Alta tensione, ancora una volta tra Russia e Ucraina. Anche se la forte escalation iniziata nei primi giorni di aprile è per il momento solo verbale e di riposizionamento di truppe, non è da sottovalutare.
Partiamo da un fatto. La Russia ha spostato (e sta tuttora spostando) un enorme quantitativo di truppe, non lontano dal confine Orientale con l’Ucraina e in Crimea, rafforzando la sua presenza militare. Una presenza già forte: il territorio è infatti dal 2014 occupato militarmente dalla Russia.
“La Russia– spiega Danilo Elia giornalista della Tgr Rai, inviato per Est Ovest per la Tgr Rai e collaboratore dell’Atlante delle guerre – non ha spostato le truppe in Crimea perché teme di poter perdere il territorio, non ha bisogno di farlo perché il controllo è saldamente suo. La motivazione di questi spostamenti sono secondo me da è rintracciare nel cambio al vertice Usa. Le mosse russe non sono altro che una dimostrazione di presenza e di forza nei confronti di amministrazione statunitense. Biden conosce profondamente la crisi in Ucraina, perché era stato incaricato da Obama di seguirla. Il nuovo numero uno della Casabianca non perde occasione per fare dichiarazioni di solidarietà e appoggio all’Ucraina e contro la Russia per la Crimea e il conflitto in Donbass”.
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Ma l’escalation si può spiegare anche attraverso una motivazione che viene da lontano, ovvero quella paura mai cessata della Federazione si essere accerchiata dalla Nato e di vedersi sottrarre Paesi tradizionalmente sotto la sua influenza.
“Questo spauracchio esiste da molto tempo – prosegue Danilo Elia – La rassicurazione fatta a inizio degli anni Duemila dagli Stati Uniti a Putin sul fatto che la Nato non sarebbe mai arrivata ai confini con la Russia è stata disattesa poco tempo dopo con l’entrata dei paesi Baltici. Un ingresso che ha creato non pochi problemi alla Federazione, tra cui l’isolamento dell’enclave russa di Kaliningrad”.
“Da quel momento è come se Putin avesse imparato la lezione di non fidarsi più. Il piano strategico russo, per non far entrare altri Paesi della sua area di influenza nella Nato, consiste nel far scoppiare scontri interni nei Paesi appartenenti all’ex area sovietica ad esempio in Georgia e in Ucraina e nel far proseguire situazioni conflittuali di più lunga data, come nel caso della Moldova con la Transnistria. Ma potremmo in qualche modo citare anche l’Ossezia del Sud o il Donbass, dove formalmente la Russia non è presente militarmente ma lo è politicamente. Tutti questi conflitti sono al momento ‘congelati’ ma funzionali alla Russia. La Federazione dimostra infatti che può riaccenderli all’occorrenza”.
Una destabilizzazione dell’area che provoca una reazione a catena: l’esclusione di fatto dalla Nato. “Avere un conflitto interno provoca un’esclusione quasi automatica dall’ingresso in Nato perché, come ben sappiamo, secondo l’articolo 5 del Patto Atlantico i paesi membri sono obbligati a difendere militarmente un alleato sotto attacco. Per questo la Nato non accetterà al suo interno chi ha già un conflitto con la Russia. Sarebbe controproducente e troppo rischioso”.
La Federazione Russa ha finora giustificato l’attuale spostamento di truppe dicendo che si trattava di un’esercitazione, mentre molti osservatori ritengono che si tratti di un numero troppo elevato per poterla definirla tale. “A mio parere – sostiene Danilo Elia – questo è un modo per destabilizzare il governo ucraino e per rendere difficile, se non impossibile, un suo avvicinamento all’Occidente e l’entrata nella Nato. La scorsa settimana ho avuto modo di intervistare il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba che mi ha riferito che entro fine mese le truppe saranno pronte per l’avanzata militare in Ucraina, ma che non sanno se effettivamente quest’ordine partirà. Il premier sa bene che i partner occidentali potranno dare supporto al Paese, ma che nessuno potrà difenderla attivamente in guerra”.
Difficile quindi fare previsioni. “Possiamo solo augurarci che questo innalzamento dei toni, già di per sé preoccupante, sia sufficiente ai giochi politici di Usa e Federazione. La Russia in questo modo dimostra il suo potere al confine, mentre gli Stati Uniti possono affermare di essere tornati e di aver voce in capitolo nell’area”.
di Red/Al.Pi.
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