Trump attacca su tutti i fronti

Mentre Pechino minaccia un contrattacco, usando l'arma delle terre rare, gli Usa scelgono la linea dura, anche con gli alleati

di Maurizio Sacchi

Mentre Donald Trump fa della sua visita nel Regno unito un’occasione per attaccare sia l’Unione europea, che il sindaco laburista di Londra, la sua politica aggressiva e spregiudicata si è confermata su vari fronti, da quello cruciale con Pechino, all’Europa, all’America latina. Dopo aver definito Sadiq Khan, il primo cittadino della capitale britannica un “perdente”, e aver sostenuto apertamente l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, il presidente americano si trova a sostenere duri scambi negoziali su altri fronti.

Con la Cina, la guerra commerciale non si sta raffreddando; la retorica si sta anzi surriscaldando da entrambe le parti, e sembra probabile un’ulteriore escalation. La Cina sta aumentando le tariffe su 60 miliardi di dollari di merci degli Stati Uniti, in rappresaglia per le tariffe, arrivando con la propria lista nera di società straniere, ha accusato gli Stati Uniti di ricorrere a “intimidazione e coercizione” e ha avviato un’indagine su FedEx. E il ministro della Difesa cinese dice che se gli Stati Uniti vogliono combattere, “combatteranno fino alla fine”. Nessuna tregua in vista, e le possibilità di una distensione in prossimità del G20 di giugno sono scarse.
“Stati uniti, non sottovalutate la capacità della Cina di contrattaccare”. Questo il commento del People’s Daily, versione inglese del Quotidiano del popolo. L’articolo, dai toni particolarmente duri, riecheggia avvertimenti precedenti, che, con le stesse parole, anticiparono sia la guerra con l’India del 1960, che quella col Vietnam del 1978. E vi si sottolinea che le terre rare possono essere utilizzate come “contromossa” per rispondere alle tariffe degli Stati Uniti, e alle continue richieste nei negoziati commerciali. E se ne anticipa un blocco totale delle esportazioni. Allo stesso tempo, la Commissione cinese per lo sviluppo e la riforma nazionale, la principale agenzia di pianificazione economica del paese, ha sottolineato la necessità per la Cina di dare la priorità ai bisogni interni sul mercato di esportazione di fronte all’aumento della domanda interna di terre rare. Che trovano impiego proprio nei settori strategici delle comunicazioni e degli armamenti. Al momento, la Cina detiene il 95% del commercio di questa materia prima fondamentale.

Intanto Donald Trump, anzichè puntare su un compattamento del campo occidentale per fronteggiare questa sfida planetaria, sembra intenzionato a usare una trattativa dura con tutte le parti, in Europa e nel resto del mondo, che a suo modo di vedere minacciano il progetto di “fare di nuovo grande l’America”.
L’ambasciatore Michael Murphy sottosegretario del Dipartimento di Stato per i rapporti con l’Europa,, ha ammonito : “l’UE dovrà scegliere: o rifiuta di utilizzare le migliori capacità tecnologiche esistenti o dovrà svilupparle da sé “.
L’aut aut di Murphy mira a costringere l’UE a scegliere tra il rischio di affrontare da solo un ambiente sempre più instabile o le capacità duplicate che sarebbero già disponibili attraverso la NATO. Il sottosegretario ha ricordato che l’Occidente sta affrontando di nuovo, dopo la fine della guerra post-fredda, nazioni ostili. E uno di questi, in riferimento alla Russia, “ha un confine fisico con l’UE e costituisce una minaccia fisica diretta per i suoi stati membri”.
Murphy avverte i diplomatici europei che “qualsiasi grave crisi in Europa richiederà inevitabilmente una risposta congiunta con Stati uniti, Canada, Regno unito e Norvegia”. L’aiuto degli alleati potrebbe non arrivare se, come dice Washington, i piani militari dell’UE significano che le industrie di armamenti di entrambe le parti “non possono lavorare insieme”. “E, forse, i nostri eserciti diventano meno interoperabili e non possono combattere insieme”, aggiunge. Murphy conclude il suo avvertimento invocando la prevedibile rabbia dell’opinione pubblica europea se il Vecchio Continente venisse minacciato da un conflitto importante. Le sue parole rappresentano la più grande minaccia lanciata da Washington da quando Bruxelles ha iniziato a promuovere l’Unione di difesa.

Anche l’appello di Lopez Obrador, presidente del Messico, che indicava in un piano di sviluppo per l’area centroamericana la soluzione al problema dei migranti, ha ricevuto una risposta dura, e che va nel senso opposto: l’ Amministrazione Usa ha, al contrario deciso di applicare una tariffa del 5% sulle importazioni provenienti dal suo vicino del Sud, come arma di pressione, perchè sia il Messico a farsi carico di arrestare il flusso di persone dirette nella repubblica stellata.

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