società si traduce in tragici numeri. Nelle Americhe si sono registrati 17,2 omicidi su 100mila abitanti, per un totale di 173mila nel 2022.
Per un paragone, si veda l’Africa, che ha registrato l’anno scorso un tasso omicidi per 100mila abitanti di 13 e un totale di 163mila. C’è poi il dato globale: nel Mondo il tasso è di 6,1 per un totale di 464mila, in Europa 3 e 22mila.
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