La violenza nel Sahel è realtà quotidiana: i gruppi terroristici stanno colpendo i soldati dei cinque stati (Burkina Faso, Niger, Mauritania, Ciad e Mali), le truppe della missione francese anti-jihadista Barkhane, le missioni Onu e ovviamente i civili. Come abbiamo più volte analizzato la povertà, la disuguaglianza, la mancanza di uno Stato in grado di rispondere alle esigenze della popolazione, crea il terreno più fertile per la diffusione della criminalità e del terrorismo jihadista.
Un rapporto sulla criminalità organizzata nel Sahel realizzato dal Cesi (Centro Studi Internazionali) e a cura di Marco Di Liddo, Fiamma Terenghi, Andrea Cerasuolo e Valentina Piol ci fornisce approfondimenti sulla situazione della Regione. Qui la criminalità organizzata “ha dimostrato una notevole e crescente flessibilità operativa in grado di permetterle di stringere “alleanze tattiche” anche con il variegato panorama delle milizie insurrezionali e jihadiste”. Per questo in molti casi nel Sahel “risulta quasi impossibile distinguere nettamente organizzazioni jihadiste o insurrezionali e organizzazioni criminali, soprattutto nel momento in cui le prime utilizzano i metodi ed attingono ai mercati illeciti delle seconde a scopo di finanziamento”.
Violenza e traffici di esseri umani, di armi e di stupefacenti interessano tutta l’area. A rendere la zona ancora più pericolosa ha contribuito infatti la crisi dei tradizionali punti di transito del flusso di narcotici lunga la direttrice Asia-Europa e America Latina-Europa a causa “dell’inasprimento dei controlli di frontiera e l’efficacia delle politiche di contrasto nazionali e internazionali”. La conseguenza di questa ‘crisi’ nel trasporto è arrivata nel Sahel, dove la criminalità organizzata ha trovato il modo di sfruttare le vulnerabilità sistemiche.
Oltre alla situazione analizzata dal rapporto si inserisce poi una lotta ‘fratricida’. Il gruppo dello Stato islamico (Is) ha rivelato il 7 maggio tramite un rapporto dettagliato sul suo settimanale Al-Naba e riportato dalla Bbc, di essere impegnato in feroci scontri con militanti di al-Qaeda in Mali e Burkina Faso. La colpa dell’affiliata del Sahel di al-Qaeda, Jamaat Nusrat al-Islam wal-Muslimin (Jnim), sarebbe quella di aver iniziato la lotta e mobilitato grandi forze per attaccare le posizioni dell’Is in Burkina Faso e Mali, dove entrambi i gruppi sono attivi a spese, come sempre, dei civili. Il rapporto dell’Is smentisce vari report che all’inizio del 2020 avvertivano che i due gruppi stavano collaborando, andando ad aumentare la minaccia jihadista nel Sahel. Il Sahel è da tempo e resta uno dei campi di battaglia preferiti dal gruppo Stato Islamico. In un editoriale di fine marzo sulla sua newsletter Al-Naba lo Stato islamico aveva dichiarato la propria ascesa in Africa Occidentale.
*In copertina Photo by Red Morley Hewitt on Unsplash
di Red/Al.Pi.