di Andrea Tomasi
Dall’Arabia Saudita all’Angola, dall’Iran all’Egitto, dal Turkmenistan al Kazakistan. Ci sono Paesi che – per quanti sforzi possano fare le diplomazie dei Paesi occidentali, per quanto acrobati possano essere i premier e i relativi ministri degli esteri – è difficile non considerare «discutibili», veri e propri «Paesi canaglia». Fra 6 e 7 oscilla infatti il punteggio assegnato a questi paesi da Freedom House. «Più alto è il punteggio (e sette è il massimo) – spiega L’Espresso – peggiore è il regime e massima la violazione dei diritti umani». Intanto l’Italia intensifica i rapporti con l’Angola, oggi terzo partner commerciale sub-sahariano, con «una presenza italiana caratterizzata principalmente da Eni e Inalca-Cremonini». Ci sono le «relazioni pericolose» con i regimi dittatoriali di Turkmenistan e Kazakistan. Per quanto riguarda il primo da tempo il Dipartimento di Stato Usa e varie organizzazioni umanitarie parlano di «reiterate violazioni dei diritti umani». L’Eni, dopo gli avvicinamenti del 2014, ha portato a casa un accordo per la gestione e l’uso di idrocarburi turkmeni. C’è poi l’export di armi: un arsenale da «quasi 370 milioni di euro». Del Kazakistan interessano invece le risorse naturali. «Occupa il dodicesimo posto nel mondo per riserve di petrolio ed il quattordicesimo per quelle di gas, inoltre è il primo Paese al mondo per la produzione di uranio». Il presidente Nursultan Nazarbaev, alla guida di questa «Repubblica presidenziale» dal 1991, gode di un potere assoluto. Nle 2015 è stato legittimato da elezioni con il 97,8 per cento di preferenze voti. Un’elezione condannata dall’Osce come carente nel rispetto degli standard internazionali di democrazia. «Nel 2016 – si legge sul sito infomercatiesteri– alla luce delle più difficili condizioni economiche del Paese e dei suoi principali partner economici (Pil in forte rallentamento, tagli alla spesa pubblica, calo del prezzo del petrolio) il clima di malessere è in parte deteriorato: tra aprile e maggio si sono verificate alcune manifestazioni contro la riforma agraria, che prevede l’allungamento dei tempi di affitto di terre agricole a stranieri (da 10 a 25 anni); per prevenire nuove manifestazioni le autorità di polizia hanno proceduto all’arresto preventivo di decine di persone». Quando si tratta di fare affari non si va tanto per il sottile. L’atteggiamento canagliesco di certi Paesi viene sistematicamente ignorato dall’Occidente avanzato. Emanuela Scridel scrive che è soprattutto sulle armi che sta puntando il nostro Paese: «Nel 2014, il tour promozionale dell’industria bellica denominato “Sistema paese in movimento” guarda all’Angola: un giro d’affari potenzialmente miliardario che può coinvolgere Fincantieri, Selex ES, Oto Melara e molte altre imprese e che pare stia iniziando a dare i suoi frutti. È dello scorso gennaio il contratto di Finmeccanica e Selex in Angola per forniture militari per più di 300 milioni di euro». L’interfaccia dell’italia in Angola è José Eduardo dos Santos, «salito al potere con una serie di brogli elettorali nel 1992». Si dice che sia riuscito a mettere le mani sulle principali risorse dell’Angola, arricchendo sè e l’intera famiglia. Il Democracy Index dell’Economist e la Freedom House indicano chiaramente l’Angola come una dittatura. «Jose Filomeno, il figlio del presidente, soprannominato “il Principe”, è attualmente capo del Fondo sovrano nazionale. In Angola è considerato più importante del padre a livello politico, e insieme agli altri membri della famiglia si spartisce tutti i settori chiave dell’economia». Il reddito medio angolano si aggira intorno ai 1.600 euro l’anno. Ma il Governo italiano si è distinto anche per i rapporti strettissimi con il regime iraniano: gli accordi (trasporti, ingegneristica, cantieristica e raffinazione) tra imprese e istituzioni italiane e iraniane valgono 17 miliardi di dollari. «Nei due anni di presidenza di Rouhani sono stati giustiziati 2.277 detenuti». In materia di uccisioni si fa notare anche l’Arabia Saudita. Nel 2015 l’Arabia Saudita si è distinta per l’aumento delle esecuzioni: 102 contro le 78 del 2013. Ma dal ministero degli esteri, in gennaio, è stata diramata una nota dai toni positivi: «Le relazioni economiche italo-saudite vivono un momento decisamente favorevole e strategico per i nostri interessi nazionali. Il Regno è infatti largamente disponibile a intensificare le relazioni economiche con l’Italia, che gode di un’immagine complessivamente positiva, e a sviluppare iniziative economiche e finanziarie di comune interesse». L’Italia – spiega ancora Scridel – figura nel 2014 come undicesimo partner commerciale del regno a livello mondiale e come il terzo tra i paesi della Ue.
http://espresso.repubblica.it/internazionale/2016/05/24/news/dall-arabia-saudita-all-angola-che-affare-gli-stati-canaglia-1.267135
http://www.infomercatiesteri.it/politica_interna.php?id_paesi=130