Morte e repressione in Perù

Almeno 40 le vittime fra i sostenitori dell'ex Presidente Castillo. Espulso l'ambasciatore del Meswsico, Evo Morales bandito per il sostegno alle proteste  

di Maurizio Sacchi

L‘ufficio del procuratore capo del Perù ha aperto un’inchiesta sul nuovo presidente Dina Boluarte e sui membri del suo gabinetto per i violenti scontri in cui almeno 40 persone sono state uccise e centinaia ferite dall’inizio di dicembre. L’inchiesta arriva dopo che lunedì almeno 17 persone sono state uccise nella Regione meridionale di Puno: la giornata di proteste più letale da quando l’ex presidente Pedro Castillo è stato spodestato e arrestato il mese scorso. Le violenze sono continuate martedì, con un agente di polizia morto nella sua auto dopo essere rimasto intrappolato all’interno quando questa è stata incendiata. L’ufficio del procuratore sta indagando su Boluarte, sul primo ministro Alberto Otarola, sul ministro della Difesa Jorge Chavez e sul ministro degli Interni Victor Rojas con l’accusa di “genocidio, omicidio qualificato e lesioni gravi”. L’ufficio del procuratore generale ha anche detto che indagherà sull’ex primo ministro Pedro Angulo e sull’ex ministro degli Interni Cesar Cervantes, entrambi al servizio di Boluarte per poche settimane, per la gestione delle proteste nei primi giorni dopo l’arresto di Castillo.

Le autorità peruviane hanno affermato che la maggior parte dello spargimento di sangue ha avuto luogo quando i manifestanti hanno cercato di prendere d’assalto l’aeroporto della città di Juliaca, che era presidiato dalle forze di sicurezza. Secondo un funzionario dell’ospedale di Juliaca, sono state uccise quattordici persone, molte delle quali hanno riportato ferite da arma da fuoco. Altre tre vittime si sono avute in altre aree rurali, dove Castillo gode del maggior appoggio popolare. Con queste morti, sale a 34 il bilancio ufficiale delle vittime nelle proteste, ma secondo osservatori locali e internazionali, si tratta di una cifra al ribasso.

Otarola ha imposto martedì un coprifuoco notturno a Puno, che durerà tre giorni e sarà attivo dalle 20 alle 4. I manifestanti della città sono tra i più convinti sostenitori di Castillo e sono arrabbiati per la sua sostituzione con Boluarte, nominato dal Congresso all’inizio di dicembre dopo la rimozione e l’arresto di Castillo. I dimostranti hanno chiesto le dimissioni del Presidente, elezioni anticipate e il rilascio di Castillo, che sta scontando 18 mesi di detenzione preventiva con l’accusa di “cospirazione” e “ribellione”.

I gruppi per i diritti umani accusato le autorità di aver usato armi da fuoco contro i manifestanti e di aver lanciato fumogeni dagli elicotteri. Martedì, Amnesty International ha esortato le autorità peruviane a porre fine a quello che ha definito “un uso non necessario e sproporzionato della forza” contro i civili dopo i morti nel sud del Paese. L’esercito si difende sostenendo che i manifestanti hanno usato armi ed esplosivi artigianali. “L’escalation di violenza in corso in Perù è inaccettabile, ha dichiarato in un comunicato Marina Navarro, direttore esecutivo di Amnesty International Perù. La repressione dello Stato contro i manifestanti e la perdita di vite umane stanno esacerbando la crisi”.

“Ribadiamo il nostro appello alle autorità per il completo rispetto dei diritti umani. Le forze di sicurezza devono rispettare gli standard internazionali sull’uso della forza. La popolazione non deve pagare il prezzo della crisi politica che il Paese sta attraversando”. Castillo era stato destituito dall’incarico il 7 dicembre, poco dopo aver annunciato l’intenzione di sciogliere “temporaneamente” il Congresso, dominato dall’opposizione, e di governare per decreto, in quello che aveva dichiarato essere uno sforzo per “ristabilire lo stato di diritto e la democrazia”.

La portavoce dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, Marta Hurtado, ha invitato le autorità peruviane a “svolgere indagini rapide, imparziali ed efficaci sui morti e i feriti, ritenendo i responsabili e assicurando alle vittime l’accesso alla giustizia e ai risarcimenti”. Il governo peruviano ha dichiarato di rispettare il diritto di protestare, ma di avere l’obbligo di proteggere la popolazione dai manifestanti violenti. La settimana scorsa, Boluarte ha accusato le proteste di “ritardi, dolori, perdite economiche” e ha esortato alla “pace, alla calma, all’unità per promuovere lo sviluppo della patria”.

Il Perù ha interdetto all’ex presidente della Bolivia Evo Morales, insieme ad altri otto boliviani non identificati, l’accesso nel suo territorio. Il ministero degli Interni del Perù afferma che negli ultimi mesi cittadini boliviani sono entrati nel Paese per svolgere attività politiche, violando le leggi sull’immigrazione e minando la sicurezza nazionale. Una decisione che Morales ha definito come un attacco volto a distrarre dalle violazioni dei diritti umani del Perù.

Il primo ministro del Perù Alberto Otarola ha accusato Morales di aver fomentato i disordini. “Stiamo osservando da vicino non solo l’atteggiamento di Morales, ma anche di coloro che lavorano con lui nel sud del Perù”, ha dichiarato ai giornalisti. “Sono stati molto attivi nel promuovere una situazione di crisi”. “Ora ci attaccano per distrarci e schivare le responsabilità per le gravi violazioni dei diritti umani dei nostri fratelli peruviani”, ha scritto su Twitter, aggiungendo che i conflitti politici non possono essere risolti con “espulsioni, divieti o repressione”. Morales, una delle figure di sinistra più importanti dell’America Latina, aveva sostenuto pubblicamente Castillo, criticando la sua esautorazione  e il successivo arresto come illegali.

Il Perù ha dichiarato l’ambasciatore del Messico a Lima “persona non grata” e gli ha ordinato di lasciare il Paese entro 72 ore. L’ordine è arrivato martedì dopo che l’ambasciatore messicano Pablo Monroy aveva annunciato che il suo Paese aveva concesso asilo alla famiglia di Pedro Castillo. Intanto Castillo rimane dietro le sbarre, in detenzione preventiva, per 18 mesi in attesa del processo.

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