L’ambiente è una delle vittime del conflitto nel Kurdistan Iracheno. Decenni di bombardamenti sulle zone di confine della Regione da parte dell’Iran e della Turchia, oltre ai continui combattimenti tra la Turchia e il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) e gli intensi bombardamenti turchi alla frontiera hanno causato, oltre alle perdite umane materiali, anche una grave devastazione ambientale. Molti alberi e foreste dei villaggi locali stanno bruciando, inquinando l’aria della zona, oltre a distruggere la fauna.
“Negli ultimi nove anni- ha detto Abdul-Rahman Sdiq, portavoce del comitato per l’ambiente della Regione – l’ambiente ha subito diversi danni a causa dei bombardamenti turchi e iraniani. quasi un milione e 30.000 acri di foreste sono andati distrutti”
Il comitato per l’ambiente dispone di una squadra di monitoraggio che fornisce anche il via libera alla costruzione. Secondo il Ministero dell’Agricoltura iracheno, l’area verde nella Regione è del 12,4%, ma i bombardamenti riducono costantemente questo tasso percentuale. Secondo una ricerca condotta dalla NASA, la provincia di Duhok è considerata la peggiore area del Medio Oriente dal punto di vista delle condizioni ambientali. A determinare la situazione sono, non solo i pesanti bombardamenti e la diminuzione del tasso di verde, ma anche il numero di raffinerie di petrolio che è andato aumentando negli anni. L‘Iraq è il sesto produttore mondiale di petrolio. Nel 2020, secondo la Banca Mondiale, il Paese si è classificato solo dietro la Russia per quantità di gas bruciato. La qualità dell’aria nel Nord, come in gran parte dell’Iraq, può essere inesorabilmente malsana da respirare.
Per denunciare la situazione è attiva la campagna End Cross Border Bombing, sostenuta da Icssi (Iraqi Civil Society Solidarity Initiative), Christian Peacemaker Team-Iraqi Kurdistan (Cpt-Ik) e il Kurdistan Social Forum (Ksf) Migliaia le vittime, i feriti, gli ettari di terre agricole distrutti e i capi di bestiame uccisi. La campagna denuncia la distruzione che ha costretto più di cinquecento villaggi al trasferimento. Secondo i promotori a causa di queste operazioni migliaia di famiglie hanno perso i mezzi di sostentamento e sono state messe a repentaglio la vita, la cultura e le tradizioni di varie comunità etniche e religiose, tra cui yezidi, cristiani assiri, shabak, caldei e turcmeni, che abitano nella Regione.
(Red/Est)