La Russia è un vassallo di Pechino? Forse no

Un rapporto meno squilibrato di quanto appaia. L'analisi dei diversi osservatori

di Maurizio Sacchi

Il 16 maggio I due Presidenti russo e cinese, Putin e Xi jinping, si sono stretti la mano a Pechino, ribadendo la stretta alleanza che li unisce, specie sul piano militare. Da tempo circola una interpretazione del rapporto fra le due potenze, che vorrebbe la Russia ormai ostaggio di Pechino.

Cominciando dall’Italia, n un bel pezzo di Michele Ditto, “La Russia dipende davvero dalla Cina?”, nella newsletter della piattaforma di geopolitica Lumina, si mette in discussione quella che da molti è già stata definita come una condizione di vassallaggio della Russia verso la Cina. Mentre si ricorda che Pechino è diventata di fatto il principale fornitore della base industriale militare russa a seguito dell’invasione dell’Ucraina, con i veicoli fuoristrada Desert Cross 1003 ATV, e droni, macchine utensili, microelettronica e altra tecnologia. si fa notare come il commercio tra la Russia e la Cina sia arrivato a toccare i 240 miliardi di dollari nel 2023.

Si fa notare come, ad esempio, il 75% dei telefoni cellulari venduti in Russia nel 2022 erano cinesi, rispetto al 50% del 2021. Anche il 70% delle attrezzature per l’edilizia e il 40% dei computer portatili venduti in Russia sono arrivati nel 2022 dalla Cina. E le case automobilistiche cinesi hanno letteralmente invaso il mercato russo riempiendo il vuoto lasciato dai grandi marchi mondiali. Questi dati confermerebbero la narrazione che vorrebbe una Russia sostanzialmente dipendente da Pechino. Ma Ditto ne nega la consistenza, argomentando come Mosca abbia in mano alcune carte fondamentali per garantirsi un potere contrattuale con l’Impero di mezzo.  Citiamo le sue argomentazioni:

“ (…) i possibili tentativi della Cina di subordinare Mosca alle sue prerogative sarebbero rischiosi. Conoscendo i sacrifici che i russi sono disposti a fare per conservare intatta la loro sovranità, la leadership moscovita preferirebbe privarsi dei beni cinesi piuttosto che sottomettersi. (inoltre), la Russia possiede una forte leva negoziale nei confronti della Cina. Si tratta del know-how su come sopravvivere a un regime sanzionatorio senza eguali nella storia recente. La stretta collaborazione con il Cremlino consente infatti a Pechino di capire come le sanzioni colpiscono l’economia e il sistema finanziario, quali metodi funzionano e quali no.”

Utilissima per la Cina è l’esperienza che l’esercito russo sta maturando in Ucraina contro un esercito armato e attrezzato per intero dalla Nato.  A cui si contrappongono i sistemi d’arma russi provenienti  dalla Cina; un ottimo laboratorio per testare la durabilità di queste armi su vasta scala e in condizioni di guerra reali. E si ricorda anche come, nel settore  energetico Pechino dipenda in parte dal gas e petrolio russi : nel 2023 Gazprom ha fornito 22,7 miliardi di metri cubi di gas alla Cina contro i 15,5 Bcm del 2022 , attraverso i 3mila chilometri del gasdotto Power of Siberia. Mosca è diventata il primo fornitore di petrolio per Pechino, con 107,02 milioni di tonnellate di greggio esportate nel 2023. Un +24% rispetto all’anno precedente. Anche se la Cina ha avviato un massiccio programma di centrali nucleari, liberandosi così da questa dipendenza in tempi non troppo lunghi.

In sostanza si sostiene che la Russia non sia condizionabile dalla Cina, specie in un futuro scenario di trattative di pace. Il forte sentimento nazionalista, e anti-Occidente della Russia di Putin trova il suo eroe in Alexander Nevsky, nel 13° secolo principe di Novgorod, che si trovò a combattere su due fronti, est e ovest. Scelse di contrastare il nemico occidentale, cioè gli svedesi e i tedeschi del baltico. Fece così atto di sottomissione con  il nemico orientale,  attraversò l’Asia centrale fino a Saraj Batu, la capitale dell’Orda d’Oro mongola. conclude Ditto : “Nella revisione putiniana della storia, i crociati dell’Occidente cristiano volevano distruggere l’identità della Russia ortodossa, mentre i mongoli si accontentavano che Nevsky pagasse un tributo come vassallo”.

