Come anticipato dalla stampa americana, Washington fornirà bombe a grappolo (cluster bomb) all’Ucraina, nonostante i rischi per la popolazione civile. Lo ha confermato oggi nella capitale americana il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan in un briefing alla Casa Bianca, sostenendo che la fornitura di queste munizioni “è la cosa giusta da fare ora” anche se, ha aggiunto “riconosciamo che le munizioni a grappolo creano rischi per i civili e questo è il motivo per cui è stata posticipata la decisione il più possibile”.
La decisione avviene però proprio mentre ieri è stato pubblicato un nuovo rapporto di Human Right Watch che dice che una nuova inchiesta dei suoi ricercatori ha documentato “gli attacchi con razzi ucraini, armati con munizioni a grappolo, sulle aree controllate dalla Russia dentro e intorno alla città di Izium, nell’Ucraina orientale”, attacchi che “durante il 2022 hanno causato molte vittime tra i civili ucraini”. Non si tratta quindi dell’uso delle cluster già documentato durante la cosiddetta “guerra del Donbass” ma di un uso recente, certificato per altro dal fatto che Kiev continua a chiederne di nuove, in particolare dagli Stati Uniti (vedi l’articolo di R. Crocco uscito stamattina). Hrw reitera che Russi e Ucraini “dovrebbero smettere di usare queste armi intrinsecamente indiscriminate e nessun Paese dovrebbe fornire munizioni a grappolo a causa del loro prevedibile pericolo per i civili”.
La Convention on Cluster Munitions – queste bombe micidiali che liberano decine di bombette molte delle quali restano inesplose per anni – è entrata in vigore nel 2010 e vieta l’uso, la produzione e lo stoccaggio di munizioni a grappolo nei 123 Stati che ne sono parte e firmatari. Stati Uniti, Russia e Ucraina non hanno però mai firmato il Trattato e le evidenze raccolte dimostrano che combattenti sia russi sia ucraini le hanno già utilizzate sul campo di battaglia.
“Che le cluster fossero state usate anche dagli Ucraini era cosa nota anche perché continuano a richiederle – dice Giuseppe Schiavello della Campagna italiana contro le mine – e la nostra valutazione peraltro è sempre la stessa: il prezzo più alto di questi ordigni lo pagano i civili e l’augurio è sempre stato che Kiev sottoscrivesse il Trattato. Quel che è però persino più grave sarebbe l’uso di mine antipersona e antiveicolo, sull’uso delle quali l’Ucraina è invece tra coloro che ne hanno firmato la messa al bando, dichiarando quante ne hanno ancora stoccate. Ora si tratta di vedere cosa dirà l’indagine che assicurano di voler condurre”.
Schiavello fa riferimento a una notizia di qualche giorno fa quando il 21 giugno, durante una riunione a Ginevra dei membri del Trattato di messa al bando delle mine – questo sì sottoscritto da Kiev –, il governo ucraino ha risposto, dopo quasi cinque mesi, alle accuse che diversi gruppi (tra cui la stessa Hrw) hanno mosso alle forze ucraine che avrebbero utilizzato mine nelle operazioni di riconquista dei territori occupati dai Russi. Kiev si è impegnata a indagare sull’apparente uso delle mine da parte dei suoi militari. “Un’indagine tempestiva, trasparente e approfondita – ha commentato Hrw – potrebbe avere benefici di vasta portata per gli ucraini sia ora che per le generazioni future”.
(Red/Est/E.G.)
In copertina una cluster inesplosa