Dietro il caos boliviano

Elezioni presidenziali: scontri fra sostenitori di Mesa e di Morales. Una commissione internazionale verifica le accuse di frode. Le ragioni delle due fazioni

Due persone sono morte mercoledì 30 ottobre sera in Bolivia durante gli scontri tra manifestanti dell’opposizione di Carlos Mesa e sostenitori di Evo Morales nella città di Montero, a 60 chilometri da Santa Cruz de la Sierra. Sono le prime vittime degli scontri che si verificano quotidianamente nel paese da una settimana, in seguito alle accuse di frode seguite alle elezioni del 20 ottobre.

Poche ore prima della notizia di queste morti, il ministro della Comunicazione, Manuel Canelas, aveva chiamato l’opposizione per trovare una soluzione politica alla crisi, “prima che accada qualcosa che tutti rimpiangeremo“. Mesa ha deciso di respingere l’invito del governo a partecipare all’audit delle elezioni che inizia oggi sotto la supervisione di  una squadra di specialisti dell’Organizzazione degli Stati americani (OAS). Per Mesa, i termini in cui si svolgerà tale audit sono stati concordati unilateralmente e senza tener conto delle proposte dell’opposizione. Allo stesso tempo, l’ex candidato ha incolpato il governo per l’aumento della violenza, e per aver convocato la base nelle piazze mentre l’opposizione protestava.

Su cosa si basano le accuse di frode alle elezioni del 20 ottobre scorso? Per molti, la prova della manipolazione delle elezioni è stata la circolazione nei social network di foto e video di scatole piene di voti, conservati in case private o trasportati in auto o a mano per le strade . Le fotografie hanno avuto un forte impatto ma, in realtà, non sono prova di frode e quindi non sono state nemmeno menzionate nel rapporto preliminare della missione di osservazione dell’Organizzazione degli Stati americani (OAS). Infatti, secondo la legge boliviana, gli unici documenti validi del voto sono i conteggi dei seggi, con le firme e i timbri del caso. Questi documenti vengono poi fotografati con i cellulari, e spediti a La Paz per i conteggi nazionali. Una volta inviati i certificati, le schede cartacee non hanno più valore.

Ma Carlos Mesa denunciava un rischio di frode prima ancora delle elezioni; e il blocco per 24 ore nel flusso dei dati il secondo giorno dopo il voto  -nel primo giorno il vantaggio di Morales era esiguo, e lo avrebbe portato al ballottaggio- e la vittoria al primo turno del presidente uscente non hanno fatto altro che alimentare i sospetti, e infiammare le piazze. La versione di Morales è che i dati in ritardo derivavano dall’impossibilità di collegarsi alla rete da alcune zone rurali, dove il sostegno al governo è alto; e a un attacco informatico ai computer dell’ufficio elettorale proprio durante l’afflusso dei dati

Se la verifica rilevasse sufficienti irregolarità.  potrebbe profilarsi un ballottaggio tra Morales e Mesa. L’opposizione afferma però che  non vuole un secondo turno, ma una nuova elezione generale. Alcuni leader chiedono le dimissioni immediate del governo. Ma Comunidad de ciudadanos, la coalizione che sostiene Mesa, sull’audit è divisa: Mesa  lo ha implicitamente accettato, ma il suo numero due, Gustavo Pedraza, ha negato che possa essere una via d’uscita dall’attuale crisi. Il vicepresidente del governo di Morales, Álvaro García Linera, ha chiesto pubblicamente questo martedì al “candidato perdente“di unirsi al processo di revisione. E Mesa  ha chiesto, anche attraverso la stampa, se tale audit sarebbe “vincolante”. Cioè, se potesse cambiare i risultati ufficiali della Corte elettorale. Il ministro delle comunicazioni ha risposto affermativamente. Ma intanto gli animi sono infiammati, e gli scontri proseguono.

(Red/Ma.Sa)

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