“Cessate il fuoco”. L’Italia si muova

Da Legambiente, Arci, Anpi, Cgil e Rete Disarmo un appello perché Roma faccia la sua parte contro l'aggressione turca ai curdi. E perché si smetta di vendere armi ad Ankara

Non bastano alle maggiori organizzazioni italiane le parole del capo del governo Conte a proposito dell’invasione turca in Siria nei territori curdi. Hanno diffuso un appello indirizzato a lui e alle alte cariche dello Stato per chiedere che l’Italia si impegni in una una “forte e decisa azione diplomatica” allo scopo di far cessare “immediatamente le ostilità e  le manovre di invasione del territorio siriano” abitato dai curdi e perché “si dia mandato senza esitazioni a una delegazione internazionale che garantisca in loco la fine delle ostilità, il rispetto dei confini, il diritto internazionale” mentre si deve provvedere “all’invio di soccorsi per eventuali feriti”.

L’appello chiede anche che ” si apra una sessione di discussione dedicata, tanto nel Parlamento europeo quanto in quello italiano” e “si chieda che il caso sia messo con urgenza all’ordine del giorno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite”. Anpi, Cgil, Legambiente e Arci ricordano che “La comunità internazionale, l’Europa, l’Italia, hanno ancora fresco un debito di riconoscenza nei confronti delle donne e degli uomini curdi che si sono battuti fino alla morte per fermare il comune nemico Daesh e salvaguardare la sicurezza e serenità dell’Europa e del nostro Paese, di noi tutti”.

Basta armi alla Turchia

Ma la diplomazia non basta e Rete Disarmo ricorda, in un comunicato parallelo, che “La Turchia è uno dei principali clienti dell’industria bellica italiana”. “Chiediamo con forza al Governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile” dice  Francesco Vignarca coordinatore della RID che fa riferimento alle prime  notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili.

La Rete Italiana per il Disarmo chiede formalmente al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che vengano “sospese con effetto immediato tutte le forniture di armamenti e sistemi militari verso il Governo di Ankara, come prevede la legge 185 del 1990 che impedisce di inviare armi a Paesi in stato di conflitto armato”.
La Turchia è da molti anni uno dei maggiori clienti dell’industria bellica italiana e  le forze armate turche dispongono di diversi elicotteri T129 di fatto una licenza di coproduzione degli elicotteri italiani di AW129 Mangusta di Augusta Westland. “Negli ultimi quattro anni – conclude Vignarca – l’Italia ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro”.

Nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. Tra i materiali autorizzati: armi o sistemi d’arma di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software”.

(Red/E.G.)

In copertina una batteria di artiglieria turca

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