Migranti, sono cose turche

di Andrea Tomasi

L’Ue stanzierà 56 milioni di euro di aiuti alla Grecia per facilitare la gestione dei migranti. Lo rende noto un comunicato diffuso dalla Commissione europea. Le risorse mirano ad aumentare le capacità delle autorità greche di registrare i migranti in arrivo e processare le loro richieste di asilo. 30 dei 56 milioni – riferisce l’Ansa – saranno concessi all’Unchr per sostenere il Piano di emergenza per la Grecia e per rafforzare i servizi di asilo locali. L’Iom (International Organisation for Migration) riceverà 13 milioni per l’assistenza ai migranti più vulnerabili bloccati in Grecia. Altri 13 milioni saranno concessi al Ministero degli Interni greco e al Servizio per l’asilo. È questa una tranche della super sponsorizzazione europea per l’emergenza profughi. Adesso si parla della Grecia, ma il perno attorno al quale tutto gira si chiama Ankara. L‘accordo tra l’Ue e il governo turco è stato siglato a fine novembre. Il giorno dopo è scattato il blocco di Ankara su tutti i punti di imbarco dei profughi che vorrebbero raggiungere le coste greche. Il lavoro sporco l’Unione europea, spaventata dai flussi di disperati verso il Nord, lo ha esternalizzato, subappaltato alla Turchia. Con il fondo per i rifugiati l’ue paga per teere lontano da sè il problema. Non viene risolto ma solo spostato geograficamente in un Paese che usa metodi più spicci. «L’intervento – scrive Adif (Associazione diritti e frontiere) – previsto per il 2016 è di 2.500 milioni di euro, garantiti dagli Stati membri e altri 500 milioni da parte dell’UE, per un totale di 3 miliardi. Il Fondo, secondo gli accordi firmati mira, come strumento, a coordinare e razionalizzare le azioni finanziate dall’Unione e dei contributi bilaterali garantiti dai singoli Stati membri».
I soldi infilati in questo «salvadanaio turco» dovrebbero servire per garantire aiuti umanitari ai profughi e alle autorità locali. In pratica – racconta Stefano Galieni – dovrebbe garantire aiuti umanitari direttamente ai profughi, alle autorità locali e a quelle nazionali impegnate nell’accoglienza. «Di fatto significa che, considerando il regime turco, sarà il governo centrale a decidere la destinazione dei beni e anche delle sovvenzioni». I singoli Stati membri hanno garantito diverse quote. Il primo contribuente è la Germania (534.384.810 euro), seguono Regno Unito (409.538.796), Francia (386.518.273) e Italia (281.139.943 euro). E adesso la Turchia – Paese notoriamente aspirante all’entrata nell’Unione europea – si trova in una posizione di potere. «In pratica può ricattare l’Europa con la minaccia dei profughi che è in grado di controllare, come faceva la Libia di Gheddafi ma avendo un potere contrattuale infinitamente maggiore e potendo giocare un ruolo predominante in una vasta area geopolitica».
Galieni fa notare che la Turchia, giocando questo ruolo di “Paese picchiatore”, non si è necessariamente guadagnata un lasciapassare per il club dell’Unione europea: con l’ingresso della Turchia nell’Ue rischierebbero di «saltare i confini che permettono di trattenere i profughi». Un trattenimento con maniere spicce, di cui non si parla. Più probabile – si dice – che rimanga nel ruolo di «esecutore del lavoro sporco non solo verso i siriani, con cui magari si troveranno per ora forme di accoglienza, ma per cittadini del Pakistan, del Bangladesh e dell’Afghanistan che verranno rispediti nei loro paesi ritenuti “sicuri” magari con i fondi dell’Ue, magari anche con i mezzi di Frontex. Il percorso è quello delle espulsioni sommarie, che avverranno senza interferenza di chi si occupa di diritti umani e contemporaneamente questo faciliterà i processi di repressione già in atto in Turchia».
