Sarebbe il Messico il secondo paese più violento del mondo dopo la Siria.
A dirlo l’International Institute for Strategic Studies (Iiss) secondo il quale la violenza dei gruppi organizzati ha raggiunto il livello degli stati con conflitti armati aperti.
Ventitremila morti nel 2016 e trentanovemila nella regione che comprende anche Honduras, Guatemala ed El Salvador.
Il rapporto è stato contestato dalle autorità governative messicane perché “non si capisce quale sia l’origine della cifra” annunciata.
Ma lo Stato si conferma altamente pericoloso, non solo a causa della coca o della marijuana. E’ di pochi giorni fa la notizia di una sparatoria per il traffico di carburante con dieci morti nella zona di Puebla.
Inoltre le macabre scoperte non si fermano. Ogni settimana si scoprono nuove fosse comuni nello stato di Veracruz. Il procuratore dello stato, Jorge Winckler, ha parlato di “un’immensa tomba, la più grande del paese e forse del mondo”.
Lo stato di Veracruz è noto come il principale punto di radicamento dei gruppi criminali, che lottano tra loro per il controllo della droga e del contrabbando.
E in questo contesto anche la vita per i giornalisti è, per usare un eufemismo, difficile: nel 2016 sono stati 11 i giornalisti uccisi.
Il quotidiano messicano Norte de Ciudad Juárez ha deciso di sospendere la sua edizione online per motivi di sicurezza nel mese di aprile. La decisione è seguita all’omicidio di Miroslava Breach, giornalista che si occupava di criminalità organizzata, traffico di droga e inchieste di corruzione.
Tra il 2002 e il 2013, l’organizzazione Cimac ha documentato 184 casi di violenza contro donne che fanno comunicazione, incluso il femminicidio.