La guerra dei missili

Gli Usa minacciano di escludere la Turchia dall’accordo sui caccia F-35 se Ankara comprerà armi da Mosca. Tensione anche per gli acquisti indiani dello stesso sistema missilistico russo sotto accusa da Washington

di Maurizio Sacchi

Entro luglio l’S-400, sistema missilistico russo terra-aria, sarà in dotazione alle forze armate di Ankara. Si tratta di uno dei più sofisticati sistemi di difesa antiaerea e antimissile del mondo, in grado di individuare e abbattere contemporaneamente fino a 80 velivoli di ogni tipo: droni a bassa quota, aerei a ogni altezza, e missili. Lo ha annunciato il presidente turco Erdogan (nell’immagine sotto), scatenando subito la reazione di Washington, che lo considera una minaccia per i propri caccia di ultima generazione F-35.

Gli Stati Uniti ammoniscono che la Turchia non può avere sia il sistema di difesa antiaerea S-400 sia i caccia US F-35. Secondo il sottosegretario alla Difesa americano Ellen Lord gli Stati Uniti non vogliono che i tecnici russi siano in grado di accedere alle vulnerabilità dell’F-35: “Non vogliamo avere l’F-35 in prossimità dell’S-400 per un periodo di tempo. Questo permetterebbe di comprendere il profilo dell’F-35 su quel particolare sistema”. E il segretario alla Difesa Patrick Shanahan la scorsa settimana ha scritto al suo omologo turco che gli Stati Uniti sono stati “delusi” nel sentire che personale militare turco è stato inviato in Russia per addestrarsi sull’S-400.

La minaccia americana è di escludere la Turchia dalla produzione e dalla fornitura del caccia F-35. Decisione che. se diventasse operativa, causerebbe non pochi problemi al programma del velivolo di ultima generazione. Infatti, oltre ad aver investito pesantemente sul programma, la Turchia produce, con le sue aziende, ben 937 componenti del caccia. E infatti Erdogan ha reagito a modo suo, ammonendo che la Turchia “terrà presenti” tutti coloro che cercano di escluderla dalla fabbricazione e dalle forniture del nuovo aereo.

Da parte americana, la reazione di Washington rientra in una politica già applicata di recente all’ Unione europea. Che persegue, almeno in prospettiva, l’autonomia in tema di armamenti, e che si è attirata in tal senso le critiche dell’amministrazione Trump, che ha argomentato sulla difficoltà di collaborare sul campo fra sistemi di armamenti informatici diversi. Oltre a difendere il sistema industrial-miltare di casa propria. Ma in questo caso la querelle ha più chiari motivi geo-poltici. Pur essendo la Turchia la seconda potenza militare della Nato, i recenti raffreddamenti dei rapporti con l’Unione europea, e con la stessa amministrazione americana, e una sorta di collaborazione di fatto di Turchia e Russia in Siria fa sì che questo nuovo sistema di fabbricazione russa possa mutare gli equilibri fra le potenze i cui interessi si intrecciano sullo scenario mediorientale.

L’S-400 “Triumph” è uno dei sistemi missilistici terra-aria più sofisticati al mondo. Ha un’autonomia di 400 km (250 miglia), e ha quindi un raggio d’azione che lo rende adatto alla difesa del territorio, oppure in scenari delimitati. Grazie a un sistema montato su camion fuoristrada, identifica i bersagli a grande distanza con un veicolo radar mobile, che invia i dati a un secondo veicolo dotato di un radar di ingaggio, collegato al veicolo di lancio, e che guida con grande precisione i missili sul bersaglio. Se i tecnici turchi inviati in Russia per l’addestramento saranno in grado di fornire dati utili sul nuovo F-35 e sulle sue vulnerabilità, certamente la loro efficacia in presenza di quest’arma ne sarebbe fortemente compromessa.

Dal canto suo la Russia persegue già da tempo una politica spregiudicata in tema di forniture militari. Ha destato scalpore l’acquisto da parte dell’India dello stesso sistema S-400 per 700 milioni di dollari; che si aggiungono a un precedente ordine, sempre dalla Russia, di carri armati per due miliardi di dollari. Il mercato indiano rimane cruciale per l’industria delle armi della Russia, che ne è stato il secondo esportatore del mondo lo scorso anno, in cui la Russia ha esportato armi per 2 miliardi di dollari in India, circa il 13% delle consegne totali in tutto il mondo, secondo il gruppo di esperti della difesa russa CAST.

Anche l’India non ha recepito le ammonizioni di Washington, e riguardo alle sanzioni che il Congresso americano ha autorizzato nei confronti di chi commerci in armi e sistemi che mettano a rischio il sistema difensivo americano, ha rilasciato dichiarazioni concilianti ma ferme: l’India, secondo il governo Modi (nella foto), ha bisogno del sistema per difendersi dai vicini più aggressivi, cioè il Pakistan e la Cina. Nessun cambio di fronte strategico, insomma. Ma se la voce grossa di Trump si trasformasse in sanzioni, nessun governo in India sarebbe più in grado di cooperare con gli Usa per lungo tempo.

Qual’è il disegno strategico del governo Trump? In questo confronto duro con tutti, dai “nemici” storici agli altrettanto storici alleati, più ancora che la difesa del ruolo strategico militare dell’America, si va evidenziando il progetto di far pesare tutta la potenza dell’economia a stelle e strisce sulle potenze emergenti -prima di tutte, la Cina. Per metterne in crisi economia e società. E bloccarne l’ascesa sullo scenario mondiale, per garantire che la promessa di “make America gret again”, si realizzi con le armi delle sanzioni. O con altre armi.

In copertina S-400 Triumph su veicolo da lancio

 

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