di Gianna Pontecorboli da New York
La giustizia come arma per raggiungere non solo la pace, ma anche quell’armonia sociale che è uno degli obiettivi più problematici dello sviluppo sostenibile. Ed una seria riforma del Consiglio di Sicurezza per rendere possibile, in un momento drammatico, quel multilateralismo che il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, non si stanca di chiedere. La veloce e densa visita di Sergio Mattarella a New York ha sicuramente avuto al suo centro quegli obiettivi che sono, e non da oggi, ben presenti nella visione italiana di un rapporto costruttivo all’interno del Palazzo di Vetro. E che ora, in un momento di particolare difficoltà per tutta la comunità internazionale, meritano di essere riproposti.In un certo senso, la visita di Mattarella all’ONU è stata solo l’ultimo passo di una tradizione ormai consolidata.
A varcare per primo le porte del grande edificio affacciato sull’East River fu, nel gennaio del 1956 e a pochi mesi di distanza dall’ammissione dell’Italia nell’organizzazione internazionale, l’allora Presidente Giovanni Gronchi. Negli anni successivi, a far ascoltare la voce di Roma furono Antonio Segni, Giovanni Leone e soprattutto Sandro Pertini, un uomo politico amato e rispettato per il suo passato antifascista, e poi ancora, in molti momenti cruciali, Eugenio Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano. Adesso, il messaggio di Mattarella ha riproposto, anche se in modo nuovo, molte delle tematiche su cui già i suoi predecessori si erano impegnati. A rendere la sua visita più significativa, però, sono stati certamente il momento drammatico che l’ONU sta attraversando e la sensazione che le riforme che l’Italia propone da tempo non siano più rinviabili.
“Pace, inclusione e giustizia sono capisaldi irrinunciabili per lo sviluppo sostenibile di ogni paese e di ogni società…”, ha ad esempio osservato il Presidente durante la riunione organizzata lunedì dalla missione diplomatica italiana per discutere il complesso paragrafo 16 degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, “L’esistenza di un sistema di tutele e di garanzie giuridiche è precondizione al godimento dei diritti delle persone e, appunto, per lo sviluppo umano nel suo senso più ampio”. L’idea di includere i sistemi giudiziari accanto a quelli finanziari nel capitolo 16 per garantire lo sviluppo sostenibile, caldeggiata da Marco Pannella e Emma Bonino, era stata promossa con successo dall’Italia già nel 2014 malgrado le reticenze di molti paesi.
Adesso, però, il discorso si è allargato e proprio la missione italiana all’ONU si sta mobilitando per organizzare il 15 novembre di ogni anno la “Giornata Internazionale per la Prevenzione e la Lotta contro tutte le forme di Criminalità Organizzata. Eliminare la criminalità organizzata che opprime le popolazioni di tanti paesi, ha osservato il Presidente della Repubblica, avrebbe l’effetto di rinsaldare il “contratto sociale” tra popoli e istituzioni.
Quando poi Sergio Mattarella ha ripreso la parola martedì mattina di fronte all’Assemblea Generale, presentato dal Presidente di turno Dennis Francis e dal Segretario Generale Antonio Guterres, che per onorarlo ha parlato in italiano, sono stati gli altri temi che stanno a cuore all’Italia ad essere enfatizzati. In un lungo e complesso discorso intitolato “Italia, Nazioni Unite e Multilateralismo per affrontare le sfide comuni”, il Presidente ha parlato della necessità di ricreare un dialogo multilaterale per trovare una soluzione alle drammatiche guerre in corso in Ucraina e a Gaza e riproposto la visione italiana per la riforma del Consiglio di Sicurezza.
“Spinte vetero-nazionaliste, pulsioni neo-imperialiste, pulsioni neo-colonialiste, competizione tra potenze in luogo di cooperazione, ripropongono una polarizzazione del sistema internazionale che nuoce alla libertà e alla parità delle relazioni tra gli Stati e i popoli e mette a rischio la pace”, ha detto Mattarella prima di condannare l’invasione russa in Ucraina che a suo giudizio ha dissipato quel “dividendo della pace” che aveva permesso di destinare le risorse allo sviluppo e alla lotta contro la fame e la povertà.
Parlando del conflitto in Medio Oriente, poco dopo, il Presidente della Repubblica ha ricordato che la causa scatenante della guerra è stato “il disumano attacco del 7 ottobre” e ha chiesto “l’immediata interruzione di tutte le attività di sostegno alle organizzazioni terroristiche. Contemporaneamente, però, si è unito all’appello del Segretario Generale affinché siano evitate operazioni militari a Rafah per le drammatiche conseguenze che potrebbero avere per i civili palestinesi e ha ribadito la necessità di avviare un dialogo che porti a “una pace stabile, con il riconoscimento dei due Stati di Israele e di Palestina, con il definitivo riconoscimento di Israele e della sua sicurezza da parte degli Stati della regione”.
Anche sulla riforma del Consiglio di Sicurezza, uno dei cavalli di battaglia dello storico ambasciatore italiano Francesco Paolo Fulci già negli anni ottanta e che ora, come tutti ammettono, non è più rinviabile, Sergio Mattarella ha avuto nel suo discorso alcune parole chiare. Pur senza dirlo apertamente, ha scartato con chiarezza le richieste di alcuni paesi come l’India di ottenere un seggio permanente e ha messo in luce il ruolo che le organizzazioni regionali come l’Unione Africana o l’Unione Europea potrebbero avere nel riequilibrare un organismo ormai datato e paralizzato. Al di là delle parole ufficiali, la visita di Mattarella al Palazzo di Vetro ha probabilmente ridefinito nei colloqui privati l’importante ruolo che l’Italia potrebbe avere nel favorire il dialogo con i paesi africani e in generale con i paesi del Mediterraneo. E a dirlo chiaramente è stato lo stesso Antonio Guterres, che al termine del suo colloquio con il Presidente italiano ha apertamente lodato la sua lunga tradizione di dialogo con i paesi vicini.
In un breve soggiorno che non gli ha concesso soste, malgrado l’annullamento della prevista visita alla Columbia University, Mattarella è riuscito comunque a non dimenticare la vivace comunità degli italiani della Grande Mela, una comunità molto cambiata negli ultimi anni e che può contare su molti rappresentanti rispettati e di prestigio. E durante una colazione organizzata al Metropolitan Club dall’ambasciata di Washington e dal Gei, il gruppo di esponenti italiani che raggruppa imprenditori e professionisti, ha commosso tutti i presenti quando ha fatto, con un mazzo di fiori in mano, gli auguri a Stella Levi, sopravvissuta di Auschwitz, 101 anni compiuti il giorno prima.