Pericolo annessione

Il coronavirus non placa il conflitto tra Israele e Palestina: la situazione di Gaza e Cisgiordania, esposte a rischi non solo sanitari

Se serviva un’altra conferma del fatto che il coronavirus non ferma il conflitto, questa ci arriva da Israele e Palestina. Il premier, Benyamin Netanyahu, secondo fonti di stampa locale, è intenzionato ad annettere, in tempi brevi, la Valle del Giordano e gli insediamenti ebraici, così come previsto dal piano presentato da Donald Trump nel gennaio 2020. Pare infatti che il 6 aprile Netanyahu e Gantz abbiano raggiunto un accordo decisivo per annettere entro due mesi e mezzo parti della Cisgiordania occupata palestinese. L’idea, scrive il quotidiano Haaretz, è di presentare il piano al governo dopo aver ricevuto l’ok dagli Stati Uniti. A quel punto la bozza di annessione passerebbe al parlamento israeliano per ottenere la maggioranza. “Spingere per l’annessione adesso – scrive Evan Gottesman in un articolo apparso sul quotidiano Haaretz e tradotto da AssopacePalestina – come sembrano intenzionati a fare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu ed il Ministro della Difesa in carica Naftali Bennett durante le loro discussioni sulla coalizione di governo, vorrebbe dire veramente giocare con il fuoco per quanto riguarda la solidità dell’Autorità Palestinese e la sicurezza di Israele”.

Benjamin Netanyahu

Intanto le attività di demolizione delle autorità israeliane si sono interrotte, ma solo parzialmente e il lancio, la scorsa settimana, di un razzo da Gaza a cui è seguita una violenta risposta militare da parte di Israele, ha chiarito che il virus non ha placato gli animi e le ragioni del conflitto. Per i palestinesi il 30 marzo 2018 fu l’inizio di un periodo intenso di rivendicazioni, partite dal giorno dalla Marcia del Ritorno, l’anniversario dell’esproprio delle terre arabe per creare lo Stato di Israele nel 1948. Le manifestazioni, che sono proseguite ogni venerdì, sono state per il momento cancellate. Gli osservatori rilevano quindi che leader israeliani come Netanyahu e Bennett potrebbero valutare che questo sia un momento opportuno per l’annessione dei territori della Cisgiordania.

Dal punto di vista sanitario il diritto internazionale chiarisce le responsabilità che Israele ha nei confronti dei palestinesi. Come ricordato da Osservatorio Diritti l’articolo 56 della Quarta Convezione di Ginevra stabilisce che il governo israeliano, in quanto potenza occupante abbia la responsabilità di garantire l’assistenza sanitaria necessaria ai palestinesi della Cisgiordania, di Gerusalemme Est e della Striscia di Gaza. “Il diritto alla dignità umana – ha dichiarato Michael Lynk, relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi – richiede che tutte le persone sotto l’autorità israeliana godano della parità nell’accesso al trattamento e ai servizi sanitari”.

Benny Gantz

L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento dell’assistenza umanitaria (Ocha) ha annunciato che il piano per contrastare il coronavirus richiede 34milioni di dollari per prevenire l’ulteriore diffusione del virus nei Territori palestinesi occupati. “La Cisgiordania e Gerusalemme occupata comprendono i gruppi più vulnerabili, le cui condizioni possono richiedere cure mediche estese, compresi gli anziani, le persone che soffrono di ipertensione, malattie polmonari, insufficienza renale, malattie cardiovascolari e diabete”, ha spiegato l’Ocha. L’Unrwa ha poi lanciato un appello indipendente urgente, richiedendo 14 milioni di dollari per coprire gli interventi Covid-19 nelle sue cinque aree operative.

A Gaza il coronavirus si sommerebbe ad una situazione già disperata. La disoccupazione giovanile al 70% e quasi l’80% della popolazione che dipende in maniera diretta dagli aiuti umanitari. Gli abitanti convivono con la cronica mancanza di acqua potabile e con continui blackout elettrici. Secondo l’associazione israeliana Physicians for Human Rights – Israel (Phri), in tutta la Striscia di Gaza ci sarebbero solo 70 posti letto in terapia intensiva, per una popolazione di circa due milioni di persone. La Striscia di Gaza è, come noto, uno dei luoghi più densamente popolati al mondo, con più di 4.500 abitanti per km². A causa della Pandemia, l’Unrwa, agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha annunciato che la consegna degli aiuti umanitari sarà sospesa finché non si troverà una modalità di erogazione sicura per gli abitanti e per gli operatori. Le autorità di Hamas hanno intanto imposto la chiusura di scuole, ristoranti e il divieto di grandi raduni, compresa la preghiera del venerdì.

I problemi non mancano nemmeno in Cisgiordania. Sono infatti quasi 100mila i palestinesi che si recano quotidianamente in Israele per ragioni lavorative, i cui salari rappresentano circa il 14% del Pil totale della Cisgiordania. La situazione economica palestinese è già profondamente compromessa e potrebbe subire un’ulteriore batosta: nel 2019, Ramallah non è stata in grado di pagare completamente gli impiegati statali per diversi mesi. Evan Gottesman sul quotidiano Haaretz ha sottolineato che “lasciare a casa i lavoratori palestinesi ospiti potrebbe essere un imperativo per la salute pubblica di Israeliani e Palestinesi nel periodo del coronavirus, ma potrebbe devastare l’economia della Cisgiordania, che è pesantemente basata sulle rimesse di questi lavoratori”. Circa la metà dei 100mila lavoratori si trovano a dover rimanere nelle proprie abitazioni per limitare i contagi, senza indennizzi né retribuzione. Tanti anche i lavoratori palestinesi respinti nei check point dalle autorità israeliane a causa di sintomi influenzali reali o presunti. Il 22 marzo il primo ministro palestinese Mohammed Shtayyeh ha ordinato a migliaia di lavoratori di tornare da Israele a causa del rischio contagio e dei maltrattamenti denunciati da molti dipendenti.

*In copertina un’immagine tratta dall’appello di richiesta urgente di aiuto per l’emergenza a Gaza pubblicato da Invicta Palestina

di Red/Al.Pi.

#NoiRestiamoaCasa

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