Lo strano volo nella notte del lockdown

Prove tecniche a Pisa per un nuovo rivoluzionario velivolo a pilotaggio remoto per controllo e  sorveglianza? Un'inchiesta dell'Atlante

L’inchiesta che pubblichiamo oggi era già pronta in maggio quando il nostro collaboratore aveva dato una risposta alle domande suscitate da uno strano volo notturno avvenuto a Pisa a metà aprile. L’Atlante delle guerre è un magazine (cartaceo e online) che segue i conflitti ma non è una rivista specializzata sull’armamentario tecnologico che svolge servizi sia civili sia militari, questi ultimi purtroppo vera base in molti casi della ricerca e dell’innovazione. Se pubblichiamo questo testo oggi, alla vigilia del 2 giugno, è per il valore per noi fondamentale del giornalismo investigativo soprattutto se cerca di rispondere alla domanda: perché ? A cosa serve? Il lettore tirerà le sue conclusioni. Le nostre sono note, come si può notare dallo spazio che abbiamo dato in questi giorni alle iniziative volte a tagliare, fermare o riconvertire la spesa militare. Sanità, tecnologia, innovazione, istruzione, ricerca scientifica. Tutto purché a scopo civile. Tutto purché si finanzi la pace e non la guerra.

L’aeroporto di Pisa: Credit: Japs88

di Alessandro De Pascale

Il 15 e 16 aprile scorsi, nell’area di Pisa, persone con competenze nel campo dell’aeronautica e dei droni, hanno osservato nel cielo, nella stessa fascia oraria (tra le 21:30 e le 22:30), un particolare velivolo. Emetteva un leggero rumore simile a quello dei soffiatori per la pulizia delle strade e dei giardini. Nulla a che vedere, rispetto al rombo assordante degli aerei o al frastuono della rotazione delle pale degli elicotteri. Sulla base della posizione delle specifiche luci di navigazione (bianca centrale, verde e rossa ai lati), era un apparecchio ad ala fissa, come i tradizionali aerei. Ma a differenza di questi ultimi poteva stazionare nell’aria a velocità nulla e quota costante, in hovering (termine inglese che indica il volo a punto fisso).

Con l’aiuto di Google Maps, abbiamo potuto effettuare una approssimativa triangolazione, per cercare di stabilire il punto in cui volava. Determinato rapidamente, nella perimetrale dell’aeroporto di Pisa. Quantomeno inusuale è apparsa la presenza di un normale drone impegnato in una missione di sorveglianza con la scarsa luce della sera e in una zona di campi coltivati poco urbanizzata e abitata. Ideale però, per un eventuale test di volo: nel caso in cui qualcosa fosse andato storto, il recupero dell’apparecchio sarebbe avvenuto facilmente, peraltro senza rischiare di provocare grandi danni.

Hovering sul “nulla”

In sintesi, almeno per le due sere consecutive a noi note, si è potuto osservare un velivolo in hovering per circa 60 minuti, praticamente sul nulla, mentre la notte stava per arrivare. Dalle sue caratteristiche costruttive (ad ala fissa) e di volo (stazionamento in aria), quello osservato nei cieli di Pisa il 15 e 16 aprile era sicuramente un apparecchio tecnicamente in grado di combinare la flessibilità dell’elicottero (decollo e atterraggio verticale e possibilità di restare fermo in un punto) alle prestazioni dell’aereo (elevata velocità di crociera e volo ad alta quota su lunghe distanze, sopra le nuvole e le perturbazioni atmosferiche).

Per l’aeronautica mondiale è un sogno diventato realtà già da qualche anno, grazie all’invenzione del convertiplano: un apparecchio ad ala fissa che vola come un normale aeroplano, ma con la particolarità unica di poter ruotare i motori ad elica posizionati sulle ali per convertirsi in elicottero. E viceversa. Un velivolo nuovo, definito dagli addetti ai lavori «tra le innovazioni tecnologiche più significative dell’attuale panorama aeronautico mondiale». Ancor di più per quello degli apparecchi senza pilota, essendo in grado decollare da un parcheggio o una normale nave in mezzo al mare, per andare velocemente a osservare a lungo o addirittura colpire un obiettivo a un migliaio di chilometri di distanza.

Evoluzione tecnologica

L’idea del convertiplano, in realtà, non è per nulla nuova. La questione, semmai, è quanto ci sia voluto per trasformarla in un velivolo affidabile, da poter vendere e far usare. A lavorare e investire denaro, in quello che potremmo chiamare “sogno italoamericano”, l’italiana AgustaWestland (di proprietà dell’ex colosso statale Finmeccanica che nel 2016 dopo una serie di scandali corruttivi si è rifatta il trucco diventando l’immaginifica Leonardo) e la statunitense Bell Helicopter Textron (industria texana specializzata nella produzione di elicotteri, innanzitutto per l’esercito Usa).

