Ucraina, pressioni su Mosca per la Pace. Il punto

Nel giorno 267 dall’invasione russa si aprono piccole fessure nel muro dei negoziati. L’episodio dei missili caduti in Polonia è stato il segnale più forte

di Raffaele Crocco

Nel giorno 267 dall’invasione russa dell’Ucraina si raccolgono novità importanti, forse positive. È vero: Putin continua la sua azione militare. L’obiettivo ora è colpire con migliaia di razzi e ordigni – sta accadendo in queste ore – le infrastrutture cruciali, cioè centrali elettriche, idriche, depositi e magazzini di viveri e carburanti. L’inverno arriva e Putin vuole fiaccare così gli ucraini. Giovedì 17 novembre  10 milioni di persone sono rimaste senza elettricità e al freddo. 

A Kiev è arrivata già la neve. Nella capitale, però, nessuno ha intenzione di arrendersi. “So che il potere di credere in noi è così forte che sopravviveremo e supereremo l’inverno”, ha raccontato ad una agenzia internazionale Natalya, una cittadina di Kiev. “Lo sentiamo, è sciocco negare il contrario. Sappiamo che più freddo farà, maggiori saranno i rischi. Ma non c’è dubbio che lo supereremo. Lo supereremo”.

Così, si va avanti nella guerra. Le perdite sono sempre più alte. Lo Stato Maggiore dell’esercito ucraino dice che le perdite russe ad oggi – si parla di morti, feriti e catturati – sarebbero più di 83mila. Le stime sulle perdite ucraine, fatte dagli osservatori internazionali, insistono nel parlare di una forbice fra le 60 e le 100 perdite di vite umane al giorno. Gli analisti militari continuano a ragionare su strategie e tattiche. Gli strateghi statunitensi hanno ammesso che “immaginare una vittoria militare ucraina, con la ripresa completa dei territori perduti, è altamente improbabile”. Per l’intelligence britannica – la più apparentemente attiva fra quelle europee – con la ritirata da Kherson, l’esercito russo potrà tentare di ridistribuire parte delle proprie forze, per rafforzare l’offensiva vicino a Bakhmut, nel Donetsk. In pratica, gli inglesi sostengono che dopo il ritiro dalla sponda occidentale del fiume Dnipro, la Russia continuerà “a dare la priorità al riequipaggiamento, alla riorganizzazione e alla preparazione delle difese nella maggior parte delle aree dell’Ucraina”. Le unità russe hanno costruito nuove trincee vicino al confine con la Crimea, nonché vicino al fiume Siverskyi Donets, tra le regioni di Donetsk e Luhansk. Alcuni di questi luoghi si trovano fino a 60 km dall’attuale linea del fronte e prefigurano il fatto – dicono gli analisti – che la Russia si stia preparando per ulteriori, importanti attacchi. 

Tutto questo paradossalmente accade mentre si fanno strada segnali di disgelo far le parti e, finalmente, si aprono piccole fessure – non ancora varchi – nel muro dei negoziati. L’episodio dei missili caduti in Polonia, con due cittadini polacchi morti, è stato il segnale più forte. L’immediata accusa lanciata dai presidenti di Ucraina e Polonia, Zelensky e Duda, alla Russia e ripresa da alcuni politici europei, è stata disinnescata dagli Stati Uniti. Il missile – hanno detto i vertici dei servizi segreti e il presidente Biden – non è russo. Risulterebbe dalle prove materiali e dai segnali satellitari sul percorso dell’ordigno. Quindi, missile “sbagliato”, che non voleva colpire un Paese Nato. La grande crisi – davvero pericolosa – è rientrata, proprio mentre le delegazioni dei servizi segreti russi e statunitensi si incontravano in Turchia, per stabilire che non ci sarebbe stato conflitto nucleare in Ucraina o altrove. Inoltre, altre delegazioni dei due Paesi si incontreranno a fine novembre in Egitto, per rinnovare il trattato di disarmo di missili a medio raggio. 

Buoni segnali, questo è certo. Mosca ha pubblicamente apprezzato l’atteggiamento di Washington e rilanciato sul negoziato: il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha ribadito in una nota la posizione di Mosca. Sulle trattative ha spiegato che “Washington è in grado di esercitare un’influenza su Kiev, rendendola più flessibile. Le sofferenze dei civili ucraini sono la conseguenza del rifiuto di Kiev di negoziare”. 

Nella frase c’è, ancora una volta, l’implicito riconoscimento al governo di Kiev e questo resta, oggettivamente, un passo avanti. Per mesi Putin ha parlato della propria “operazione speciale” in Ucraina senza riconoscere la legittimità della presidenza Zelensky. A raffreddare gli animi, però, ha pensato il vice ministro degli Esteri russo, Serghei Ryabkov: “Mosca non intende rinunciare ai territori in Ucraina recentemente annessi”. Zelensky ha risposto a stretto giro di posta, chiedendo a Stati Uniti ed Europa una “maggiore pressione su Mosca per arrivare a una pace vera”.

*In copertina Kutsenko Volodymyr on Shutterstock

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