La cultura della militarizzazione in Niger e Sahel

Il colpo di stato, le influenze internazionali di Russia e Francia e altre turbolenze nella Regione. L'intervista a Francesco Tamburini dell'Università di Pisa

di Alice Pistolesi

“Tutta la regione saheliana è costellata da “failed states”, da Stati dove la cultura della militarizzazione ha prevalso sule dinamiche politiche/democratiche e dove i militari si sono proposti come salvatori della patria” dice all’Atlante Francesco Tamburini, Docente di Storia e Istituzioni dei paesi afroasiatici alla facoltà di scienze politiche dell’Università di Pisa. Il golpe del 27 luglio in Niger è infatti solo l’ultimo atto di una lunga fase di crisi politica, sociale e ambientale nella Regione africana del Sahel. Per approfondire cosa sta succedendo, in particolare dal punto di vista delle vecchie e nuove ingerenze internazionali nell’area,  abbiamo rivolto alcune domande all’africanista dell’ateneo pisano

Il recente golpe in Niger è soltanto l’ultimo colpo di stato nell’area del Sahel. Che tipo di fase politica sta attraversando la Regione?

Tutta la regione saheliana è costellata da “failed states”, e da Stati dove la cultura della militarizzazione ha prevalso sule dinamiche politiche/democratiche. I militari si sono proposti come “salvatori” della patria, esposta ai pericoli del malgoverno e dell’anarchia, come “arbitri” tra le fazioni in lotta che operano un intervento tanto equilibratore quanto temporaneo. L’esercito, caratterizzato da una “sindrome pretoriana”, ha quindi creato e si è inserito all’interno di quelle categorie di regimi individuati come “custodi” o “guardiani” (caretakers), “riformatori” o “redentori” (reformers, redeemers). I regimi militari “guardiani” sono quelli che nascono premettendo di non appartenere alla politica, ma affermano che rientra nei loro compiti rimuovere dal potere i civili che stanno portando alla rovina la nazione e quindi sono obbligati a intervenire.

I “riformatori” o “redentori” sono quelli dove i militari affermano di essere i soli a possedere le competenze per rimettere la nazione sul giusto cammino, auto-eleggendosi a difensori della democrazia e autolegittimandosi a guidare la nazione per un periodo di tempo indeterminato. Essi redimono la nazione affrancandola dal gioco del neo-colonialismo, da un sovrano corrotto, oppure da un presidente ritenuto deviante dagli ideali democratici. Il Niger era l’unico Paese della Regione ad avere un governo democraticamente eletto dopo una storia costellata da ben 7 colpi di stato nella sua storia dopo l’indipendenza nel 1960 (1966-1975-1976-1983-1985-1990-1993) e da 7 costituzioni.

Da dove vengono le manifestazioni pro Russia sotto l’ambasciata francese in Niger all’indomani del golpe? Sono secondo lei indicativi di un sentimento anti francese condiviso nell’area?

Difficile dire quanto sia il seguito popolare che sta avendo la Russia nel Paese. Bastano due bandiere sventolate davanti a una telecamera per costituire una prova? Dubito che la Russia abbia la capacità di proiettare la sua forza economica militare nel Paese, data la palude ucraina in cui si è bloccata oggi. E comunque anche nel passato lo faceva fare da una impresa “privata” la Wagner, che oggi è assente in Niger. In ogni caso Mosca ha sollecitato un ritorno all’ordine democratico nel Paese. Certo è che il sentimento anti-francese è forte e lo è sempre stato a causa del passato coloniale (e post-coloniale che è stato definito Françafrique, ovvero per la relazione speciale, spesso qualificata come neoimperialista post-1960 della Francia). È come un fenomeno carsico che nei momenti di crisi riaffiora sempre. Direi che tutto si svolge all’insegna del “il nemico del mio nemico è mio amico”.

La minaccia di un imminente intervento militare a Niamey da parte della Comunità degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) in collaborazione con alcuni Paesi occidentali che tipo di segnale lancia?

A cavallo tra il 2016 ed il 2017 l’Ecowas fu determinante nel risolvere la situazione in Gambia dopo che il Presidente Jammeh non voleva lasciare il potere sebbene avesse perso le elezioni. Tutto si risolse con pressioni diplomatiche. Oggi la situazione in Niger appare assai diversa e né l’Ecowas né altri paesi occidentali avrebbero le forze economiche e militari per un intervento. Sarei quindi scettico o quanto meno estremamente cauto.

Quali sono le sue impressioni dopo il vertice russo in Africa? L’influenza del Cremlino nel continente è davvero così forte o si è trattato più di una ‘mossa mediatica’?

È senza dubbio una mossa strumentale per rompere isolamento internazionale della Russia, che poi non è così tanto stretto, se si guardano le votazioni in seno all’Assemblea Generale dell’Onu sulla questione ucraina.

Il discorso del Capitano Ibrahim Traoré, Presidente della Transizione in Burkina Faso, pronunciato al vertice Russia – Africa racconta di un attivismo giovanile e di una voglia di rivalsa importante per il Continente. È davvero così?

Il capitano è il Presidente ad interim del Burkina Faso dopo colpo di Stato del 30 settembre 2022, che ha estromesso il Presidente Damiba. Quindi sarei cauto nell’infatuarsi di personaggi che non sono certo democratici. Detto questo il suo discorso anticolonialista e panafricano è condivisibile e ricorda molto quello di Thomas Sankara all’Onu nell’ottobre del 1984. La voglia di rivalsa c’è ma è annegata e ottenebrata da brame di potere (anche personale) di soggetti che si propongono come “salvatori” della patria.

Il viaggio e le dichiarazioni del Presidente francese Macron nel Pacifico nascondono secondo lei un neanche troppo velato sentimento di rivalsa imperialista?

Non credo che la Francia possa ambire a nessuna proiezione di rilievo nel Pacifico di fronte a due potenze come Cina e Stati Uniti. È necessario infatti tenere conto che nel Dialogo quadrilaterale di sicurezza (Quadrilateral Security Dialogue o Quad), ovvero l’alleanza strategica informale tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti, nata con lo scopo di contenere l’espansionismo cinese nella Regione dell’Indo-Pacifico, la Francia non è stata nemmeno considerata.

*In copertina A Red Pin on Niger of the World Map, hyotographics on Shutterstock

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