Myanmar: il dossier che scotta nel Sudest asiatico

Il passaggio della presidenza Asean dal Brunei alla Cambogia rischia di compromettere la linea della fermezza dei Paesi dell'Asia sudorientale verso i golpisti birmani

Save the Children ha confermato ieri che due membri del suo staff sono stati uccisi nella strage birmana della vigilia di Natale attribuita ai militari di Tatmadaw e e che ha causato la morte di oltre 30 persone su un’autostrada nel Myanmar orientale. Carbonizzati i corpi delle vittime. Una situazione drammatica mentre l’Onu chiede «un’indagine approfondita e indipendente» ma soprattutto il «cessate il fuoco» e mentre crescono le preoccupazioni nel fronte anti giunta formatosi tra diverse nazioni del Sudest asiatico. 

di Emanuele Giordana

Sul fronte diplomatico asiatico le cose si complicano nei rapporti tra Naypyidaw e l’Asean, l’associazione regionale di dieci nazioni del Sudest asiatico di cui anche il Myanmar fa parte. La presidenza dell’Asean passa infatti nel 2022 nelle mani della Cambogia e dunque del suo uomo forte, il premier Hun Sen, da 34 anni al potere (a sinistra nell’immagine). La Cambogia fa parte di quel gruppo di nazioni del Sudest asiatico settentrionale (con Thailandia, Vietnam, Laos) apertamente autoritarie e che nei confronti del Myanmar non hanno espresso particolari condanne anche se hanno accettato e forse mal sopportato le recenti decisioni dei Paesi dell’area Sud (Malaysia, Filippine, Indonesia e Singapore) che, durante la presidenza del Brunei, hanno escluso il Myanmar dalle ultime riunioni dell’Associazione. Uno schiaffo mal digerito dai golpisti birmani.

Il primo ministro cambogiano ha già nominato inviato speciale per il Myanmar il suo ministro degli Esteri e vice premier Prak Sokhonn. Ma il problema vero è cosa farà lui stesso: a inizio dicembre il premier, che è anche presidente del Cambodian People’s Party, una sorta di partito unico di famiglia, ha detto di voler andare in Myanmar a incontrare la giunta. Rischia così di spezzare il fronte, finora abbastanza compatto, che si è opposto ai golpisti di febbraio.

Hun Sen ha appena fatto nominare suo successore il 24 dicembre scorso dal partito il figlio Hun Manet, un giovane generale dell’aviazione (nelle foto a destra) , garantendo dunque alla sua famiglia una sorta di avvicendamento dinastico che eguaglia quello di Norodom Sihamoni, un re opaco (figlio del grande Sihanuk) che vive all’ombra del premier. Ma questa è solo l’ultima tappa dell’avventura politica del settantenne primo ministro (che comunque intende ricandidarsi) che si è distinto in questi anni per aver eliminato sistematicamente tutti gli oppositori politici.

La polizia provinciale di Banteay Meanchey, nel nordovest del Paese, ha appena arrestato Sok Vel, ex membro del Cambodian National Rescue Party. il partito ormai fuorilegge cui apparteneva Sam Rainsy, l’oppositore più noto del regime che vive in esilio in Francia del 2015 e che è stato condannato in absentia a 25 anni di carcere.

In copertina le bandiere dell’Asean

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