Trasformare l’emergenza sanitaria in un’occasione per la riconversione dell’industria militare. Con questo obiettivo Economia Disarmata, il Gruppo di riflessione e azione su disarmo, riconversione e cammino della pace promosso dal Movimento dei Focolari, ha lanciato un appello che parte da Genova, dove i portuali, da maggio 2019, si rifiutano di caricare armi destinate ai luoghi di conflitto.
L’approfondimento parte da una semplice domanda: perché fermare attività non essenziali di economia civile mentre invece l’industria di armi va avanti? All’appello e alle domande la rete unisce “idee ricostruttive e azioni per un’economia disarmata” di cui si è discusso in un incontro web lunedì 6 aprile con alcuni esponenti dei movimenti del disarmo e del mondo dell’associazionismo: da Josè Nivoi del collettivo autonomo lavoratori portuali di Genova, a Davide Penna, Associazione Arena Petri, da Gianni Alioti, sindacalista esperto di riconversione industriale, fino a Cinzia Guaita e Arnaldo Scarpa, comitato riconversione Rwm. Oltre agli attivisti anche le testimonianze di Luciano Sguotti da una rsa di Padova e di Stefano Zara, imprenditore, già presidente di Assindustria Genova.
Da Genova, infatti, si parte. “Abbiamo deciso – ha raccontato Josè Nivoi del collettivo autonomo lavoratori portuali di Genova – di non essere più il braccio della guerra ma il granello di sabbia che blocca l’ingranaggio”. “Con le ricerche, sostenute da Rete Disarmo, sui codici di spedizione, abbiamo infatti scoperto che i generatori che caricavamo sulle navi erano diretti alla guardia civile saudita per alimentare droni da bombardamento e mitragliamento che vengono utilizzati contro le popolazioni civili nel conflitto in Yemen. Decidemmo di non lavorare su questo tipo di carico, chiedendo l’aiuto di quelle sensibilità che volessero dimostrare contrarietà alla nave”. “Dallo sciopero del 23 maggio 2019 che ci ha consentito di vincere una battaglia, l’attenzione è rimasta alta e abbiamo promosso un ulteriore blocco a febbraio 2020”.
Da Genova, quindi, si parte ma non ci si ferma. L’azione dei portuali si coordina con i colleghi del porto di Bilbao. Così come la mobilitazione contro la tedesca Rwm lavora in collaborazione con gli attivisti tedeschi e passa per la creazione di un marchio ‘war free’ per le aziende locali che dimostrano di non essere complici di un sistema di guerra.
La strada, attiva, verso la sensibilizzazione al disarmo e alla riconversione, è più viva che mai e vede nel momento di crisi sanitaria un momento di ripartenza. “Perché devono esserci aziende che producono armi e non industrie in grado di realizzare dispositivi di protezione o ventilatori per la terapia intensiva che consentono di salvare vite umane?”. E’ la domanda che si leva dall’incontro e a cui segue una risposta precisa: “ la riconversione deve essere al centro della politica per la ripresa. Partendo dalla crisi del settore sociale e sanitario: economia civile e disarmo devono diventare le priorità dell’agenda politica”.
di Red/Al.Pi.
*In copertina un’immagine tratta da Economia Disarmata