Putin, Merkel e i gay della Cecenia

di Ilario Pedrini

Vladimir Putin parla in modo diretto. Lo fa in favore di telecamera e lo fa in un modo che cattura l’attenzione dei media internazionali e l’interesse di una platea che magari di politica estera capisce poco ma che certi ragionamenti non fa fatica a coglierli. Il messaggio lanciato anche questa volta, a Sochi in occasione della conferenza stampa congiunta con Angela Merkel, arriva a destinazione. Parlando della «questione cecena e di quella ucraina» Putin ha detto alla cancelliera tedesca Angela Merkel che come la Russia «non interviene negli affari interni di altri Paesi»: sarebbe il caso che gli altri «non s’intromettessero» nella vita politica interna russa.

Sono passati i tempi delle imposizioni muscolari del gigante sovietico ma l’atteggiamento del presidente è quello della superpotenza che alza i toni. Sull’Ucraina Frau Merkel aveva detto che «vorrebbe che ci fossero le condizioni per togliere le sanzioni» alla Russia. Come dire che non ci sono e che quindi si va avanti così. In merito al capitolo Cecenia la leader tedesca ha puntato il dito sulla questione dei diritti civili: ha chiesto al presidente russo di «proteggere i diritti dei gay in Cecenia», dopo la denuncia di Novaya Gazeta.

L’ampio servizio del settimanale è rimbalzato sulla stampa estera. «Contro di noi è stata indetta una fatwa». Con queste parole – riporta il Fatto Quotidiano – il settimanale ha denunciato di aver subito un attacco per un’inchiesta pubblicata sulle violenze ai gay commesse in «campi di prigionia» in Cecenia.  A Grozny, capitale della Repubblica cecena, il 3 aprile scorso si è tenuta una riunione di 24 leader religiosi e oltre 15mila fedeli in cui è stata decisa una «risoluzione che considera un “insulto” alla secolare cultura cecena e alla “dignità dei suoi abitanti” l’articolo che ha rivelato prigioni segrete e diversi casi di tortura sugli omosessuali.

In questo incontro è stato deciso che ci sarà una “vendetta” contro gli autori dell’inchiesta giornalistica, “dovunque essi si trovino”». Il caso in Italia è stato raccontato in esclusiva sull’Huffington Post dalla giornalista, Elena Milashina, autrice dell’articolo che ha rivelato «l’inferno di torture» avvenute in Cecenia parlando di almeno «50 morti per le purghe contro gli omosessuali». È una guerra interna fatta di pressioni su chi racconta i fatti ed una guerra esterna, dove sono in gioco diversi interessi e dove la questione della difesa dei gay (oggetto di violenze) diventa anche l’occasione per puntare i riflettori e per attaccare gli avversari.

«La Russia non interferisce nei processi politici interni di altri Paesi, ma subisce lei stessa tali tentativi. Ci piacerebbe che nessuno interferisse nella nostra vita politica e nella vita politica interna – ha dichiarato Putin – Sfortunatamente, stiamo assistendo esattamente all’opposto: da molti anni abbiamo visto tentativi di influenzare i processi politici nazionali in Russia, sia diretti sia attraverso le cosiddette organizzazioni non governative (…) Per il fatto che vediamo tutto il danno che questi sforzi portano, oltre che la loro inutilità, non ci è mai capitato di interferire nei processi politici di altri Paesi». Vladimir Putin e Angela Merkel hanno anche affrontato il tema delle proteste in Russia – riassume l’Ansa – e il presidente russo ha sottolineato che la reazione delle forze dell’ordine è stata «più moderata e liberale» che in alcuni Paesi. E, come sempre, i termini «moderato» e «liberale» cambiano di portata a seconda della latitudine e del tipo di interesse in gioco.

 

 

 

 

 

foto tratta da http://www.newsweek.com/vladimir-putin-angela-merkel-bashar-assad-424144

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