di Francesco Peschedasch
Padre Zanotelli, nel suo libro “Prima che gridino le pietre” (Chiarelettere 2018) scrive che ci sono molti più rifugiati e immigrati in paesi in via di sviluppo rispetto all’Europa. In Uganda per esempio i campi profughi stanno diventando delle vere e proprie città…
L’Onu riconosce come rifugiati (coloro che fuggono dalla guerra, o da persecuzioni religiose, o per opinioni diverse da quelle della maggioranza) 65 milioni di persone. L’Onu dice che l’86% di questi sono accolti da Paesi poveri, per esempio il Libano, che ha circa 5/6 milioni di abitanti e che ha accolto un milione e mezzo di siriani. Un Paese povero come l’Uganda accoglie un milione e mezzo di sud-sudanesi che scappano dalla guerra civile. Quindi i paesi ricchi accolgono il 14%, eppure sono i ricchi del mondo: è pochissimo. È mai possibile che un continente ricco (siamo il terzo pilastro economico del mondo di questo sistema) con 500 milioni di persone non riesca ad accogliere qualche milione di migranti? E allora la domanda è: ma perché questo? Son parecchie qui le ipotesi da fare. La prima ragione è che i politici, quando arrivano al governo – prendi anche questo ultimo governo, arrivato con un sacco di promesse e non riesce a mantenerne una – si ritrovano a fare i calcoli con il vero potere, che non è quello politico, ma è quello economico- finanziario. E quindi ti trovi imbrigliato dentro questo sistema e cosa dici agli elettori? Punterai il dito su qualcun altro… ecco il rito del capo espiatorio: trovi il debole di turno, possa essere il rom, i migranti, i senza fissa dimora e scarichi su di loro la colpa delle cose che non vanno.
A livello religioso è ancora più preoccupante il fenomeno. Prendiamo una nazione come la Polonia, ultracattolica, patria di Wojtyla. Lì i vescovi chiedono ai fedeli di andare sui confini col rosario in mano e milioni di polacchi sono andati a pregare il rosario contro l’invasione islamica. E non hai idea di quello che sta avvenendo in Ungheria, anche quello un paese cristiano, eppure con un rifiuto totale…. L’Italia, che è sempre stato un Paese proclamatosi cristiano, si trova con questo rifiuto da parte dei fedeli: sono terrorizzati da questo fenomeno e votano qualsiasi persona pur di tener lontane queste persone. E qui viene davvero da chiedersi: ma allora che razza di religione, che razza di cristianesimo è stato il nostro? Cioè, per il Vangelo, perché la base del cristianesimo è quel povero Gesù di Nazareth, che ci ha insegnato ben altro, ci ha insegnato l’accoglienza! Come facciamo ad accettare un Vangelo come quello di Salvini, che è il rifiuto dell’altro e l’odio per l’altro?
La fine del colonialismo è stata negli anni Sessanta. Com’è possibile che in 50 anni gli europei se ne siano andati e abbiano lasciato una situazione disastrata, da cui non c’è scampo?
La situazione dell’Africa oggi è quella che è per una ragione fondamentale: la sua ricchezza. La maledizione di questo continente è la sua ricchezza; ha un’immensa ricchezza di sottosuolo. Petrolio e gas ovviamente, ma soprattutto minerali, fondamentali per il prossimo futuro. Penso al coltan, al litio, al cobalto, che saranno fondamentali per esempio per le pile elettriche, per le macchine…
Per i cellulari…
Sì, i cellulari, e tutta questa roba… Prendiamo una nazione così ricca come il Congo, che ha tutti questi minerali… Dal ’96 al ’99 si è combattuta una guerra che ha fatto almeno 4 milioni di morti eppure nessuno si preoccupa del Congo. I grandi, grandissimi giornali dal New York Times, al Washington Post, che fanno anche dei buoni servizi, mai che parlino del Congo! Perché? Perché a molti sta bene così: stanno depredando il Congo. Poi chiaramente ci sono anche errori interni. Quello che è successo in Africa è che una piccola borghesia corrotta (anche da noi) è andata al potere ed è tuttora al potere e fa i propri interessi: si ingrassa a spese del suo popolo. E c’è sempre più una barriera, anzi più che barriera direi un abisso, tra le masse popolari e pochi ricchi che hanno tutto.
Ecco perché gli africani “non se ne stanno a casa loro”?
Penso che nessuno abbia piacere ad abbandonare la terra dove è nato; è parte di ognuno di noi quella voglia di rimanere, ritorniamo sempre da dove siamo partiti, perché c’è qualche cosa che ci lega; è inutile, siamo parte di quella terra, per questo siamo molto legati a lì dove siamo nati. Per cui si parte, di solito, per necessità, e le necessità possono essere tante, ci possono essere necessità di tutti i tipi. Io ricordo per esempio, quand’ero ragazzino, quanta gente ho visto partire per il Canada, per gli Stati Uniti, per l’Australia con la valigia in mano perché facevano miseria qui, piangendo. È una sofferenza: si lasciano un sacco di realtà, persone care, luoghi dove si è cresciuti. La prima cosa che vorrei far notare a tutti è che a nessuno piace andar via.
La seconda cosa da dire è che se uno si muove è perché ci sono delle ragioni serie dietro, e le ragioni serie sono di tipo economico, oppure perché si è in guerra, oppure perché nella tua terra ormai non ci puoi più stare per esempio per i cambiamenti climatici… Sono queste alcune delle ragioni fondamentali per cui si decide di fuggire dalla propria terra. Per esempio io son vissuto in Africa e ho scelto di vivere in una baraccopoli per 14 anni. E quando tu vivi dentro un inferno come quello di una baraccopoli come Korogocho a Nairobi, senti che devi scappare, se riesci a scappare.
Oggi per esempio in Africa le baraccopoli non solo non sono diminuite, ma abbiamo 200 milioni di persone che vivono in baraccopoli in situazioni veramente orribili… è chiaro che da questo si tenta di scappare. Come abbiamo fatto anche noi italiani! Basti sapere che abbiamo 60 milioni di italiani che vivono all’estero oggi, nati dalle migrazioni: perché o facevano fame, o non ce la facevano più, e avevano una speranza di migliorare la propria vita.
In copertina l’Amboseli National Park, Kenya (foto di Sergey Pesterev). Nel testo, padre Alex Zanotelli