Nicaragua, fuori legge anche i gesuiti

di Gianni Beretta

Non era bastato che la settimana scorsa la “papessa” come viene soprannominata in Nicaragua Rosario Murillo, Vicepresidente e consorte di Daniel Ortega (che ogni mezzogiorno apre con proseliti di fede i suoi farneticanti monologhi via radio alla nazione) avesse disposto la statalizzazione dell’Università Centroamericana (UCA) dei gesuiti. Ora è seguita nientemeno che la messa fuori legge della stessa Compagnia di Gesù, con relativo esproprio di immobili, residenze e confisca dei conti bancari.

Ci si aspetta dunque che vengano loro sottratti anche gli altri tre collegi medio-superiori. Con il rischio che gli 11 padri superstiti siano incarcerati o espulsi dal paese. Tanto che il rettore Rolando Alvarado, per le sue precarie condizioni di salute (ma anche per ragioni di sicurezza) ha dovuto andarsene. Come fu del resto lo scorso anno per il suo predecessore, José Idiáquéz, cui fu negato il rientro in Nicaragua da un viaggio. A parte la contestazione di presunte irregolarità amministrative, l’accusa formalizzata è quella di “terrorismo”, “tradimento alla patria” e “cospirazione contro l’integrità nazionale”. In riferimento alla protezione che l’ateneo assicurò ai propri studenti (e non solo) durante la sollevazione popolare dell’aprile/giugno 2018, ispirata proprio dagli universitari di tutto il paese e soffocata nel sangue con almeno 350 vittime.

Erano già 26 le università private, o pseudo tali, chiuse o nazionalizzate dal regime negli ultimi tre anni. Fino a che è toccato a quella storicamente più prestigiosa, fondata nel 1960 e sopravvissuta al devastante terremoto del ’72 e soprattutto alla repressione del dittatore Anastasio Somoza.
Durante gli anni ’80, pur mantenendo la propria autonomia, la UCA era sempre stata vicina al nuovo corso sandinista, oltre che alla Teologia della Liberazione latinoamericana, all’insegna di “fra cristianesimo e rivoluzione non c’è contraddizione”. Lo stesso ministro dell’istruzione, padre Fernando Cardenal, era gesuita. Successivamente sospeso a divinis (insieme agli altri tre preti-ministri del governo rivoluzionario) da papa Wojtyla dopo il suo contestato viaggio in Nicaragua del marzo ’83. Così come era gesuita il padre Xavier Gorostiaga, a lungo rettore della UCA agli inizi del duemila e che durante i primissimi anni ’80 fu considerato una sorta di messaggero tra il Fronte Sandinista e Washington.

E dire che lo stesso Daniel Ortega ne frequentò per sei mesi la facoltà di diritto nel lontano 1962, prima di integrarsi alla lotta clandestina. E che soprattutto nel luglio 1990 ricevette dall’allora rettore padre César Jerez il dottorato honoris causa “per la sua gestione come presidente della repubblica e il suo contributo alla pace e alla democrazia”, riferendosi all’ordinato passaggio di consegne alla nuova presidente Violeta Barrios dopo la traumatica sconfitta elettorale del febbraio precedente. D’altro canto la gran parte della classe dirigente sandinista si era formata in quel recinto universitario. Facendo poi la stessa fine: messa fuori legge, incarcerata e infine cacciata o costretta all’esilio. Con privazione della cittadinanza inclusa. Per non dimenticare infine che due degli stessi figli di Ortega/Murillo sono usciti da lì: come l’attuale direttore del Canale 8 tv Juan Carlos, nel 2004 dal corso di Comunicazione Sociale; o la loro nuora Blanca Diaz (figlia dell’attuale capo della polizia) laureatasi nel 2007 in economia. Insieme ad alcuni funzionari orteguisti.

Con l’università e tutte le sue infrastrutture è stato sequestrato pure l’Instituto Historico Centroamericano (IHCA) e il suo prezioso archivio. Mentre i religiosi hanno avuto appena il tempo di smantellare la cappella interna. La UCA di Managua godeva di importanti contributi pubblici che il regime ha via via azzerato. La gran parte dei suoi 5mila studenti usufruiva di borse di studio. E ora, insieme a 500 docenti e 200 amministrativi, non sanno cosa fare. Anche perché l’ateneo è stato immediatamente ribattezzato in Università Nazionale Casimiro Sotelo, da un giovane sandinista assassinato dai somozisti nel 1967 (che si starà rivoltando nella tomba). Ma non si capisce come potrà continuare a funzionare. Di qui il rischio di un ulteriore esodo dei giovani dal paese, iniziato in massa dopo la rivolta di cinque anni fa. Salvo non finire in galera come le tre corsiste fermate in questi giorni.

Dopo l’azzeramento di ogni forma di opposizione partitico/politica, la defenestrazione della Congregazione dei gesuiti e l’esproprio dell’ultimo baluardo della formazione accademica indipendente in Nicaragua non sono che l’ultimo atto persecutorio per azzerare ogni residuo di resistenza da parte della chiesa cattolica locale. Che aveva subito l’arresto (esattamente un anno fa) del vescovo Rolando Àlvarez. Fino alla sospensione  nel marzo scorso delle relazioni diplomatiche con la Santa Sede decisa dal presidente Ortega. Precedute dalla arbitraria chiusura di associazioni, comunità e radio cattoliche; e dalla cacciata dal paese di decine di sacerdoti e monache sia stranieri che nicaraguensi. Come successo ancora recentemente ai tre presbiteri recatisi al sinodo dei giovani a Lisbona, cui è stato impedito il rientro in Nicaragua.

La Compagnia di Gesù della Provincia Centroamericana ha emesso un comunicato segnalando “l’aggressione sistematica” sofferta dalla UCA di Managua dal 2018; e sottolineando che la congregazione non si lascerà intimidire dal regime. Mentre da Roma è arrivata la condanna e la solidarietà da parte del superiore generale, il venezuelano padre Arturo Sosa. Per papa Francesco, rimasto in silenzio forse per “conflitto di interessi” da primo pontefice gesuita quale è, si tratta di un vero e proprio sfregio. Evidentemente la coppia Ortega/Murillo ha voluto ripagarlo per il suo recente attributo di “dittatura comunista o hitleriana”, che aveva accompagnato con un cenno del capo come che fossero impazziti.

Di certo il Centroamerica è diventato per lui un gran dolor di testa, preoccupato pure per le sorti dell’altrettanto gesuitica UCA di El Salvador, apertamente critica verso la montante autocrazia del presidente Nayib Bukele. UCA che a sua volta si sta organizzando per accogliere gli studenti orfani di Managua che riuscissero a trasferirvisi. Il tutto mentre l’arcidiocesi di San Salvador ha appena annunciato l’avvio del processo di canonizzazione dei sei gesuiti della UCA assassinati dall’esercito nel novembre 1989 durante il conflitto con la guerriglia.

In copertina l’ingresso della UCA a Managua (Chenanhe – Own work). Nel testo uno scatto di Carlo Dani: la Casa Generalizia della Compagnia a Roma. Sotto: Daniel Ortega

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