“Toccare con mano l’emergenza umanitaria”

Una lettera del Consigliere regionale della Lombardia Michele Usuelli all'Atlante 

Recentemente il Consigliere regionale lombardo Michele Usuelli è stato oggetto di accuse e polemiche rispetto al suo impegno umanitario come medico e il suo ruolo in Regione. Volentieri pubblichiamo questa lettera che Usuelli ha inviato all’Atlante delle guerre e dei conflitti del Mondo dove spiega perché ha fatto una scelta che avvicina la poltica alla realtà

Nella peculiarità di essere pediatra e consigliere Regionale in Lombardia, rivendico la specificità di toccare con mano ciò di cui mi occupo nelle aule della politica. Sui temi della cooperazione, immigrazione e accoglienza, negli ultimi 5 anni, ho più volte dato disponibilità a organizzazioni che non trovavano medici, a staccarmi dal Consiglio Regionale (per periodi non superiori a un mese), ritenendo così di dare credibilità al mio mandato, nonostante trafiletti dei giornali di destra canzonassero il mio lavoro come vacanza, o crociera a danno dei contribuenti. Ho gestito un reparto di neonatologia in Afghanistan; 2 volte mi sono imbarcato come medico di bordo sulle navi di ricerca e soccorso nel Mediterraneo; ho lavorato in un reparto Covid e adesso, da una settimana, mi trovo a Crotone, in qualità di responsabile medico di uno dei più grandi Centri Accoglienza Richiedenti Asilo (C.A.R.A.) in Italia, gestito dalla Croce Rossa.

E’ uno dei luoghi dove i migranti vengono trasferiti allo sbarco o in seguito a brevi periodi nei centri Hot Spot. Ci sarebbero molti modi per raccontare la realtà complessa che ruota intorno a un CARA o un CAS. Scelgo di provare a descrivere la situazione dei ragazzini soli, i minori stranieri non accompagnati (MSNA). Quando entro nel CARA di Crotone, ho appena il tempo di parcheggiare l’auto e mettere un piede fuori, prima di essere circondato da un gruppo di ragazzi sorridenti, che salutano: afgani, eritrei, somali siriani, soprattutto. Dico loro che sono Doctor Michael. Battono le mani e mi danno il cinque. Hanno un cartellino di colore giallo al collo, con sopra scritto nome, cognome, nazionalità, data di nascita e di arrivo di Italia. Scoprirò in seguito che ci sono due colori: bianco per gli adulti, giallo per i minori.

Quando mi allontano, accompagnato dagli operatori di Croce Rossa, domando se sia normale che così tanti ragazzi, poco più che bambini, siano in un posto così. La risposta è accompagnata da un sorriso amaro: in un CARA, i MSNA dovrebbero soggiornare per non più di 48 ore, per poi essere trasferiti presso strutture di seconda accoglienza a loro dedicate. Eppure, nel CARA di Crotone, i MSNA rappresentano il 25-30% degli ospiti totali, che qui restano per periodi lunghissimi, anche di mesi, a causa della grave, sistematica, insufficienza di posti all’interno delle strutture di destinazione. Ed ecco che una delle categorie di esseri umani più fragili, in assoluto più bisognosi di tutela e protezione, si trasforma in una delle principali vittime dell’involuzione del sistema di accoglienza.

Non soltanto nel CARA è impossibile garantire una separazione tra adulti e minori, ma il fatto che secondo il Ministero dovrebbero soggiornare per non più di 48 ore, fa sì che nei bandi non sia prevista per loro alcuna attività, zero educatori; nulla hanno da fare tutto il giorno, se non la possibilità di frequentare per qualche ora la scuola di lingua italiana prevista per gli adulti, rendendo interminabile il tempo che i ragazzi trascorrono nel centro. Dal quale, peraltro, non possono mai uscire, a differenza degli adulti che, se lo desiderano, possono abbandonare il campo la mattina per rientrare la sera.

La responsabilità di questa situazione è degli enti gestori dei centri accoglienza? No. O meglio, non sempre. Nel caso di Crotone, ciò che ho potuto osservare è un prezioso caso di ente gestore volenteroso, che fa il possibile (rischiando di andare in perdita), al fine di garantire anche a questi ospiti il servizio più umano e meno degradante possibile. La responsabilità principale risiede in bandi mal scritti, capitolati di spesa completamente scoordinati dalla realtà e un monitoraggio delle attività che quei bandi assegnano (compito delle prefetture), praticamente nullo: con il risultato che chi lavora bene non è premiato, mentre chi lavora male, sulla pelle delle persone, lucra e non riceve sanzioni.

Un esempio è la definizione stessa di minore straniero non accompagnato: molti prefetti considerano MSNA anche coloro che sono sbarcati con uno zio o un parente maggiorenne, aumentando in questo modo il numero di MSNA, nonché lacerando famiglie in cui un padre poteva aver affidato al fratello, il proprio figlio per il viaggio della speranza. Il primo passo sarebbe quindi, da parte del Ministero e delle Prefetture, una netta e seria assunzione di responsabilità nella capacità di governare i fenomeni e nell’interesse della vita e della dignità degli esseri umani che a loro, in primis, sono affidati. Dubito che ciò avverrà nei prossimi anni. Compito nostro sarà di vigilare e lottare per migliorare, o almeno resistere ad un ulteriore smantellamento della accoglienza dei minori stranieri non accompagnati: sono ragazzini, che hanno da soli affrontato un viaggio rischioso e violento, vedendo e subendo ciò che un ragazzo non dovrebbe nemmeno immaginare esista.

Michele Usuelli

In copertina veduta aerea del Cara di Isola Capo Rizzuto in un’immagine del Ministero dell’Interno

 

 

 

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