Il premier turco Erdogan avrà pure tanti difetti ma di sicuro non gli manca la chiarezza del linguaggio. Quando lancia messaggi, arrivano dritti come il missile che lo scorso novembre ha abbattutto l’aereo militare russo, che aveva sconfinato (anche se Mosca ha sempre negato di avere sorvolato i cieli truchi). «L’Unione Europea tiene i profughi in condizioni vergognose, l’Europa non dica a noi cosa fare». Queste le parole pronunciate da Ankara, con la Turchia che ospita nei campi quasi tre milioni di siriani. «Le potenze occidentali, in primis Stati Uniti d’America e l’Europa, hanno destabilizzato la Siria finanziando gli oppositori e fornendo loro soldi ed armi che hanno favorito la nascita dell’Isis che ha occupato parte della Siria e dell’Iraq – scrive Claudio Toffalini su Verona-In. «Gli Usa hanno finto di combattere l’Isis lanciando qualche missile nel deserto anziché colpire i pozzi petroliferi gestiti dall’Isis e le colonne di camion che trafficavano petrolio con la Turchia. Pure la Turchia ha finto di colpire l’Isis, approfittando invece del caos per combattere la minoranza curda, forse l’unica forza che veramente si era opposta all’Isis». È emergenza migranti ed è emergenza Grecia. Si è deciso che – a partire dal 20 marzo – ogni nuovo arrivato «irregolare» in Grecia debba essere «riportato in Turchia ed in cambio il governo turco può inviare nell’ Ue un siriano». «La cancelliera Merkel ha capito che il proliferare di muri e filo spinato ad ogni frontiera dell’Europa avrebbe messo seriamente a rischio i rapporti fra i 28 Paesi e soprattutto il trattato di Schengen, ovvero la libera circolazione di merci e persone». Questa la realtà, fatta anche di violenze e di guardie turche che picchiano e a volte sparano: una realtà raccontata dai cronisti, che stride – e non poco – con le dichiarazioni roboanti provenienti dai vertici della Commissione europea.La Commissione europea ha pubblicato la relazione sull’applicazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nel 2015. Il documento – si legge in una nota – offre una panoramica del modo in cui i diritti fondamentali sono stati applicati in una serie di politiche dell’Ue e negli Stati membri. Frans Timmermans, primo Vicepresidente della Commissione, ha dichiarato: «I diritti fondamentali sono la base della nostra Unione europea e delle nostre comunità. Negli ultimi tempi, l’UE ha dovuto affrontare molte e gravi sfide che hanno messo alla prova il rispetto di questi diritti: il terrorismo, un numero senza precedenti di rifugiati e migranti in arrivo, le pressioni economiche e un’inquietante ascesa del populismo e della xenofobia hanno infatti indotto alcuni a mettere in discussione i nostri valori. Alla luce di queste sfide è indispensabile difendere la democrazia, i diritti fondamentali e lo Stato di diritto. Dobbiamo agire per difendere i nostri diritti, e non essere passivi dandoli per scontati. Per questo motivo, il convegno sui diritti fondamentali dello scorso anno ha identificato azioni specifiche per incoraggiare la tolleranza e il rispetto delle religioni diverse e per combattere il razzismo e la xenofobia».
L’Ue pare concentrarsi sui diritti dei propri cittadini e un po’ meno di quelli di chi bussa alle porte dell’Europa. Věra Jourová, commissaria per la giustizia, i consumatori e la parità di genere, ha sottolineato: «Se i nostri diritti sono scritti su un foglio di carta, ma non sono rispettati dai nostri governi o da un tribunale, averli non serve quasi a niente. Dobbiamo andare oltre la teoria e raggiungere risultati concreti. È quanto chiedono i nostri cittadini». Democrazia, diritti, no a razzismo e xenofobia: parole condivisibili, ma vista da fuori l’Europa appare come un’entità che razzola male, anzi malissimo. L’Associazione Diritti e Frontiere ha detto già a fine 2015 che l’Ue pare non reggere alla prova dei fatti: alcune associazioni, fra cui l’Agenzia Habeshia, Progetto Diritti, il Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos hanno chiesto che «le procedure illegali di blocco in Turchia vengano annullate e non vengano anzi estese nel continente africano». Servono «corridoi umanitari» e «canali di ingresso legali in Europa» altrimenti «si consegnano centinaia di migliaia di persone nelle mani di tiranni senza pietà e di questo l’Europa porterà la responsabilità nei secoli a venire».

http://www.verona-in.it/2016/03/19/leuropa-paga-la-turchia-perche-si-tenga-i-profughi/

http://www.a-dif.org/2015/12/02/il-lavoro-sporco-della-turchia-con-i-soldi-delleuropa/

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