Colpo si scena o golpe istituzionale?

A Sri Lanka il presidente Sirisena liquida il premier con una mossa controversa ed esautorando il parlamento. Al suo posto arriva l'ex arci nemico che proprio Sirisena aveva estromesso dal potere. Una situazione carica di tensione che ha visto oggi la prima vittima

La preoccupazione che la crisi istituzionale nello Sri Lanka si trasformi in una nuova ondata di violenze e di instabilità domina i commenti della diplomazia e degli osservatori internazionali. E non a caso visto che oggi c’è stata la prima vittima:  un giovane sostenitore del presidente in carica che si opponeva con altri all’ingresso del ministro del petrolio Arjuna Ranatunga è stato ucciso. La guardia del corpo ha sparato sulla folla che si era accalcata davanti al palazzo del ministero e e ha ucciso il giovane ferendone altri due. La tensione sale.

La crisi del venerdi 

Tutto comincia venerdi con una crisi istituzionale dovuta a una decisione del capo dello Stato. ,Al premier Ranil Wickremesinghe, sollevato dal suo incarico dal presidente Maithripala Sirisena venerdi, è stato intimato di lasciare il palazzo dove l’ormai ex premier, che invoca l’intervento del parlamento, non vuole lasciare lo scranno. Wickremesinghe  insiste sul fatto che il suo improvviso licenziamento venerdì è e resta  incostituzionale. Il presidente Maithripala Sirisena ha però sospeso il parlamento fino al 16 novembre e ha esautorati il gabinetto di Wickremasinghe, appellandosi al potere che la sua carica gli darebbe ma su cui si addensano dubbi di incostituzionalità.

Tutto è iniziato dunque un paio di giorni fa , quando Sirisena è venuto allo scoperto e ha ritirato la sua Alleanza della libertà popolare (Upfa) dalla coalizione di governo, guidata da Wickremasinghe. Più tardi nel corso della giornata, Sirisena ha licenziato il vecchio politico (4 volte premier) e lo ha sostituito con Mahinda Rajapaksa, l’ultimo presidente prima di lui e che lui stesso aveva battuto nelle tesissime elezioni del 2015. Rajapaksa, accusato di corruzione e violazioni dei diritti umani, diventa improvvisamente da arcinemico l’uomo su cui ora punta il presidente senza convocare il parlamento per risolvere la crisi politica.

Appello alla Costituzione

Wickremasinghe dal canto suo si appella alla Costituzione (in particolare agli ultimi emendamenti apportati) che non consentirebbe a Sirisena di licenziare il premier senza consultare il parlamento. Al contempo, avendo Sirisena ritirato il suo partito dalla coalizione di governo, l’ex premier si ritrova di fatto senza l’appoggio di diversi parlamentari e dunque di una solida maggioranza.  Il partito di Wickremasinghe  (Unp) ha 106 seggi e l’Upfa di Sirisena 95. Senza quei voti non c’è la maggioranza nell’Assemblea che conta 225 scranni. E’ una  situazione complessa e che ha visto negli ultimi anni uno scontro aperto  tra i due, specie sull’economia sulla quale Sirisena ha idee molto diverse dal liberista Wickremasinghe.

Sullo sfondo anche le scelte di politica internazionale. Rajapaksa è sempre stato un grande fautore della penetrazione cinese, fondamentale per Pechino visto che Sri Lanka è un anello chiave della Nuova Via della Seta, il grande progetto economico della Rpc. Proprio per questo, alle polemiche sulla sua gestione della guerra contro la minoranza tamil nel Nord e alla sua gestione autoritaria dello Stato, a Rajapaksa si sommavano ai suoi nemici interni  sia Delhi sia Washington che appoggiarono immediatamente Sirisena che era allora il suo  contraltare politico.

Nell’immagine di copertina la bandiera di Sri Lanka. Nelle foto a corredo: dall’alto Sirisena, Rajapaksa, Wickremasinghe

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