Dossier/ Le regole della guerra: cosa prevede il diritto umanitario

Anche la guerra ha (o dovrebbe avere) le sue regole. Il diritto internazionale umanitario racchiude in convenzioni, trattati e consuetudini tutte quelle norme che puntano a limitare le inevitabili conseguenze delle guerre, con l’obiettivo di renderle meno ingiuste e letali.

In questo dossier di riportano alcune delle informazioni alla base del diritto umanitario e delle difficoltà nel perseguire le violazioni.

*In copertina Foto di Kevin Paes su Unsplash, di seguito la sede della Corte penale internazionale

Cos’è il Diritto internazionale umanitario

Per diritto internazionale umanitario (Diu) si intende l’insieme di regole che ha lo scopo di limitare gli effetti dei conflitti armati, disciplinare la conduzione delle ostilità e proteggere le vittime (civili, feriti, malati, prigionieri di guerra, internati, naufraghi, personale sanitario e personale che fornisce assistenza spirituale) dei conflitti. Si applica a ogni tipo di conflitto armato internazionale o non internazionale, indipendentemente dalla legittimazione e dalle ragioni del ricorso alla forza.

Il Diu è noto anche come ‘diritto bellico’ o ‘diritto dei conflitti armati’. Secondo le disposizioni del Diu le parti in conflitto devono agire con umanità e senza discriminazioni. Per questo gli attacchi a civili o infrastrutture civili sono vietati, i feriti e i malati devono essere curati e i prigionieri devono essere trattati con umanità e avere accesso a un processo giusto. Il Diu protegge anche beni e infrastrutture civili come ospedali e ambulanze, materiale e aiuti medici. Anche importanti beni culturali come monumenti storici, opere d’arte e luoghi di culto godono di protezione, così come beni e infrastrutture che hanno importanza vitale per la popolazione civile (ad esempio gli acquedotti). Il Diu vieta inoltre di attaccare infrastrutture che contengono elementi pericolosi (come le centrali nucleari). Il Diu limita anche i mezzi e i metodi utilizzati per condurre una guerra, proibisce le armi che causano ferite o sofferenze inutili e vieta i metodi che provocano danni ambientali gravi, estesi e di lunga durata.

La difficoltà nel perseguire le violazioni

Le violazioni del diritto umanitario sono complesse da perseguire perché sono difficili da dimostrare e comportano rilevanti conseguenze nei rapporti tra gli stati. Un organismo fondamentale per l’applicazione del Diu è la Corte penale internazionale. La Corte si occupa dei crimini internazionali commessi dagli individui e non dagli Stati ed ha la propria base giuridica nello Statuto di Roma (approvato nel 1998), di cui fanno parte 123 Paesi. Non sono parte della Convenzione di Roma, tra gli altri, due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Russia e Stati Uniti), la Cina e l’Ucraina. Israele, invece, ha firmato ma non ha ratificato la Convenzione. La Cpi esercita le proprie funzioni ed i propri poteri sul territorio di qualsiasi Stato membro ma, la sua giurisdizione può estendersi anche al territorio di ogni altro Stato che ne fa richiesta.

Due casi storici in cui i crimini di guerra sono stati perseguiti sono quelli che riguardano le guerre nei Balcani degli anni Novanta e il genocidio del Ruanda. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (competente per le guerre nella ex Jugoslavia, la guerra del Kosovo e il conflitto in Macedonia) ha portato a termine 83 condanne definitive. Si è trattato del primo tribunale penale speciale istituito dopo i tribunali militari di Norimberga (1945-46), creati per giudicare i crimini dei gerarchi nazisti. A differenza di Norimberga, la pena massima che il Tribunale per l’ex Jugoslavia può erogare è l’ergastolo e non la pena di morte. Lo stesso valeva per il Tribunale penale internazionale per il Ruanda, istituito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 1994 per il genocidio ruandese commesso tra il 7 aprile e il 15 luglio 1994.

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