Il primo convertiplano al mondo ad entrare in esercizio è stato il V-22 Osprey (Falco Pescatore): 25 anni di sviluppo a un prezzo altissimo, sia in termini economici (49 milioni di dollari iniziali, lievitati a 119 nel 2007), sia di vite umane (30 morti tra civili e militari, con diversi apparecchi precipitati). Prodotto dai colossi a stelle e strisce Bell-Boeing, il V-22 è un velivolo militare per il trasporto truppe e rifornimenti, quindi di medie dimensioni (quasi 27,5 tonnellate di peso massimo al decollo), che può viaggiare a 509 Km/h e con 1.650 chilometri di autonomia.

370 km/ora a 4mila metri

Nel 2002, sfruttando quella tecnologia che allora specificavano «appartiene a una sola azienda, Bell», il costruttore Usa ha sviluppato anche un piccolo convertiplano elettrico senza pilota, alimentato da un generatore diesel e pesante circa una tonnellata, chiamato TR918 Eagle Eye (Occhio d’Aquila). In grado di viaggiare a «370 km/h ad altitudini superiori a 4.200 metri», nonostante quell’anno avesse «già completato con successo oltre 90 ore di volo», un contratto con la US Navy, l’interesse mostrato dalla Guardia Costiera Usa e il tentativo di venderlo ai governi europei, alla fine non è mai entrato in produzione. Restando quindi un dimostratore di tecnologia, un pezzo da museo tuttora assente dal catalogo della Bell. Anche se entro il 2023 intende riprovarci mettendo in produzione il molto simile, per grandezza e prestazioni, V-247 Vigilant: 500 Km/h, 7.600 metri di altitudine e un raggio di combattimento di 830 chilometri.

Arriviamo così ai 2 convertiplano civili italiani del colosso statale Leonardo, principale azienda industriale nazionale e tra le prime 10 società al mondo attive nei comparti aerospazio, difesa e sicurezza. Il primo è l’AW609, un velivolo di classe medio-leggera da 8 tonnellate di peso massimo al decollo, velocità di crociera di 510 Km/h, 7.620 metri di altitudine massima e 1.390 chilometri di autonomia. Nato a partire da un progetto comune con la statunitense Bell, nel 2011 il programma è diventato interamente di proprietà di AgustaWestland, condividendo le rivoluzionarie tecnologie del V-22 Osprey. Al pari di quest’ultimo, anche lo sviluppo dell’AW609 non è stato esente da incidenti: nel 2015, durante una delle prove richieste per la certificazione, un prototipo si è disintegrato in aria dopo 27 minuti di volo, precipitando in provincia di Vercelli e uccidendo i 2 piloti collaudatori.

Project Zero

Il secondo è invece un dimostratore tecnologico a pilotaggio remoto, chiamato Project Zero (nome che a quanto pare richiama la volontà di voler fare tabula rasa delle conoscenze fino ad allora acquisite). L’AW1038_Project Zero è un velivolo sperimentale da 1 tonnellata, nonché l’unico convertiplano esistente totalmente elettrico, con due rotori integrati direttamente nelle ali e dalla caratteristica forma a V della coda. Inventato nel 2010 da James Wang, docente in progettazione di veicoli aerospaziali alla Nanyang Technological University di Singapore, nonché vicepresidente Ricerca e Tecnologia dell’allora AgustaWestland (oggi come detto Leonardo), è stato progettato, costruito e testato in appena un anno. Vi hanno partecipato 16 aziende in 3 continenti, tra consociate dell’allora Finmeccanica, partner internazionali ed enti di ricerca. L’ufficio stampa della sezione Elicotteri di Leonardo ricorda che già «nel giugno 2011 ha effettuato il primo volo vincolato» dal piazzale dello stabilimento italiano dell’allora AgustaWestland di Cascina Costa, situato di fianco all’aeroporto di Malpensa (nel varesotto), «volando segretamente altre volte nel 2011 e 2012 (…), senza vincoli, all’interno di un’area protetta». Fino a quando, ottenuta la registrazione del brevetto in Europa, Usa, Cina, Corea del Sud e Giappone, l’azienda italiana lo ha presentato pubblicamente il 5 marzo 2013.

Per l’autorevole rivista militare polacca Defence24, questo progetto totalmente autofinanziato dal gruppo italiano «dimostra che le soluzioni europee possono competere con quelle americane, nonostante l’impiego molto minore di fondi» (28 marzo 2013). Mentre per la stampa di settore statunitense, quel giorno AgustaWestland «ha sbalordito il mondo» con un velivolo che «sembra diverso da qualsiasi altro aeromobile precedente» (come scritto il 1 maggio 2013 sul portale online Electric VTOL News della Vertical Flight Society). Da allora, l’AW1038_Project Zero è stato esposto nei principali saloni aeronautici mondiali, ricevendo diversi premi e arrivando alla sua terza versione. Poi più nulla, almeno ufficialmente, tanto che non ricevendone più notizia da anni, la scheda del velivolo presente su Electric VTOL News è stata aggiornata con la dicitura «defunto» di fianco al titolo.

