Filippine tra guerra alla droga e terrorismo

Due filoni di scontri di morte scuotono le Filippine.

Da una parte la ‘guerra alla droga’ del presidente Rodrigo Duterte, dall’altra gli attacchi terroristici a Marawi e in generale nella Regione Autonoma nel Mindanao Musulmano.

Nell’isola a Sud del Paese la guerra del terrore prosegue. Negli ultimi tre mesi gruppi terroristici affiliati a Isis hanno ucciso 760 persone e prodotto circa mezzo milione di sfollati.

Schieramento dell’esercito, reintroduzione della legge marziale e accordi con il gruppo islamico MIF sono state ad oggi le ricette governative.

Attraverso i social la versione filippina di Isis, ha fatto sapere saranno numerosi gli attacchi in questa area che diventerà una nuova provincia del Califfato.

Il gruppo terroristico produce da tempo video diffusi attraverso i social per lanciare un messaggio ai jihadisti di Malesia, Indonesia, Singapore, Thailandia e Brunei di andare nell’Isola di Mindanao e aiutare gli insorti a resistere nella città.

Il Mindanao è una regione da anni teatro di scontri. Qui da decenni opera il Fronte Moro di liberazione islamica che ha all’attivo 10mila uomini. Nel 2014 il gruppo aveva firmato un accordo con il governo di Manila che prevedeva l’istituzione di una regione autonoma musulmana a Mindanao. Ma ad oggi l’accordo non ha avuto seguito.

Parallelo a questo, il secondo filone di morte nel Paese coinvolge principalmente la capitale, Manila.

Della guerra alla droga il presidente ha fatto il suo cavallo di battaglia: reprimere nel sangue il fenomeno è stata la sua scelta a cui sono seguite le contestazioni di parte della Comunità Internazionale (tra cui Barack Obama) e di Amnesty International.

Da luglio 2016 a luglio 2017  i morti della “guerra alla droga” dichiarata da Duterte sarebbero, secondo i dati forniti dalla polizia filippina, 3451, 96.703 gli arresti, 68.214 le operazioni condotte. Il giorno peggiore dal punto di vista di vite perse è stato il 15 agosto 2017 con 32 morti, 107 arresti, risultato di 67 retate nella provincia di Bulacan a Nord di Manila.

Amnesty International ha chiesto una commissione di inchiesta. “Queste morti scioccanti ci ricordano che l’illegale ‘guerra della droga’ del presidente Duterte va avanti senza sosta, anzi pare raggiungere nuovi livelli di barbarie: uccidere i sospetti, violare il loro diritto alla vita e ignorare le regole del giusto processo sono ormai la routine”, ha dichiarato James Gomez, direttore di Amnesty International per l’Asia Sud-orientale e il Pacifico. Gomez ha invocato quindi  l’istituzione di una commissione di inchiesta internazionale sulla carneficina in corso nelle Filippine.

Nel gennaio 2017 Amnesty International aveva già pubblicato un rapporto dal titolo “Se sei povero vieni ucciso”, in cui aveva denunciato la violenza di migliaia di esecuzioni extragiudiziali compiute nell’ambito della campagna antidroga governativa.

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