La guerra coi droni dei narcos messicani

Non è la prima volta che i cartelli impiegano velivoli senza pilota: ma il loro uso si fa sempre più offensivo contro chi difende villaggi e popolazioni

di Alessandro De Pascale

Da qualche giorno, sui profili social messicani gira un video diventato ormai virale. Dura 2 minuti e 20 secondi. È la ripresa aerea della videocamera di un drone che mostra un’esplosione, poi degli ordigni incendiari che fanno divampare immediatamente le fiamme nella foresta e infine tanto fumo. Ma soprattutto, fin dall’inizio, in quei fotogrammi si vedono numerose persone che scappano come meglio possono da delle baracche e capanne di fortuna coperte da un telo blu. L’attacco, avvenuto lunedì 10 gennaio, è stato attribuito al cartello della droga Jalisco Nuova Generazione (Cjng), che per tutta la settimana precedente aveva avviato una campagna di analoghi bombardamenti sulle baraccopoli nel comune messicano di Tepalcatepec, nello stato del Michoacán, con l’obiettivo di prenderne il controllo. Il tutto, dopo una serie di scontri a fuoco con le unità di autodifesa, presenti in quei villaggi proprio per cercare di difendere la popolazione dallo strapotere dei narcos. Contendendosi ogni singolo centimetro di territorio.

Se quelle immagini sono finite sul web è soltanto perché quel drone è precipitato al suolo, se abbattuto o caduto accidentalmente non è certo. Ma questo ha permesso di recuperare la scheda di memoria sulla quale stava registrando l’attacco. Secondo le testimonianze dei residenti non è la prima volta che accade. Anzi, è ritenuto un nuovo brutale “modus operandi” della criminalità organizzata messicana. La stessa sindaca di Tepalcatepec, Martha Laura Mendoza, ha dichiarato ai media locali che la regione è assediata dal Cártel de Jalisco Nueva Generación da almeno 4 mesi, le richieste di aiuto rivolte al governo messicano sarebbero andate a vuoto e la violenza dei narcos avrebbe già provocato oltre 3.000 sfollati.

Lo scorso dicembre, ad essere attaccata dai droni dei narcos era stata la vicina città di Chinicuila: gli agenti di polizia si erano dimessi in massa, il sindaco aveva lasciato l’incarico e circa metà della popolazione si era data alla fuga. Molti nel vicino stato di Colima, altri lungo la città di confine di Tijuana nella speranza di riuscire a entrare illegalmente negli Stati Uniti o che vengano accolte le loro richieste di asilo politico. La responsabilità della sicurezza era così passata nelle mani della Guardia nazionale e delle forze armate messicane, ma con evidenti scarsi risultati.

Il Michoacán è da tempo conteso tra i Cárteles Unidos e il Cjng, ritenuto assieme al cartello di Sinaloa, guidato dal ben noto Joaquín “El Chapo” Guzman, una delle due organizzazioni criminali più potenti del Messico. Questo Stato situato nella parte centrale del Paese e bagnato dall’Oceano Pacifico, pur contando poco meno di cinque milioni di abitanti, ha attualmente uno dei tassi di omicidi più alti del Messico: 2.234 morti ammazzati registrati, in media sette persone al giorno giustiziate soltanto tra gennaio e ottobre 2021, secondo il quotidiano locale El Sol de Morelia. I loro corpi vengono appesi ai ponti, abbandonati nei fossati ai lati delle strade o scaricati davanti agli edifici statali attaccati con bombe molotov o rasi al suolo dai narcos.

I Jalisco Nuova Generazione, al pari degli altri cartelli della droga messicani, terrorizzano la popolazione anche attraverso la propaganda. Nell’aprile scorso si erano ad esempio fatti fotografare da un reporter dell’agenzia messicana di fotogiornalismo Cuartoscuro a un posto di blocco nel Michoacán, nella municipalità di Aguililla. Proprio quel mese, in quel luogo, due agenti di polizia erano rimasti feriti in seguito ad un attacco sferrato da un drone commerciale dei narcos. L’immagine d’agenzia in questione mostrava un loro veicolo blindato in modo artigianale, con un drone commerciale sotto i 25 chilogrammi di peso che gli volava accanto. Mentre l’8 dicembre, dopo aver attaccato un quartiere ancora una volta con piccoli aeromobili a pilotaggio remoto carichi di esplosivo (a quanto pare C4 di livello militare), il filmato di una telecamera di sorveglianza stradale aveva immortalato uomini armati del Cjng entrare subito dopo nelle case abbandonate dalla popolazione in fuga per cercare di raderle al suolo con le granate.

L’uso di droni da parte dei cartelli è emerso per la prima volta nel 2014, quando sono iniziate a circolare voci del loro impiego per la consegna della droga. Quattro anni dopo il primo uso offensivo: nel 2018 due droni che trasportavano esplosivi sono precipitati senza fare danni nel giardino della casa di un alto funzionario pubblico nella Bassa California, Stato messicano al confine con gli Usa. Ma degli otto casi registrati di uso dei droni da parte dei cartelli, tre si sono verificati proprio in Michoacán. Una violenza senza fine, sempre più estrema e “tecnologica”, che ha fatto finire molte aree del Messico nelle mani dei cartelli della droga, costringendo la popolazione alla fuga o a vivere in veri e propri narco-Stati, dove a dettare legge è la criminalità organizzata foraggiata dal business della droga.

Ecco perché fin dagli anni Novanta, con le istituzioni non in grado di garantire la sicurezza e spesso accusate di essere in combutta con i narcos, molte comunità hanno deciso di armarsi autonomamente per proteggere la popolazione, dando vita alle unità di autodifesa. Che secondo le stime di Romain Le Cour, coordinatore del programma sicurezza del think tank Mexico Evalúa, nonché autore di una approfondita indagine sul fenomeno, conterebbero oggi tra le 15.000 e le 25.000 persone. Un vero e proprio piccolo esercito popolare, per un Paese come il Messico sul baratro della guerra civile causata dal proibizionismo e con una popolazione ostaggio dei narcos, della loro violenza e della corruzione delle istituzioni.

In copertina l’esplosione ripresa dal drone. Nel testo l’arresto di El Chapo nel 2017. Sconta l’ergastolo negli Usa ma la guerra dei cartelli non è finita. Conosce anzi una nuova stagione

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