Il silenzio dei Talebani – 2

Viaggio in Afghanistan un Paese fove è tornato il divieto di fare e ascoltare musica

di Massimo Annibale Rossi

Di ritorno da Kabul – Il piano messo in atto dai Talebani ha permesso loro di onorare una delle premesse principali riguardo alla sicurezza. La via tra Kabul ed Herat, impraticabile da trent’anni, è affollata di camion e autobus. Un viaggio che dura circa 24 ore, ma che ora molti afghani si possono permettere. L’aereo resta un desiderata per la maggioranza, anche se l’utilizzo degli apparecchi desta inquietudine. Si tratta di vecchi Boing gestiti dalle due compagnie nazionali, entrambe sulla black list internazionale. Molti tecnici e piloti se ne sono andati, la manutenzione è scarsa, i ricambi introvabili e molti velivoli sono a terra. Kam air, è stata recentemente affiancata da Fly Dubai sulla rotta verso gli Emirati arabi, ristabilendo pienamente i contatti internazionali.

Le relazioni con i due potenti vicini islamici -Iran e Pakistan- stanno attraversando una fase critica. L’Afghanistan, allo stremo sulla questione idrica, ha alzato il livello dei suoi bacini e progettato nuove dighe, il che ha suscitato la reazione di entrambi i paesi. Ad Herat le precipitazioni sono passate in una quindicina d’anni da 250 a 38 mm; terreni un tempo coltivati si sono inariditi, alimentando il flusso degli sfollati verso la capitale. Un problema, quello dell’acqua, che contrappone in molte regioni del mondo i paesi degli altopiani con le comunità a valle. È probabile esista un legame tra il contenzioso e la decisione di entrambi i paesi di espellere i rifugiati ritenuti “irregolari”. Il Pakistan nell’ottobre 2023 ha deliberato l’espulsione di 1,7 milioni di afghani, dei quali 500 mila son già stati costretti a varcare il confine. Un provvedimento analogo è stato preso dal governo di Teheran, nonostante l’Iran registri un calo demografico e necessiti manodopera. Sin tratta di decisioni che inaspriscono il dramma degli sfollati interni: famiglie che tornano in condizioni più miserabili di quando sono partite. Molti dei giovani hanno lavorato nelle raffinerie di oppio iraniane e sono divenuti tossicodipendenti. L’emirato, che in passato vi aveva tratto fondi per le armi, ha vietato la produzione del papavero. Sia a Kabul, sia in provincia, sono sorti dei centri di recupero, spesso gestiti da ex tossici, dove i giovani sono chiusi in stanzoni di contenzione, spesso senza medicinali.

Una presenza, quella cinese, che ha avuto un ruolo importante nella ripresa economica del Paese che, vicino al collasso tra il 2021 e il 2022, ha poi registrato una sostanziale tenuta. I mercati afghani sono inondati di merci a basso costo e bassa qualità provenienti dal potente vicino, che ha espresso l’intenzione di avviare la costruzione di una strada di collegamento tra i due paesi. L’Afghanistan appare interessante per la vicinanza, per la sostanziale assenza di concorrenza, per le enormi risorse presenti. Si tratta dei giacimenti di gas e petrolio a Nord del Paese, solo in parte sfruttati, quanto di depositi di rame, che rappresentano una manna per un Paese energivoro come la Cina. L’Afghanistan possiede oro, uranio, bauxite, carbone, ferro ed è uno scrigno di pietre preziose. Le delegazioni di giovani manager con gli occhia a mandorla sono la regola nei ministeri di Kabul. Sono giovani, dinamici, pragmatici e non fanno domande. Si presentano in impeccabili completi gessati e valigette ventiquattrore, trovando tutte le porte aperte. L’economia Afghana, che ha subito un calo significativo nel 2021, si è riportata nel 2022 ai livelli pre-emirato, con un PIL complessivo di 18 miliardi di dollari. Ne fa fede il valore dell’afghano, che ha perso il 14 % nel 2022 per tornare stabile l’anno successivo.

