Protesta nel Paese svuotato

Gli emigrati della Romania alzano la voce contro il Governo social-democratico, accusato di corruzione. In autunno nuove manifestazioni

di Alice Pistolesi

Il mese di agosto è per i moltissimi romeni espatriati un momento di ricongiunzione con la famiglia e con chi è rimasto nel Paese. Ma quest’anno, agosto è stato anche altro. Oltre 100mila persone si sono infatti date appuntamento tramite social network a Bucarest per manifestare contro il governo social-democratico, accusato di corruzione e di seguire ancora una linea troppo ‘alla Ceaușescu’

Se il Psd, il partito al potere, gode di consenso nel Paese, lo stesso apprezzamento non gli è concesso dai connazionali espatriati. Gli emigrati vedono la formazione politica come l’erede del vecchio partito comunista. Tra i motivi della contestazione c’è poi la gestione del pubblico (strade, infrastrutture), giudicata disastrosa.

La manifestazione del 10 agosto si è trasformata in uno scontro con la gendarmeria che ha caricato la folla e utilizzato lacrimogeni. Fonti locali parlano di oltre 450 feriti (tra cui vari giornalisti), alcuni anche gravi.

Ma non è finita

Il presidente della Repubblica Klaus Iohannis, con un post su Facebook, ha, il giorno successivo, condannato i fatti scagliandosi contro la gendarmeria e definendo la loro reazione “non proporzionata alle azioni della maggior parte delle persone di Piata Victoriei”.

La manifestazione, per lo più pacifica, è stata destabilizzata da gruppi di provocatori violenti. Fatto non nuovo in Romania, dove già nel febbraio 2017, durante le prime grandi manifestazioni contro il governo Psd, la dinamica fu grossomodo la stessa di questa occasione. I media anti-governativi ritengono che siano ambienti vicini al partito social-democratico a muovere i cosiddetti ‘huligani’ per screditare le proteste davanti all’opinione pubblica.

La manifestazione, secondo gli osservatori, ha messo in luce le difficoltà della democrazia in Romania e non si esclude una svolta autoritaria.

Nei prossimi mesi il Paese sarà interessato da varie scadenze elettorali, che culmineranno con le elezioni politiche nel 2019. Dal punto di vista della protesta, invece, pare che siano alle porte nuove manifestazioni in autunno.

Un Paese svuotato

Sono circa cinque milioni i romeni che vivono all’estero. Buona parte è emigrata durante gli anni della transizione post sovietica, tra il 1990 e il 2000. Numeri che fanno sì che circa il 15-20 per cento della popolazione abiti fuori dal territorio nazionale.

Tra i maggiori Paesi di emigrazione ci sono l’Italia (che ne ospita circa un milione), la Spagna e il Regno Unito, dove costituiscono la seconda comunità straniera dopo quella polacca.
Le rimesse di chi è emigrato garantiscono alla Romania un importante afflusso di denaro. Viste le percentuali di emigrazione, poi, il tasso di disoccupazione interno è molto basso. I lati negativi però non mancano: la scarsità di popolazione attiva che possa garantire il pagamento delle pensioni e una grave destabilizzazione del paese svuotato della forza lavoro sono tra questi.

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