Russia/Ucraina. Giorno 624. Il punto

Salta agli occhi che nessuno sta vincendo in questo conflitto. Perdono tutti

di Raffaele Crocco

Sono 624 i giorni dall’invasione russa dell’Ucraina. Nel silenzio persistente e ottuso della diplomazia, viene da chiedersi: ma qualcuno la sta vincendo questa guerra che tritura vite, risorse, territorio, speranze? A leggere i resoconti di intelligenze ed agenzie, salta agli occhi che no, nessuno vince. Questa guerra la stanno perdendo tutti.

Kiev, ad esempio: la situazione appare difficile, per certi versi scabrosa. Sul campo, l’annunciata e lunghissima offensiva militare ha portato – lo dice il francese Le Monde – alla riconquista di circa 400 chilometri quadri di territorio, contro i 100mila chilometri quadrati ancora in mano ai russi. L’esercito ha mostrato una capacità di resistenza incredibile, ma ora è in difficoltà. Reclutare nuovi combattenti è complicato e al fronte le armi di Europa e Stati Uniti, indispensabili per resistere, arrivano con grande ritardo. La riconquista del terreno perduto appare un sogno irrealizzabile e si affacciano problemi consistenti. Nei rapporti esterni, l’Europa comincia disunirsi, con la Slovacchia che ha annunciato di non fornire più armi e Polonia e Ungheria che stanno prendendo le distanze. Dalle cancellerie europee, la stanchezza per questa guerra ammazza ricorse appare sempre più evidente.

All’interno, il presidente Zelensky si trova ad affrontare una crisi economica devastante. Il debito pubblico cresce, così come l’inflazione e il bilancio dello Stato si ritrova con un buco di 27miliardi di euro. Contemporaneamente, si affaccia una crisi politico istituzionale: nel marzo del 2024 dovrebbero esserci le elezioni presidenziali e Zelensky ha annunciato di volerle rimandare “Non è il momento – ha detto – per organizzare le elezioni. Ora gli ucraini devono pensare a proteggere lo Stato e non a disintegrarsi in mille polemiche politiche”: Una dichiarazione che ha scatenato reazioni negative in Ucraina e fra gli alleati europei del presidente

Se Kiev piange, Mosca non ride. La Russia controlla attualmente un territorio infinitamente più vasto di prima. E’, però, un territorio di fatto inutile, abitato fondamentalmente da popolazioni ostili, con un unico pregio: collega direttamente Mosca alla penisola di Crimea. Ma il costo che il Cremlino ha pagato è altissimo in termini militari, con centinaia di migliaia di perdite e l’indebolimento dell’intera macchina militare. Per l’intelligence britannica, la Russia si trova davanti a scelte strategiche sull’uso di risorse e uomini. Mosca potrebbe essere costretta a sguarnire militarmente le altre frontiere. Un documento ufficiale scrive che “dopo le perdite riportate la settimana scorsa di numerosi missili russi terra aria a lungo raggio (Sam), nuove analisi suggeriscono che, per mantenere la copertura sull’Ucraina, la Russia dovrà molto probabilmente ridispiegare i Sam, che normalmente proteggono parti distanti della Russia.

Essendo posizionati in punti strategicamente importanti, così come lungo i confini russi, la loro rimozione indebolirebbe la difesa aerea nelle aree periferiche”. Il documento conclude spiegando che “la riallocazione di elementi strategici della difesa aerea dimostrerebbe ulteriormente come il conflitto in Ucraina continui a sovraccaricare la difesa russa e metta in difficoltà la sua capacità di mantenere difese di base attraverso la vastità del suo territorio”. Inoltre, la guerra ha certificato che la Russia è una potenza di secondo livello, con una economia fragile e troppo dipendente dalle esportazioni di combustibili fossili. Di fatto, questa guerra sta trasformando Mosca in un vassallo di Pechino: se la Cine decidesse di ridurre le sue importazioni di petrolio e gas russo, per Mosca sarebbe la fine.

Insomma, non vince nessuno, almeno sul campo, certamente continuano a perdere le migliaia di civili che vengono massacrati da bombe e missili, che vivranno un altro inverno al gelo o che sono costretti a fuggire, abbandonando la propria casa. Sono loro i veri protagonisti di questa guerra ottusa, che nessuno sa più come concludere.

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