Himalaya, via dal confine “provvisorio” tra India e Cina

Sorpresa dopo l’annuncio di Delhi, confermato da Pechino, che le truppe indiane e cinesi hanno cominciato a ritirarsi dall’area contesa di Gogra-Hot Springs nel Ladakh 

di Alessandro Graziadei

Se l’indipendenza e l’integrità territoriale di Kiev sono questioni centrali nella “politica estera” europea (con Washington solo apparentemente più defilata), Taiwan sembra essere la questione più importante e delicata nelle relazioni tra Washington e Pechino. Ma sono gli unici fronti critici della geopolitica mondiale? Ha destato una certa sorpresa l’annuncio del ministero degli Esteri indiano, poi confermato da Pechino, che le truppe indiane e cinesi hanno cominciato a ritirarsi il 12 settembre dall’area contesa di Gogra-Hot Springs. L’area si trova nella regione indiana del Ladakh, ma Pechino l’ha sempre rivendicata come propria. Il territorio è situato nell’Himalaya occidentale, e da anni è teatro di scontri sanguinosi tra gli eserciti dei due Paesi.

Scontri combattuti all’arma bianca, spesso con bastoni e mazze ferrate, per la proibizione di utilizzare armi da fuoco. Da alcuni mesi Delhi aveva accelerato la costruzione di nuove infrastrutture utili a fini militari lungo tutta la frontiera con la Cina. Da tempo Pechino faceva lo stesso. I due giganti asiatici condividono un confine di 3.488 km in questa regione dell’Himalaya, per il quale hanno combattuto una breve ma sanguinoso guerra nel 1962. Delhi rivendica ampi settori dell’Aksai Chin (che i cinesi hanno ottenuto dal Pakistan); Pechino avanza pretese sullo Stato indiano dell’Arunachal Pradesh. I due Paesi in latente conflitto da sessant’anni hanno schierato in modo stabile sul fronte tra i 50.000 e i 60.000 soldati e un quantitativo crescente di armamenti pesanti lungo il confine, che è da alcuni anni il più militarizzato al mondo dopo quello russo-ucraino.

Nell’autunno del 2019 la situazione era già molto tesa e in occasione di un viaggio in Ladakh ho potuto osservare il continuo spostamento di truppe lungo il confine, che nel giugno 2020 ha portato truppe indiane e cinesi ad uno scontro a fuoco proprio nella valle di Galwan, tra il Ladakh indiano e l’Aksai Chin cinese. Il bilancio è stato di 20 soldati indiani morti e un numero mai confermato di vittime cinesi e a quanto ho potuto vedere un anno prima è andata bene, visto la quantità di soldati presenti lungo questo confine che è provvisorio dal ’62…. (Continua: leggi tutto su Unmondo)

In copertina: Ladakh, lago Tso Moriri. Uno scatto di Alessandro Graziadei

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