Mai più un altro Rana Plaza

Il prossimo 24 aprile saranno dieci anni dal disastro di Dacca dove un complesso residenziale si accartocciò su se stesso uccidendo 1.138 lavoratori e ferendone oltre 2.000. Ecco i passi avanti fatti dopo la maggior tragedia della storia del tessile

di Emanuele Giordana

Bangkok –  Ricorre il prossimo 24 aprile il triste anniversario che marca dieci anni dal crollo del Rana Plaza, a Dacca, la capitale del Bangladesh, dove un complesso residenziale che da tempo mostrava segni di cedimento si accartocciò su se stesso uccidendo 1.138 lavoratori e ferendone oltre 2.000. Quello che viene considerato il più grande disastro mortale nella storia della produzione tessile – il palazzo di otto piani ospitava cinque fabbriche di questo comparto, fornitrici dei principali marchi internazionali della fast fashion – è stato ricordato mercoledi 15 marzo in una conferenza stampa online tenuta da sindacalisti e organizzazioni, che da allora hanno dato battaglia per ottenere il riconoscimento dei risarcimenti da parte delle griffe e l’applicazione di nuove leggi a tutela di chi lavora.

È stata una battaglia con diversi successi, accompagnata da una campagna che riparte in questi giorni nel Mondo, per ricordare non solo quella strage ma i passi ancora da fare. Mai più Rana Plaza. Grazie alla pressione di sindacati e coalizioni di associazioni – come la campagna Clean Clothes (in Italia “Abiti puliti”), Remake o Worker Rights Consortium – decine di marchi dell’abbigliamento e rivenditori firmarono infatti l’anno dopo l’Accordo sulla Sicurezza Antincendio (Accord on Fire and Building Safety in Bangladesh), che ha reso più sicuri i luoghi di lavoro per almeno 2,5 milioni di lavoratori tessili nel Paese asiatico.

Nel 2013 viene stipulato anche il Rana Plaza Arrangement per il risarcimento delle famiglie delle vittime e dei lavoratori rimasti inabili. Un accordo su risarcimenti complessivi per 30 milioni di dollari. Cui se ne aggiunge, più di recente, un secondo nel Paese confinante. Il Pakistan Accord, nato nel dicembre 2022, ispirato a quello del Bangladesh e firmato dopo il crollo del Rana Plaza, è un riferimento divenuto ormai ineludibile. A metà febbraio 2023, si contavano già 33 marchi firmatari per un totale di 300 fabbriche protette. Dietro questa intesa, un altro triste precedente: l’incendio della fabbrica Ali Enterprises di Karachi nel 2012, il peggior incendio nella storia dell’industria tessile globale. Morirono oltre 250 operai. Anche questo accordo ha vinto grazie a una forte pressione di attivisti e sindacati.

Ecco dunque perché “il decennale del crollo del Rana Plaza offre la straordinaria opportunità di riflettere sull’efficacia degli accordi raggiunti – dice la coordinatrice della Campagna Abiti Puliti Deborah Lucchetti – per la protezione della vita delle lavoratrici tessili in Bangladesh e dal 2023 anche in Pakistan. Auspichiamo che le imprese italiane operanti in quei Paesi, decidano di aderire agli accordi, dimostrando di mettere in pratica condotte di impresa responsabili in grado di prevenire gli incidenti sul lavoro e costruire una vera cultura della sicurezza”.

Nel decennale del Rana Plaza vedrà infatti la luce la direttiva europea sulla Corporate Sustainability Due Diligence, ormai al termine del lungo processo negoziale. “Senza cedere a sin troppo facili valutazioni – conclude Lucchetti – non può sfuggire il fatto che la natura vincolante dell’Accordo sulla Sicurezza, nella sua originale articolazione tra obblighi per le imprese, meccanismi rimediali, apparato sanzionatorio e trasparenza, rappresenti il più efficace esempio di due diligence applicata ante litteram.

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Nella foto di copertina, l’edificio dopo il crollo. Nel testo, il palazzo prima del collasso. Entrambe le immagini sono tratte dalla relativa voce di Wikipedia

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