di Elia Gerola
“La Corte Penale Internazionale ha deciso all’unanimità, di autorizzare il Procuratore Generale ad iniziare un’investigazione a proposito dei presunti crimini, riconducibili… all’attuale situazione in… Afghanistan”. E’ riportato dal comunicato stampa che certifica la storica sentenza emanata il 5 marzo dalla Corte Penale Internazionale (CPI). Si tratta di un’autorizzazione a procedere nelle indagini riguardanti i presunti crimini di guerra e contro l’Umanità che sarebbero stati commessi da Talebani, forze del Governo afghano, e da membri della coalizione a guida Usa nel conflitto armato più lungo del XXI secolo. Non era scontata.
La sentenza che permetterà alla Procuratrice gambiana, Fatou Bensouda, di procedure nelle indagini, arriva dopo un percorso lungo e travagliato, iniziato ben 3 anni fa. La richiesta a procedure era infatti stata avanzata nel novembre 2017, dopo che le vittime civili del conflitto avevano trovato la forza di chiedere giustizia. Nell’aprile del 2019 però, una Camera preliminare l’aveva respinta. Le ragioni non riguardavano la pertinenza della giurisdizione, né tanto meno le prove a sostegno dei terribili fatti sotto accusa, presentate dalla Procuratrice. Il respingimento era dovuto alla “scarsa cooperazione” riscontrata a livello locale così come “al mutato scenario politico afgano” che non avrebbero permesso, a detta dei giudici, un corretto svolgimento delle indagini “nell’interesse della giustizia”. In un’ottica realista e manageriale di ottimizzazione delle scarse risorse finanziarie, umane e temporali a disposizione della CPI, con sede a L’Aja, la decisione risalente ad un anno fa era appunto stata negativa. Detta brevemente, la Corte aveva giudicato l’indagine pertinente, ma priva di possibilità di successo ed eccessivamente costosa.
Questa volta però, il probabilmente mutato scenario politico afgano, così come le nuove e più precise evidenze fattuali avanzate a sostegno dell’accusa,hanno permesso di ribaltare la precedente sentenza. I giudici della Camera d’Appello, rappresentata dal giudice Potr Hofmanski, hanno infatti sentenziato all’unanimità in favore dell’apertura di indagini aperte ed ufficiali a proposito dei presunti crimini dei quali il popolo afghano sarebbe stato vittima.
“Questa è una decisione che toglie veramente il respiro, realizzata da un organo politico svincolato da qualsiasi responsabilità, mascherato da istituzione legale”, ha tuonato Mike Pompeo, Segretario di Stato americano. Ha poi aggiunto il mastino internazionale di Trump, che gli Usa non collaboreranno con la CPI e la sua Procuratrice, alla quale un anno fa avevano sottratto il visto di ingresso negli Usa, in quanto non essendo firmatari del Trattato di Roma, non ne riconoscono la giurisdizione sui propri cittadini. A tal proposito vi sono una serie di questioni politico-legali che periodicamente “puntano i riflettori sulla CPI” e sull’astio Usa nei suoi confronti, come vi abbiamo già raccontato. besti pensare che nel 2018, l’allora consigliere alla difesa di Trump aveva definito la CPI come “illegittima” appunto. Pompeo, sempre ieri, ha poi bollato la decisione come “avventata” e con un “tempismo” sospetto e critico, vista la firma di uno storico Accordo tra Usa e Talebani, atto ad iniziare un vero processo di pacificazione giusto pochi giorni fa (Qui la nostra analisi a proposito).
La decisione della Corte è però presa, e come ha spiegato colei che si impegnerà con “indipendenza, imparzialità e oggettività” a portarla avanti, ovvero la procuratrice Bensouda, permetterà di aiutare “le vittime che meritano giustizia”, verrà eseguita inmaniera “diligente e scrupolosa”. Bensouda, in una dichiarazione ufficiale, osservabile integralmente su YT, si è detta pronta, sottolineando come oggi le vittime civili afghane di “crimini atroci” quali violenze indiscriminate di guerra, violenze sessuali, torture e massacri, “ sono un passo più vicine” alla giustizia che agognano da anni.
Due sono gli elementi, uno geografico e l’altro di competenza, che caratterizzano il mandato di indagine permesso dalla sentenza odierna. Da un lato le indagini non si svolgeranno solo per i crimini commessi sul suolo afgano, ma anche per quelli commessi “nei territori di altri Stati Parte connessi al conflitto afghano”, come spiega la stessa Bensouda. Come osserva Reuters infatti, le strutture della CIA ubicate in Paesi europei come Lituania, Romania e Polonia potrebbero essere oggetto di scrutinio per le operazioni d’intelligence coperte o d’appoggio a quelle condotte invece con boots on the grounds. Dall’altro lato, è importante sottolineare che potranno essere indagati e poi inseriti nei documenti finali che verranno prodotti, tutti i crimini collegati alla giurisdizione della Corte, non solo quelli già ipotizzati nella richiesta a procedere approvata ieri e addotti come prove della necessità a procedere. Durante le indagini quindi, la Procuratrice potrebbe scoprire e fare giustizia su tutta una serie di casi ancora scarsamente documentati.