L’Afghanistan sta rapidamente completando la transizione geopolitica nella sfera orientale, e già si parla di un futuro ingresso nella nuova valuta BRICS. Causa la guerra che insanguina il Paese dal 1979, la rete stradale è in pessime condizioni e intere regioni sono ancora isolate. E i cinesi realizzano; qui si parla di “terza occupazione”, dopo quella sovietica e americana. L’Afghanistan dopo il 2021 è stato lasciato a se stesso e ha dovuto affrontare la più devastante carestia della storia recente. Per quanti sono restati, le sanzioni hanno rappresentato un’ulteriore beffa, in quanto si sono accanite contro la popolazione civile, rendendone insostenibile l’esistenza. Le famiglie più povere sono state costrette a vendere i figli e decine di migliaia di persone sono morte di stenti. Generale è l’indignazione per i sette miliardi di dollari, più di un terzo del PIL afghano, requisiti nelle banche americane e destinati al risarcimento delle vittime dell’11 settembre. Da parte afghana si denuncia il sostanziale fallimento di vent’anni di occupazione militare e si afferma l’estraneità del Paese in un attentato di quella complessità, in cui quindici su diciassette attentatori erano sauditi. Le prospettive di sviluppo sono compromesse dalla siccità, ormai endemica, e dall’innalzamento delle temperature dovute al climate change. I ghiacciai si sono parzialmente sciolti e la portata dei fiumi si è ridotta di due terzi. L’Hadirud, che bagna Herat e segna il confine con l’Iran, a gennaio 2024 registra una portata dell’80 % inferiore alla norma.

Kabul, che conta cinque milioni di abitanti, d’inverno soffoca. La corrente viene erogata quattro ore al giorno e il rumore del traffico è sopraffatto dal rombo di migliaia di generatori a gasolio, le cui emissioni rendono l’aria irrespirabile. Nelle strade si vedono sciami di bimbi barcollare nella neve a piedi nudi, con le ciabattine in plastica, i vestiti di cotone. Sono emaciati, spesso malati e sfidano i regolamenti talebani chiedendo l’elemosina. Se in generale la situazione appare migliorata, la malnutrizione è ancora diffusa. Le donne sole, che non possono uscire o lavorare, non hanno sostentamento e mandano i figli alla ricerca di un tozzo di pane. Da due anni sopravvivono al buio in attesa che qualcuno si accorga di loro. La notte si vedono figure trainare carretti malconci per raccogliere quel poco di riciclabile che trovano nella spazzatura e nelle fogne, che scorrono a cielo aperto come a lato dei marciapiedi. Le griglie sono state divelte per fondere il metallo e i ragazzi vi immergono le mani per ricavare una lattina o qualche straccio. L’emirato ha concesso operatività alle agenzie internazionali, che nei primi mesi hanno rappresentato l’unica speranza per milioni di afghani, ma hanno dovuto ingoiare molti rospi e sospendere il personale femminile. Sono banditi progetti che riguardano donne e educazione, inclusi quelli mirati al sostegno e al lavoro domestico. (2 – fine)

La prima puntata è uscita il 9 febbraio

Foto di copertina di G. Battiston

Tags:

Ads

You May Also Like

L’Onu scarica Afghanistan e Myanmar

Dopo le decisione di settimana scorsa sono diverse le reazioni dei due Paesi. Il partito di Aung San Suu Kyi fa buon viso a cattivo gioco. I Talebani contestano il rinvio

Non è senza ricadute quanto è successo alcuni giorni fa alla Commissione Onu sulle ...

La terribile aritmetica della guerra

Mezzo milione di persone sono state uccise  dopo l'11 settembre in Iraq, Afghanistan e Pakistan. Lo dice l'ultimo aggiornamento del progetto Costs of War Project della Brown University

I numeri sono importanti. Nella loro freddezza raccontano la miseria nella guerra spesso più ...

Il protagonismo dell’Asia (2)

Andrea Berrini racconta le grandi metropoli in un nuovo libro che ha al centro il grande Continente

Per questa seconda puntata sul Protagonismo dell’Asia, abbiamo chiesto ad Andrea Berrini, autore ed ...