di Alice Pistolesi
L’Autorità Palestinese avrà la possibilità di partecipare ad alcuni programmi dell’Unione Europea e l’Ue potrà rafforzare l’assistenza economica verso i territori occupati. Martedì 22 novembre il Parlamento europeo ha infatti approvato (con 519 voti favorevoli, 23 contrari e 92 astenuti) il Protocollo all’Accordo di associazione interinale euromediterraneo sugli scambi e la cooperazione tra la Comunità europea e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina, che si inserisce in un accordo quadro tra l’Ue e l’Autorità palestinese della Cisgiordania e della Striscia di Gaza sui principi generali della sua partecipazione all’Unione.
Ma c’è un ma: se da una parte si finanziano infrastrutture e servizi in Palestina, dall’altra si continua a non condannare lo stato israeliano a ripagare quelle distrutte, che spesso sono proprio finanziate dall’Ue. “L’accesso della Palestina alla possibilità di partecipare a programmi unionali – ci ha detto Rosa d’Amato del gruppo Greens/Efa – è una buona notizia ma restano delle criticità nell’approccio dell’Ue nei confronti dei territori occupati e il ruolo delle autorità israeliane nell’area. Sono preoccupata dei recenti risultati elettorali in Israele e quello che potrebbe significare per il popolo palestinese. La politica dell’Ue deve essere coerente: da una parte finanziamo programmi e infrastrutture in Palestina, mentre dall’altra lo stato israeliano abbatte queste stesse infrastrutture e porta avanti una politica di insediamenti aggressiva nei territori occupati senza che questo abbia la minima conseguenza sui nostri rapporti con lo Stato d’Israele”.
Le espansioni degli insediamenti sono aumentate negli ultimi anni. Nel 2022 le autorità israeliane hanno demolito o costretto gli stessi palestinesi ad abbattere 491 strutture, di cui 81 finanziate da donatori, sfollando 626 persone, tra cui 302 bambini, in Cisgiordania e Gerusalemme est. Da quando il nuovo governo israeliano ha prestato giuramento il 13 giugno 2021, sono state demolite 1.031 strutture, comprese 177 strutture finanziate da donatori, sfollando 1.310 palestinesi tra cui 670 bambini.
“Le ong sul territorio – prosegue l’europarlamentare – riportano che negli ultimi anni c’è stato un aumento del 15% in termini di demolizioni israeliane di strutture finanziate dall’Ue in Palestina. Dovrebbero esserci delle conseguenze concrete per queste violazioni, penso a misure ad hoc contro quegli individui che hanno un ruolo primario nel pianificare e implementare l’annessione o l´espansione degli insediamenti nella West Bank”.
Nonostante tutte le violazioni, riconosciute dalla stessa Ue, secondo cui gli insediamenti sono illegali ai sensi del diritto internazionale, l’accordo di associazione Ue-Israele resta infatti attivo. Già nel marzo 2007 il Consiglio dell’Ue aveva approvato la partecipazione graduale di 13 partner Pev (Politica europea di vicinato) alle agenzie e ai programmi dell’Ue (Algeria, Armenia, Azerbaigian, Egitto, Georgia, Libano, Israele, Giordania, Moldavia, Marocco, Autorità palestinese, Tunisia e Ucraina). Solo il 24 ottobre 2019 il Consiglio europeo ha adottato un progetto di conclusioni che stabilisce i principi generali per la partecipazione della Palestina ai programmi dell’Unione: l’autorità palestinese è stato l’ultimo dei tredici Paesi ad accedere a questa possibilità.
C’è poi la questione Horizon Europe, una delle forme più strette di cooperazione nella ricerca e nell’innovazione tra l’Ue e i paesi terzi. Nel dicembre 2021 un gruppo interpartitico di 60 eurodeputati aveva inviato una lettera all’alto rappresentante dell’Ue, Joseph Borrell, esprimendo le proprie preoccupazioni per la formalizzazione dell’accordo con Israele. “La visione di Horizon Europe – scrivevano – è quella di creare “un futuro sostenibile, equo e prospero per le persone e il pianeta basato sui valori europei”. Tuttavia, gli atti disumani di Israele nei confronti dei palestinesi sono stati identificati da esperti internazionali ed europei come atti illeciti di apartheid e persecuzione a livello internazionale”.
A preoccupare, tra le altre cose, erano state le rivelazioni sull’uso della tecnologia di sorveglianza informatica come lo spyware Pegasus contro i difensori dei diritti umani palestinesi. Gli europarlamentari chiedevano infatti che la “fonte di tale tecnologia fosse indagata e affrontata”. La risposta alla lettera non è ad oggi ancora arrivata.
Le due fotonotizie sono tratte rispettivamente da Al Jazeera e da The Guardian