Il tema di a chi convenga di più questa alleanza rimane però controverso.  Secondo il think-tank Council of Foreign Relationships un problema fra le due potenze è la diffidenza. Molti funzionari e imprenditori, sia  cinesi e russi non si fidano l’uno dell’altro, una dinamica spesso motivata da rancori storici o razzismo. Sebbene i Paesi condividano un lungo confine, gli scambi turistici e accademici tra loro sono limitati. Le aziende cinesi e russe hanno espresso difficoltà a lavorare insieme.  

Secondo questo report, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha messo la Cina in una posizione scomoda. Pechino non ha fornito pubblicamente assistenza militare per sostenere la guerra di Mosca (anche se il Cremlino l’avrebbe richiesta), sapendo che ciò avrebbe scatenato una reazione da parte degli Stati Uniti e dell’Europa. Aiutare l’offensiva russa in Ucraina violerebbe anche la politica di non interferenza adottata da tempo dalla Cina. Comunque, la guerra ha avuto un impatto minimo sulle relazioni bilaterali tra i due Paesi, visto che i legami militari e le esercitazioni congiunte non hanno mostrato segni di declino dopo l’invasione. E forse anche,  nel febbraio 2023, il fallimento del  piano di pace cinese  in dodici punti, rapidamente respinto dall’Ucraina e dagli Stati Uniti, ha rappresentato un insuccesso.

Secondo l’Agenzia France-Presse (AFP),Mosca sta cercando di rafforzare la sua già profonda cooperazione economica, militare ed energetica con Pechino, a dimostrazione del fatto che la Cina sta acquisendo un ruolo dominante nelle loro relazioni bilaterali. Bjorn Alexander Duben, esperto di affari internazionali dell’Università di Jilin, ha affermato che Mosca dipende dalla Cina in misura mai vista prima, soprattutto in campo economico.  Mentre la Russia spera di chiudere un accordo per vendere più gas naturale alla Cina e i capi di due giganti russi del petrolio e del gas hanno accompagnato Putin nel suo viaggio in Cina, l’analista russo indipendente Konstantin Kalachev ha dichiarato che non ci saranno ulteriori svolte negli accordi sul gas naturale durante la visita di Putin.

Nello stesso rapporto, Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center, ha affermato cche “la Cina ha in mano tutte le carte”. Il rapporto afferma anche che alcuni esperti e accademici di Pechino ritengono che la Cina stia ottenendo poco da questa relazione, al di là di un nuovo mercato per alcuni dei suoi prodotti locali e di prezzi più bassi per il petrolio e il gas naturale russo. Jakub Jakobowski, vicedirettore del Centro per gli studi orientali di Varsavia, ha dichiarato: “Putin è sempre più un fardello di Xi all’interno per quelle parti dell’élite cinese che non vogliono [restare impantanati] in questo conflitto iniziato dalla Russia”. Inoltre, una fonte di tensione nelle relazioni bilaterali è stata l’espansione dell’influenza cinese in Asia centrale, una regione tradizionalmente vicina alla Russia. Sun Yun, co-direttrice del Programma Asia Orientale presso il think tank statunitense Stimson Center, ha aggiunto che Pechino non può premere troppo sul suo vantaggio. Ha aggiunto che l’attuale pantano strategico della Russia non durerà per sempre e che “per Pechino, l’obiettivo non è necessariamente quanto la Russia è pronta a dare, ma quali costi la Cina deve sostenere”.

Nell’immagine, un fotogramma del capolavoro di Sergei Eisenstein “Alexander Nevskij”. Nel testo, l’articolo dedicato alla visita dal Global Times

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