Ucraina, due anni di invasione. Il Punto

Tanti i fronti internazionali aperti allo stesso tempo che distraggono gli alleati di Kiev e li costringono a riposizionarsi

di Raffaele Crocco

I due anni dall’invasione sono arrivati. Da 24 mesi l’Ucraina resiste all’invasione russa e la guerra sembra non aver fine. Diventata uno dei campi di confronto fra “filomaericani” e “antagonisti” per il controllo commerciale e strategico del Pianeta, la guerra continua a colpire i civili, come ogni guerra moderna. Continua la fuga di chi si trova sulla linea del fronte e, dicono i vertici Ucraini, dopo i recenti bombardamenti russi, più di metà della popolazione del Paese vive di fatto senza energia elettrica: il risultato sono il freddo e la fame.

Condizioni che sembrano non indebolire la voglia di resistere. Un recente sondaggio, mostra che almeno il 60% degli ucraini e totalmente contrario a porre fine alla guerra prima di aver riconquistato i territori perduti. Una prospettiva, questa, che sul piano militare appare improbabile. A Zaporizhzhia, l’alto comandante ucraino Oleksandr Tarnavsky, ha dichiarato che la Russia sta lanciando attacchi multipli vicino al villaggio di Robotyne. E’ uno dei pochi luoghi in cui Kiev era riuscita a riguadagnare terreno durante la controffensiva. Inoltre, le forze armate del Cremlino hanno segnato un importante punto a favore, conquistando la cittadina di Avdiivka e costringendo gli ucraini ad una ritirata definita “disordinata e drammatica” dagli osservatori.

È la vittoria russa più importante dai tempi della presa di Bakhmut nel maggio 2023. Immediato l’appello lanciato dal presidente ucraino Zelensky agli alleati internazionali. «La situazione in Ucraina – ha detto – sta diventando drammatica. I russi stanno attaccando in diverse direzioni e forse è già troppo tardi». Alle forze armate ucraine servono armi, sempre più difficili da ottenere. Lo ha spalleggiato da Bruxelles il ministro degli Esteri polacco, Radek Sikorski. Ha chiesto ai colleghi dell’Unione Europea di decidere rapidamente sulle forniture di munizioni. Rifornimenti essenziali, dicono dall’alto comando ucraino, ma sempre più difficili da avere. Le ragioni sono principalmente due, secondo gli osservatori: la stanchezza che inizia a serpeggiare fra chi in questa guerra è coinvolto, cioè i Paesi Europei e gli Stati Uniti e gli arsenali che nel frattempo si sono svuotati, mettendo sotto pressione la produzione.

Vi è poi, la realtà complessa che è andata a comporsi negli ultimi mesi, con l’apertura di troppi fronti di confronto internazionale. Fronti che distraggono gli alleati di Kiev e li costringono a riposizionarsi. Secondo gli analisti dei servizi segreti statunitensi, la Russia sarebbe anche in procinto di lanciare un’arma nucleare nello spazio. Lo potrebbe fare entro quest’anno, creando un precedente assolutamente pericoloso. Gli alleati di Washington sarebbero stati tutti allertati. A scriverlo è il New York Times, che cita fonti dell’intelligence statunitense. Il quotidiano parla di briefing avvenuti in questi giorni con gli alleati europei e asiatici, sostenendo come gli analisti stiano valutando anche l’opzione del lancio in orbita, in realtà, di un’arma “finta” e innocua, per costringere l’Occidente ad interrogarsi sulle sue capacità.

Un’ipotesi comunque inquietante, che dà il segno preciso di come lo scontro non sia ormai solo regionale. Nel Vicino Oriente, l’escalation di violenza e morte è sotto gli occhi tutti. Il governo israeliano continua il massacro a Gaza, dichiarando di voler proseguire le operazioni militari sino alla vittoria. Difficile capire i contorni di questa vittoria, che sembrano ormai andare ben oltre la teorica sconfitta di Hamas. Lo sa tragicamente bene il milione e mezzo di esseri umani ammassati a Rafah City, città a sud della Striscia, messa nel mirino dalle forze armate di Tel Aviv. Non arrivano aiuti, non arriva cibo, arrivano bombe e minacce, che lasciano immaginare – per la sopravvivenza – solo una fuga massiccia verso l’Egitto, fuori dalla Striscia, che tornerebbe israeliana.

L’obiettivo del governo Netanyahu appare sempre più questo: l’espulsione definitiva dei palestinesi dalla loro terra. Lo dimostrano gli attacchi, tenuti sotto silenzio o quasi dalla stampa internazionale, che i palestinesi stanno subendo anche in Cisgiordania, per mano dei coloni israeliani. Lo conferma anche la volontà del premier israeliano di allargare il conflitto. «Forse sarà necessaria un’operazione militare al nord», ha detto due giorni fa, riferendosi allo scontro con gli Hezbollah in Libano. Un’aggressività che continua trovare sponda nell’atteggiamento degli Stati Uniti. Washington continua a pieno appoggio all’opzione “due popoli, due stati”, ritenendola l’unica valida per l’area e riafferma il diritto ad una terra per i palestinesi. Mentre lo dice, però, alle Nazioni Unite pone il veto alla risoluzione del Consiglio di sicurezza sul cessate il fuoco immediato a Gaza.

Ambiguità che hanno il profumo del calcolo opportunistico e strategico, lontanissimo da ogni parvenza di diritto umano e internazionale. Così, lo scontro prosegue anche nel Mar Rosso. Gli Houthi yemeniti, filopalestinesi e sostenuti dall’Iran, continuano con i loro attacchi. All’inizio della settimana hanno colpito con missili una nave commerciale britannica, battente bandiera del Belize. L’equipaggio è stato fatto evacuare su una nave vicina. Ora, anche l’Unione Europea è scesa in campo, approvando l’operazione militare navale “Aspides”. Saranno navi schierate a difesa del commercio e del “libero transito”, hanno detto i ministri degli Esteri dell’Unione. A comandarla saranno gli italiani

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