Il Qatargate e l’obbligo di fare chiarezza

"Contenere la grande confusione e lo sconfinato uso improprio di un acronimo, ONG, che esprime una storia di valori, generosità, impegno, dedizione, passione, realizzazioni ma che è divenuto talmente ambiguo e equivoco da non riuscire più a rappresentarla". La riflessione di Nino Sergi, Presidente di Intersos

Il “Qatargate”  rischia di trascinare nel fango il lavoro di molte Organizzazioni non governative, anche grazie all’opera di diversi media che vogliono scambiare un grave episodio di malaffare per una vocazione “criminale” del mondo delle Ong. In questa riflessione, tratta dal suo blog, Nino Sergi, Presidente emerito di Intersos lancia una proposta in nome della chiarezza, della trasparenza e di una tradizione che vanta ormai oltre cinquant’anni di lavoro sul campo

di Nino Sergi

È giunto forse il momento che le ONG, organizzazioni non governative (o le OSC, organizzazioni della società civile) attive nella cooperazione internazionale per lo sviluppo e l’aiuto umanitario adottino una denominazione più completa, precisa e identificativa. Identificarsi in modo chiaro servirà infatti a contenere la grande confusione e lo sconfinato uso improprio di un acronimo, ONG, che esprime una storia di valori, generosità, impegno, dedizione, passione, realizzazioni ma che è divenuto talmente ambiguo e equivoco da non riuscire più a rappresentarla.

ONG. C’è una grande confusione nei media e nel linguaggio politico e c’è un utilizzo strumentale di questa sigla, che viene usata facendo di ogni erba un fascio e attaccando indiscriminatamente, come succede in particolare in Italia, il mondo del “non governativo”, espressione complessa dell’ampia e articolata società civile organizzata. Nei decenni le ONG hanno certamente rappresentato il meglio della solidarietà, della partecipazione, dell’iniziativa e dell’attivo impegno civile, sociale, culturale, educativo in Italia e nel mondo, affermando e promuovendo la dignità di ogni essere umano e il valore della comunità.

In Italia la sigla ONG ha identificato per ben più di cinquant’anni le organizzazioni dedite alla cooperazione e alla solidarietà internazionale, quelle che anche le istituzioni nazionali e territoriali, pubbliche e private, hanno sempre riconosciuto come tali, come d’altronde hanno fatto i media. Più recentemente queste ONG hanno richiesto di essere denominate OSC, organizzazioni della società civile, traducendo in positività quanto espresso nelle parole “non governative”. Più recentemente, però, molto è cambiato ed è forse giunto il momento che le ONG e OSC attive nella cooperazione internazionale per lo sviluppo e l’aiuto umanitario completino la denominazione rendendola più precisa e identificativa. Identificarsi in modo chiaro servirà infatti a contenere la grande confusione e l’uso improprio e strumentale, spesso dispregiativo, di una sigla che esprime e rappresenta una storia di valori, generosità, impegno, dedizione, passione, realizzazioni, ma che è divenuta talmente vaga da non riuscire più a rappresentarla.

Personalmente ho difeso a lungo la denominazione storica di ONG proprio perché contiene il prezioso e pluridecennale bagaglio valoriale carico di esperienze, incontri di pace, sostegno alle lotte di liberazione, progetti con persone, comunità e organizzazioni di continenti lontani a fianco dei più poveri o oppressi da dittature, sete di giustizia e uguaglianza, con persone che sono cresciute professionalmente e che hanno impegnato la loro vita a questo fine, talvolta perdendola ‘sul campo’. Così come lo sarà in tutto il mondo, penso che l’acronimo ONG continuerà ad essere usato anche in Italia, insieme al più recente OSC, e che continuerà ad esserci anche chi lo utilizzerà in modo improprio e strumentale, perfino per ‘attaccare facile’, nel mucchio, confondendo tutti e tutto sotto l’indefinita sigla ONG e volutamente ignorando risultati e professionalità, pratiche consolidate di verifiche e controlli, rispetto delle istituzioni e proficue sinergie con loro.

A questo proposito, non mi preoccupano più di tanto (anche se feriscono e fanno male, oltre ad essere ingiusti e volgari) i tanti articoli o le copertine di certi media o le basse dichiarazioni, gli attacchi e la squallida colpevolizzazione dell’azione umanitaria e della solidarietà che escono dalla bocca di politici e istituzioni pubbliche. Penso infatti che continuare a fare il nostro lavoro e farlo bene, con la dedizione e la passione che merita, sia la migliore risposta e forse l’unica valida ed efficace; con i nostri limiti, come ogni realtà umana, che dobbiamo riconoscere con umiltà ma anche con l’orgoglio di essere ONG-OSC protagoniste di cambiamento e portatrici di valori. Si è ampliata e arricchita molto negli anni la varietà delle specificità: cooperazione e solidarietà internazionale, aiuto umanitario d’emergenza, impegno ostinato a salvare vite umane, educazione alla cittadinanza globale e alla convivenza, costruzione di ponti di dialogo e partenariati, accoglienza e integrazione, protezione dei rifugiati, confronto sulle politiche, approfondimento e capacità di proposta, a fianco soprattutto dei più deboli, esclusi, disprezzati per contribuire a ridare quella dignità che deve essere assicurata ad ogni essere umano.

Dato però che ormai chiunque può creare con estrema facilità associazioni nascondendo interessi personali o interessi di parte che nulla hanno a che vedere con la solidarietà, chiamandole ONG (o anche OSC, poco importa) come abbiamo visto, come stiamo vedendo in questi giorni e come potremmo rivedere in futuro, ritengo che sia venuto il momento di dare una più precisa identità alla realtà che esprimiamo da decenni in molte parti del mondo e in Italia. Identificarci esplicitamente e pretendere di essere identificati come “ONG (o OSC) di cooperazione e solidarietà internazionale”: questo potrebbe essere un passo immediato.

La sigla OCSI, organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale – o un acronimo simile – potrebbe bene racchiudere tutto il nostro mondo e le sue attività in Italia e ovunque nel pianeta, identificandolo in modo più preciso e facendolo identificare come tale. Si riferirebbe a quell’insieme di organizzazioni che si conoscono, che conosciamo e che sono spesso conosciute non solo a livello italiano ma anche internazionale. Ciò non può escludere nulla ma evidenzierebbe più facilmente storie pluriennali, radicamenti nel territorio, risultati raggiunti, obiettivi chiari e coerentemente conseguiti, regole di trasparenza, controlli interni e verifiche esterne consolidati. E ci sarebbe, per tutti, dall’Informazione alla Politica, un accresciuto dovere di sforzarsi a capire che non è giusto né accettabile raggruppare tutti in un unico insieme confuso e indistinto, creando confusioni artificiali e strumentali ad obiettivi che con le ONG non c’entrano proprio nulla. Sarebbe utile aprire in merito una franca discussione.

In copertina l’emiciclo dell’Europarlamento

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