Dossier/ Gli eserciti del Medio Oriente

Sono grandi investitori in armi, sono potenze che alla forza militare hanno sempre puntato. In questo dossier, analizziamo brevemente alcuni aspetti legati agli eserciti di quattro delle maggiori potenze del Medio Oriente: Iran, Iraq, Arabia Saudita e Turchia.

Iran: l'osservato speciale

Le forze armate dell’Iran sono costituite da tre branche: l’Esercito, le Guardie della Rivoluzione Islamica (vedi chi fa cosa) e le forze di polizia che sono a loro volta costituite dalle varie componenti operative. Tutte le branche sono sottoposte al Comando del quartier generale delle Forze armate.

Secondo l’Iiss (International Institute for Strategic Studies) l’esercito iraniano si compone di circa 523mila unità: 350mila nell’esercito regolare, circa 150mila nell’Islamic Revolutionary Guards Corps (Irgc) e almeno altri 20mila membri del personale di servizio nelle forze navali dell’Irgc. Questo gruppo gestisce una serie di motovedette armate nello Stretto di Hormuz, sede di numerosi scontri che coinvolgono petroliere battenti bandiera straniera nel 2019.

Per quanto riguarda l’equipaggiamento e le armi in possesso è complicato riportare, sia per l’Iran che per qualsiasi altro Stato, notizie certe. Un rapporto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (quindi non esattamente un alleato) descrive le forze missilistiche del Paese come le più grandi del Medio Oriente. Non è possibile fornire cifre precise, ma il Centro per gli studi strategici e internazionali con sede negli Stati Uniti afferma che l’Iran ha migliaia di missili di oltre una dozzina di tipi diversi. L’Iran possiede poi fino a 50 lanciatori di missili balistici a medio raggio e fino a 100 lanciatori di missili balistici a corto raggio, secondo l’Institute of Strategic Studies, un’organizzazione con sede nel Regno Unito.

“L’Iran ha una forza missilistica altamente sviluppata con armi di varie dimensioni”, afferma Jonathan Marcus, corrispondente della Difesa e diplomatico della Bbc. “Sono ragionevolmente precisi, ma non così accurati o affidabili come i sistemi occidentali avanzati.”

Tutto questo nonostante il valore delle importazioni della difesa iraniana tra il 2009 e il 2018 sia stato, secondo l’Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma, equivalente a solo il 3,5% delle importazioni dell’Arabia Saudita nello stesso periodo. La maggior parte delle importazioni iraniane proviene dalla Russia e il resto dalla Cina. Nonostante le sanzioni, l’Iran è stato anche in grado di sviluppare tecnologie per i droni. In Iraq i droni iraniani sono stati utilizzati dal 2016 e nel giugno 2019, l’Iran ha abbattuto un drone di sorveglianza degli Stati Uniti, sostenendo di aver violato lo spazio aereo iraniano sullo Stretto di Hormuz. Dopo un grave attacco informatico nel 2010 alle strutture nucleari iraniane, l’Iran ha poi intensificato le proprie capacità nello spazio cibernetico.

L'Iraq e i 4 eserciti

L’Iraq ha quattro principali forze di difesa di varie dimensioni e capacità: il servizio antiterrorismo, l’esercito iracheno, le forze popolari di mobilitazione e il Peshmerga curdo. L’esercito iracheno è di gran lunga la più grande di queste quattro forze: dispone di 300mila soldati e circa 17,3 miliardi di dollari di investimento nel 2019. Il servizio antiterrorismo è una divisione dell’esercito. Conta tra i dieci e i dodicimila dipendenti e il budget (800 milioni di dollari tra il 2018 e il 2019) dipende direttamente dal primo Ministro.

Le forze di mobilitazione popolari e Peshmerga curdi sono forze militari alternative a quelle strettamente statali. Mentre le forze popolari di mobilitazione, come il servizio antiterrorismo, riferiscono direttamente al primo Ministro, i Peshmerga fanno riferimento al governo regionale del Kurdistan, almeno sulla carta. La creazione del Peshmerga fu una chiara risposta alla repressione di Saddam Hussein nei confronti dei curdi in Iraq. I peshmerga sono una forza controversa e divisa perché risponde sia al partito democratico del Kurdistan che all’Unione patriottica del Kurdistan. Come forza militare, i Peshmerga quindi rimangono deboli a causa delle divisioni interne nonché dell’assenza di armamenti pesanti e di mezzi aerei.

Le forze popolari di mobilitazione sono un fenomeno più recente legato sia all’oppressione storica degli sciiti da parte delle forze di sicurezza irachene sotto Saddam Hussein sia al fallimento dell’esercito iracheno contro lo Stato islamico. Anche se sulla carta sono multi-confessionali questi combattenti provengono principalmente dagli sciiti a sud dell’Iraq e alcune delle formazioni chiave dell’organizzazione sono legate all’Iran. Nel complesso, secondo le opinioni di Sardar Aziz, attualmente consulente senior del parlamento del Kurdistan in Iraq e di Erwin van Veen ricercatore senior presso l’unità di ricerca sui conflitti di Clingendael, questa divisione rappresenta un problema serio per l’Iraq.

Da una parte si trova un esercito tradizionale che continua a “soffrire di basso morale, corruzione e debole capacità” mentre dall’altra le “le forze partigiane del paese – il curdo Peshmerga e le forze popolari di mobilitazione – sono fortemente motivate, ma con programmi strategici che sono partigiani e in parte legati alle influenze iraniane e turche e quindi in parte in contrasto con lo stato iracheno”. Inoltre “Le forze speciali, che sono capaci, motivate e allineate con lo stato, rimangono piccole e legate agli Stati Uniti”. Il risultato, quindi, secondo i due studiosi “è disunione di intenti, comando e controllo inadeguati e grandi rischi per la sicurezza interna ed esterna”.

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