di Andrea Tomasi
Il Gabon, nel cuore dell’Africa centrale, è il quarto produttore di petrolio dell’Africa sub-sahariana e il 37° produttore mondiale. Entro la fine dell’anno ci saranno le elezioni. Al settimanale Vita, Jean Ping, presidente della Commissione dell’Unione Africana dal 2008 al 2012, nonché candidato di opposizione, dice che «il popolo gabonese non ne può più di questo regime, il cui bilancio è molto negativo». Il presidente uscente, Ali Bongo, ha annunciato di volersi ricandidare alle presidenziali previste entro fine anno in Gabon. Ma Ping denuncia lo stato di miseria in cui versa la popolazione: lavoro che non c’è, sistema scolastico in frantumi, «povertà che si allarga a macchia d’olio nel nostro paese». Il Pil del Gabon è generato al 45% dalla produzione petrolifera nazionale che copre l’83% delle esportazioni gabonesi nel 2013. Ping denuncia le pessime relazione tra il governo in carica e le compagnie petrolifere: «Tolte Eni, Total e Shell, quasi tutte le altre hanno lasciato il Paese (…) Perché chi sta al potere pensa solo ad estorcere le multinazionali. Ma quando la produzione sprofonda, sono guai. Il crollo del prezzo del barile non ha fatto che accelerare una tendenza già in atto, e cioè il licenziamento di un numero altissimo di lavoratori gabonesi, già vittime dell’incuria del regime che non riesce più a garantire stabilità, né ad rendere il paese attraente agli investitori stranieri». Dal 2010 al 2015 – dichiara – il prezzo del barile è passato da 25 dollari a 125 dollari, consentendo al governo di accumulare una ricchezza spropositata. Il leader dell’opposizione al regime negli scorsi mesi ha incontrato alcuni componenti della Commissione europea e alcuni esponenti del Parlamento europeo: «Spingiamo le istituzioni europee ad esercitare la massima pressione sul Gabon affinché il governo di Bongo sottoponga a Bruxelles una richiesta per il dispiegamento di una missione di osservazione elettorale europea nel mio paese». Ai rappresentanti dell’Ue ha parlato di un sistema fatto di intimidazioni continue: «Non possiamo riunirci nei luoghi pubblici, niente stadi quindi, e neanche gli alberghi, i cui proprietari si rifiutano di accoglierci per paura di ritorsioni. Siamo costretti a organizzare i nostri meeting in terreni abbandonati, nelle cave o da privati che ci offrono vito e alloggio». La rivista Nigrizia spiega che «l’obiettivo del candidato 73enne è porre fine al dominio assoluto dei Bongo che governano da 50 anni il Gabon (prima il padre Omar, in carica dal 1967 al 2009, e poi il figlio Ali, dal 2009 a oggi)». Ping ha annunciato che, in caso di vittoria, ripristinerà la Costituzione del 1991, «che prevedeva un mandato presidenziale di cinque anni (contro i sette attuali) e un limite di due mandati per il capo dello Stato». Ping ha poi promesso investimenti in sanità, istruzione e infrastrutture. Ma Ping non ha vita facile anche nella sua parte: in molti, sul fronte di opposizione a Bongo, dicono che il suo nome è stato sostanzialmente imposto, in violazione dello statuto della formazione politica. Le Monde scrive che «secondo alcuni sondaggi, comunque, Omar Bongo è ancora il favorito alle urne, ma gli analisti dicono che Ping, da sempre critico nei confronti del leader Ali Bongo, potrebbe essere in grado di scalzare al potere il capo dello Stato. La data delle elezioni non è ancora stata fissata».
http://www.vita.it/it/article/2016/03/01/jean-ping-il-gabon-non-e-piu-un-eldorado-africano/138475/
https://en.wikipedia.org/wiki/Jean_Ping
http://www.nigrizia.it/notizia/gabon-jean-ping-candidato-dellopposizione-alle-presidenziali
https://it.wikipedia.org/wiki/Ali_Bongo_Ondimba