Il nuovo motore creato a Modena

Del resto, quel dimostratore si è scontrato con un limite tecnologico di non poco conto: la ridotta autonomia garantita dalle batterie. In altre parole, come scriveva nel 2017 la rivista specializzata Usa HeliOps scontava «il breve tempo di volo (…) inferiore ai 10 minuti». Una durata che rendeva impossibile anche solo immaginare di trasformarlo in un prototipo. Che la ridotta autonomia dell’AW1038_Project Zero fosse un problema, gli sviluppatori del velivolo lo sapevano fin dall’inizio, tanto da aver da subito ipotizzato l’installazione a bordo di un motore ibrido elettrico-diesel. La Oral Engineering, azienda modenese specializzata nella ricerca, progettazione, realizzazione e sviluppo di motori da corsa, conferma oggi di aver «realizzato nel 2011 nell’ambito di Project Zero un motore da 2.000 di cilindrata e all’incirca 150 cavalli di potenza». Di cui finora, al mondo non sarebbe mai stata data notizia.

Così facendo, l’autonomia dipenderebbe unicamente «dal serbatoio» scelto, avvicinando le prestazioni a quelle progettuali previste. Il brevetto registrato rivela del resto che, risolta questa criticità, l’AW1038 potrebbe viaggiare «ad una velocità di crociera di 500 Km/h (…) e ad un’altezza di 7.500 metri, circa il doppio di quella di un elicottero, che gli consentirebbe di volare sopra la maggior parte delle formazioni nuvolose e delle perturbazioni atmosferiche». Prestazioni analoghe a quelle di un drone militare da ricognizione e attacco, come lo statunitense V-247 Vigilant della Bell.

A questo punto, sulla base di una serie di elementi, una domanda sorge spontanea: il velivolo osservato in hovering per circa un’ora il 15 e 16 aprile, potrebbe essere una nuova versione dell’AW1038_Project Zero, dotato in questi anni di assenza dalle scene del già inizialmente ipotizzato sistema ibrido diesel-elettrico e diventato così un nuovo prototipo da poter testare segretamente in volo? Così da avere un competitor del V-247 Vigilant. Leonardo conferma che quel suo dimostratore tecnologico si trova da diverso tempo proprio a Pisa, dove il colosso statale del settore aerospazio e difesa ha inaugurato il 15 febbraio 2019 un nuovo stabilimento dedicato proprio allo sviluppo e alla produzione di velivoli senza pilota. Ma smentisce che il 15 e 16 aprile, qualsiasi suo «prodotto o dimostratore tecnologico» con quelle caratteristiche, «convertiplano/unmanned (senza pilota, ndr)», abbia volato a Pisa.

Volo durante il Lockdown

Chiunque sia stato a volare a Pisa in pieno lockdown, il momento scelto non sembra essere per nulla casuale. A causa delle restrizioni per l’emergenza Covid-19, come sappiamo, poca gente poteva uscire di casa, ancora meno al calar del sole, potendo notare, men che mai al buio, un velivolo in volo su dei campi. Persino la normale produzione dello stabilimento Leonardo a Pisa risultava ferma a causa del lockdown. Infine, pur volendo ottenere maggiori informazioni dagli organi preposti, sempre a causa del nuovo Coronavirus, a partire dal 18 marzo il governo ha sospeso il diritto per i cittadini di accedere ai dati e alle informazioni detenute dagli enti pubblici (la versione italiana dello statunitense Freedom of Information Act, in acronimo Foia, approvato nel 2016 per garantire a qualsiasi cittadino l’accesso agli atti amministrativi).

Insomma, quale momento migliore per testare in volo un nuovo apparecchio da tenere il più possibile riservato e lontano da occhi indiscreti, che può decollare anche dal parcheggio di un’azienda? Un nuovo velivolo a pilotaggio remoto, rivoluzionario per l’ambito aeronautico, che di questi tempi di sempre maggiore interesse per il volo verticale, il controllo e la sorveglianza, anche da parte del settore civile, potrebbe ottenere un buon e rapido successo commerciale. Possibilità, questa, ad oggi come detto ufficialmente smentita da Leonardo. Resta così il dubbio su cosa volasse quelle sere nei pressi dell’aeroporto di Pisa. Dove, è bene ricordare per dovere di cronaca, fin dal lontano 1951 è presente anche la nota base militare statunitense di Camp Darby, in cui è custodito il più grande arsenale Usa all’estero. Ben chiare sono invece le potenzialità che un velivolo del genere avrebbe in ambito governativo, nel campo militare o anche in quello della sorveglianza a scopo civile.

In copertina Il Bell V22 Osprey (copyright Wikipedia CC 2.0).

Nel testo: Il Bell TR911X Eagle Eye esposto al Patuxent River Naval Air Museum (copyright Wikipedia CC SA 3.0); Il Bell V-247 Vigilant dalla scheda tecnica dell’azienda; Lo schema rotori del Project Zero presente nel brevetto;  prototipo del Project Zero esposto nel 2013 al Paris Air Show (copyright Wikipedia CC SA 3.0)

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