“I Paesi ricchi paghino per salvare l’Amazzonia”

Il vertice sul grande polmone verde del pianeta in Brasile a Belém Do Pará

di Maurizio Sacchi

L’8 e il 9 agosto si è svolto il Vertice presidenziale dell’Amazzonia a Belém Do Pará, in Brasile, a cui hanno partecipato i leader di Brasile, Bolivia, Colombia, Guyana, Ecuador, Suriname e Venezuela. Nella dichiarazione finale congiunta, i Paesi amazzonici si sono uniti nella richiesta che i Paesi ricchi paghino per la conservazione delle foreste, riconoscendo una responsabilità storica per il cambiamento climatico – una richiesta a cui si sono uniti altri Paesi detentori della foresta pluviale, tra cui l’Indonesia, la Repubblica del Congo, e la Repubblica Democratica del Congo.

“Non è il Brasile che ha bisogno di soldi. Non è la Colombia che ha bisogno di soldi. Non è il Venezuela. È la natura [ad averne bisogno],  che lo sviluppo industriale ha inquinato per oltre 200 anni”, ha detto il Presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva ai giornalisti al termine del vertice. “Quindi (le nazioni sviluppate) ora devono pagare la loro parte per ripristinare una parte di ciò che hanno distrutto”. Ma le associazioni ambientaliste vedono deluse le aspettative di un obiettivo condiviso per il 2030 per eliminare la deforestazione, denunciando il fatto che  l’accordo raggiunto sia  privo di piani specifici per affrontare l’estrazione illegale dell’oro o di disposizioni per porre fine alle trivellazioni petrolifere nella regione.

Ma i passi avanti ci sono stati, anche prima del vertice. La deforestazione nell’Amazzonia brasiliana è diminuita di almeno il 60 percento  a luglio rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, come  ha dichiarato il Ministro dell’ambiente del Brasile, Marina Silva. Nei primi sei mesi dell’anno, la deforestazione nell’Amazzonia brasiliana è diminuita del 34 percento, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo il sistema di allarme satellitare Deter. Il rallentamento si deve a una combinazione di fattori: la ripresa degli embarghi e di altre attività di protezione da parte del Governo, il miglioramento delle analisi tecniche che rivelano dove si verificano i problemi in modo più rapido e dettagliato, il maggiore coinvolgimento delle banche nel negare il credito ai proprietari terrieri coinvolti nell’abbattimento degli alberi, e anche la cautela degli agricoltori generata dalle nuove leggi dell’Unione Europea sul commercio senza deforestazione..

Si tratta di salvare la più grande foresta pluviale e il più grande bacino fluviale del mondo. Immagazzina tra 367 e 733 gigatonnellate (Gt) di CO2 nella sua vegetazione e nel suo suolo, equivalenti ad almeno 29 volte le emissioni annuali di CO2 della Cina (12,47 Gt nel 2021), il più grande emettitore al mondo. Inoltre, ospita il 10 percento  della biodiversità globale ed è abitato da 47 milioni di persone, di cui 2 milioni indigene, la cui sopravvivenza dipende da questo bioma. Malgrado i recenti progressi, solo nel 2022, l’Amazzonia brasiliana, che rappresenta il 60 percento del totale della selva,  ha perso 1,4 milioni di ettari di foresta primaria, raggiungendo i livelli più alti di deforestazione degli ultimi 15 anni. e attualmente circa il 17 percento della foresta è parzialmente perduto.

Al vertice, una coalizione multinazionale di gruppi indigeni e il Presidente colombiano Gustavo Petro hanno chiesto di porre fine alle nuove esplorazioni petrolifere in Amazzonia. L’appello di Petro è rivolto al Brasile, la cui compagnia petrolifera statale ha cercato di ottenere una licenza per trivellare alla foce del bacino del Rio delle Amazzoni. Altrove, l’opposizione pubblica ha fatto pressione sui governi per fermare i progetti di trivellazione. In Ecuador, ad esempio, la prospettiva di trivellare in un parco nazionale amazzonico ha incontrato una tale opposizione indigena che il Paese terrà un referendum in merito il 20 agosto. Ma in Brasile, la pressione degli attivisti non ha spinto Lula a cambiare la sua posizione favorevole alle trivellazioni.

Nell’immagine satellitare della Nasa (Jesse Allen and Robert Simmon – NASA Earth Observatory), un tratto in fiamme dell’Amazzonia

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