Myanmar, Aung San Suu Kyi verso la vittoria

I primi risultati del voto indicano un successo della Lega per la democrazia. La Nobel riconfermata deputata al Parlamento

I primi risultati delle elezioni birmane, che si sono tenute domenica 8 novembre nel Paese asiatico nella prima tornata elettorale svoltasi sotto l’egida di un governo civile, stanno riconfermando il successo che la Lega nazionale per la democrazia (Nld) di Aung San Suu Kyi ebbe nel primo voto democratico del 2015. La stessa “Lady”, come la Nobel viene spesso chiamata, è stata rieletta alla Camera bassa nel seggio della township di Kawhmu a Yangon, l’ex capitale dove sono andate a votare oltre 5 milioni di persone. L’affluenza, come nella passata tornata, è stata molto alta anche se ancora non vi sono dati ufficiali: lunghe code si sono registrate davanti ai seggi – che, aperti sin dalle prime ore del mattino, hanno chiuso ieri alle 4 pomeridiane – e molte delle dichiarazioni raccolte dalla stampa locale hanno indicato una netta preferenza per la Lnd.

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La tornata elettorale si e’ svolta in un clima pacifico e la Commissione elettorale ha espresso il suo compiacimento per l’andamento della giornata elettorale nonostante le restrizioni dettate dal Coronavirus. Non di meno, circa un milione di persone non hanno potuto votare nelle zone dove è in corso il conflitto armato tra Tatmadaw, l’esercito birmano, e l’Arakan Army, un gruppo armato locale autonomista: segnatamente nel Rakhine, lo Stato nordoccidentale dove la Commissione elettorale ha deciso di chiudere 9 delle 17 circoscrizioni elettorali per motivi di sicurezza. Una buco nero, molto criticato dai partiti arakanesi che si sentono dunque deprivati di rappresentanza, cui va aggiunto che almeno un milione di Rohingya, la vasta minoranza musulmana del Rakhine, vive ora all’estero dove è fuggita soprattutto dopo i pogrom anti musulmani del 2012 e soprattutto del 2017 quando oltre 700mila fra loro cercarono rifugio in Bangladesh. Nemmeno questi hanno dunque votato anche se va ricordato che nemmeno quando vivevano in Myanmar era loro consentito recarsi alle urne. Quanto alla Lega ha presentato solo due candidati musulmani che sono comunque stati eletti.

Una nuova vittoria della Lega garantirebbe comunque un rafforzamento del processo democratico, pur con le molte ombre che lo sovrastano, e la ripresa di una battaglia assai complessa per garantirlo: già nei primi mesi di quest’anno la Lega aveva tentato di cambiare la Costituzione che, proprio in materia elettorale, resta estremamente favorevole al potere militare. La Carta infatti garantisce un quarto dei seggi parlamentari a militari scelti dal Comandante in Capo dei Servizi di Difesa: nella Pyithu Hluttaw – la Camera bassa – dei suoi 440 seggi solo 330 vengono infatti eletti col voto popolare dell’8 novembre mentre i restanti 110 saranno nominati dall’esercito. Cosi come nella Amyotha Hluttaw (Camera delle nazionalità o Camera Alta) che avrà 224 seggi eletti e 56 di nomina militare. La Costituzione, voluta dai militari e approvata nel 2008 con un referendum, consegna al potere in divisa anche i tre dicasteri chiave di Interno, Difesa e Frontiere.

In copertina un manifesto elettorale della Lega

(Red/Est)

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